La Corte di Cassazione, II sez. civ., Pres. Scalisi – Rel. Besso Marcheis con l’ordinanza interlocutoria n. 1990 del 29 gennaio 2020, ha rimesso alle Sezioni Unite la questione se le critiche alla consulenza tecnica possano essere sollevate per la prima volta in comparsa conclusionale.
In un giudizio fra due acquirenti e due alienanti di una casa venduta senza il certificato di abitabilità dell’immobile, giunto fino alla Suprema Corte, gli Ermellini hanno sottolineato il duplice quadro interpretativo attualmente in essere, circa i rilievi critici alla CTU depositata in corso di giudizio mossi per la prima volta in comparsa conclusionale.
Un primo orientamento – il più restrittivo ma anche quello dominante (Cass. 4448/2014, Cass. 7335/2013 e Cass. 20636/2013) – esclude, per ragioni legate al rispetto del contraddittorio processuale, che le doglianze relative alla CTU possano muoversi per la prima volta con la comparsa conclusionale. Per cui ritiene che le contestazioni vadano sollevate nella prima udienza successiva al deposito della relazione, risultando comunque tardiva la loro deduzione svolta soltanto in sede di comparsa conclusionale e non innanzi al collegio, quando è ancora possibile disporre una riconvocazione del consulente tecnico o un supplemento delle indagini peritali.
Un secondo indirizzo (Cass. 2809/2000, Cass. 14457/2006) ne ammette l’eventualità, in relazione al fatto che le valutazioni e conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, sono nuovi argomenti su fatti già acquisiti alla causa, che non ampliano l’ambito oggettivo della controversia.
L’orientamento dominante, cui ha aderito la sentenza impugnata, è stato di recente sottoposto a revisione critica da una pronuncia ampia e argomentata della prima sezione di questa Corte (Cass., 26 luglio 2016, n. 15418), che, dopo aver ricordato la presenza dei due orientamenti, ha anzitutto richiamato il principio, espresso dalle sezioni unite di questa Corte, secondo cui “una consulenza di parte deve essere considerata un mero atto difensivo, la cui produzione non può ricondursi in alcun modo al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., e la cui allegazione al procedimento deve ritenersi regolata dalle norme che disciplinano tali atti”.
Da ciò discenderebbe che i rilievi critici all’operato dell’esperto del giudice non incontrano barriera preclusiva, né in appello né in primo grado. Pertanto le contestazioni che riguardano il contenuto della consulenza costituiscono mere argomentazioni difensive che la parte può per la prima volta inserire nella comparsa conclusionale; né si avrebbe in tal modo violazione del principio del contraddittorio, in quanto la controparte ha la possibilità di rispondere alle contestazioni con la memoria di replica.
Tuttavia questa posizione presenta degli aspetti problematici, in quanto, con la riforma di cui alla L. 69/2009, gli artt. 191 e 195 c.p.c. hanno delineato un articolato percorso processuale, composto da tre termini, che precede il deposito dell’elaborato da parte del CTU ed entro il quale dovrebbero trovare naturale collocazione i relativi rilievi. Un meccanismo che difficilmente appare compatibile con la possibilità di nulla eccepire sino alla comparsa conclusionale.
Vista l’importanza della questione e la scarsa linearità del quadro interpretativo, gli atti sono stati trasmessi al Primo Presidente per valutarne la rimessione alla Sezioni Unite.
Il quesito principale è “se le critiche alla consulenza tecnica possano essere sollevate per la prima volta in comparsa conclusionale”.
In caso di risposta positiva, se l’ammissibilità dei rilievi sia subordinata a una valutazione caso per caso del giudice, se la soluzione valga solo per i processi per cui non trovano applicazione i riformati artt. 191 e 195 c.p.c. ovvero anche per i procedimenti instaurati dopo l’entrata in vigore della legge n. 69/2009, se vi siano conseguenze per la parte, sotto il profilo dell’attribuzione delle spese del giudizio o sotto altri profili; in caso di risposta negativa, se ciò vada ricondotto all’applicazione del disposto di cui all’art. 157, comma 2 c.p.c. alla generalità dei vizi attinenti la consulenza tecnica, quale categoria comprensiva anche dei vizi che attengono al contenuto dell’atto, ovvero quale conseguenza della mancata partecipazione della parte alla formazione della consulenza, così come stabilito dal giudice con la fissazione dei termini di cui all’art. 195 c.p.c.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
CONTESTAZIONI ALLA CTU: AMMISSIBILI ANCHE SE CONTENUTE IN UN PARERE TECNICO DEPOSITATO CON LA COMPARSA CONCLUSIONALE
LA PRODUZIONE IN GIUDIZIO DI UNA CONSULENZA DI PARTE NON VIOLA IL DIVIETO DI CUI ALL’ART. 345 C.P.C.
Sentenza | Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Ragonesi – Rel. Nazzicone | 26.07.2016 | n.15481
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