ISSN 2385-1376
Testo massima
La consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. e la mediazione ex D. Lg. 28/2010, perseguono la medesima finalità, introducendo entrambi un procedimento finalizzato alla composizione bonaria della lite, così da apparire tra loro alternativi e, quindi, apparendo le norme di cui al D. Lg. 28/2010 incompatibili logicamente e, quindi, non applicabili dove la parte proponga una domanda giudiziale per CTU preventiva.
La consulenza ex art. 696 bis c.p.c. è un atto istruttorio funzionalmente collegato e strumentale al diritto di cui si chiederà la tutela nel successivo ed eventuale giudizio di merito. In caso di insuccesso del tentativo di conciliazione, la consulenza è destinata a fungere da prova preventiva tout court. Oltre che ad una funzione conciliativa, dunque, la consulenza ex art. 696 bis c.p.c., svolge anche una funzione di istruzione preventiva.
Il Giudice, pertanto, non deve dare ingresso a consulenze tecniche, allorquando, alla luce di questioni preliminari di rito o di merito, o di altre ragioni risultanti dagli atti, possa verosimilmente escludere che, nel giudizio di cognizione, l’accertamento tecnico venga disposto.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Napoli, dott. Massimiliano Sacchi, che con la recente ordinanza depositata in data 17 giugno 2015, ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 696 bis c.p.c., con il quale la società ricorrente aveva chiesto che il giudice disponesse una consulenza tecnica preventiva, al fine di quantificare l’esatto dare-avere, in ordine ad un rapporto di conto corrente ordinario ed a tre contratti di finanziamento intrattenuti dalla stessa con un istituto di credito.
Controparte formulava le consuete contestazioni in tema di tassi e condizioni contrattuali.
Ebbene, il Tribunale di Napoli, evidenziate la natura e la finalità dell’art. 696 bis c.p.c., ha preliminarmente precisato in aderenza ad un filone giurisprudenziale – che il provvedimento di ammissione alla consulenza a fini conciliativi condivide con gli altri istituti di istruzione preventiva il carattere della strumentalità e della provvisorietà, essendo è un atto istruttorio funzionalmente e strumentalmente collegato al diritto di cui si chiederà poi tutela nel successivo (ed eventuale) giudizio di merito (cfr. Trib. Milano, Sez. X, 13.4.2011).
In virtù del fatto che anche la consulenza tecnica espletata ex art. 696 bis c.p.c. non pregiudica le questioni relative alla sua “ammissibilità e rilevanza”, né impedisce la sua “rinnovazione nel giudizio di merito“, è indubbio che la disposizione stessa non possa prescindere dal fumus boni juris, nonostante prescinda chiaramente dal requisito del periculum.
Il Tribunale ha osservato che, oltre ad una funzione conciliativa, la consulenza tecnica preventiva assolve anche ad una funzione di istruzione preventiva, e, pertanto, la sua ammissibilità presuppone la positiva delibazione, da parte del Giudice, dell’utilizzabilità del mezzo di prova nel successivo giudizio di merito a cognizione piena.
In sostanza, il giudice non deve disporre la consulenza tecnica se in base alle ragioni e alle difese prospettate dalle parti, si possa verosimilmente escludere che, nel giudizio di cognizione, l’accertamento tecnico venga disposto.
Nel caso in esame, il Tribunale di Napoli ha ritenuto non sussistente il fumus boni juris, dal momento che:
– per ciò che attiene all’anatocismo, il contratto di conto corrente era stato stipulato in data 06.01.2007 ed è pertanto conforme all’art. 6 della delibera CICR del 09.02.2000, che consente la capitalizzazione;
– la CMS risultava pattuita con clausola che determinava in maniera sufficientemente certa le modalità di computo della stessa;
– il contratto di apertura di credito del 29.12.2010 conteneva la pattuizione della “commissione trimestrale disponibilità fondi“;
– il contratto prevedeva la disciplina delle valute, né era stata specificamente dedotta la violazione di quanto disposto in materia dall’art. 120 TUB;
– in ordine all’usura, posto che i decreti ministeriali di rilevazione dei tassi usurari hanno natura di atti amministrativi, la parte che deduce l’usurarietà dei tassi ha l’onere di produrli in giudizio, non operando rispetto ad essi il principio iura novit curia (cfr. Cass. 12476/02; Cass. 9941/09).
Il Tribunale ha poi affrontato, incidentalmente, anche il tema dell’usura sopravvenuta, ribadendo che la giurisprudenza esclude per tale ipotesi l’applicabilità della sanzione prevista dall’art. 1815, comma 2°, c.c., prevedendo, in tal caso, solo la riconduzione del tasso entro il limite della soglia per i periodi di accertato sforamento (cfr. Cass. n. 603/13).
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 344/2015