Testo massima
Il socio-amministratore di una società di persone, che si appropria
degli utili pone in essere un atto in contrasto non soltanto con i doveri
inerenti al mandato conferitogli, ma anche con gli obblighi a lui derivanti
dalla qualità di socio. Ciò in considerazione della funzione del patto sociale,
che mira, mediante i conferimenti e l’esercizio in comune di un’ attività
economica, proprio al conseguimento ed alla divisione degli utili. Di talché,
siffatta condotta può comportare per detto socio-amministratore, oltre che la
revoca del mandato, anche l’esclusione della società in base all’art. 2285
c.c..
Così ha deciso il Tribunale di Torre
Annunziata nella sentenza depositata il 22 ottobre 2013 uniformandosi
all’orientamento espresso dalla Suprema Corte nella sentenza n. 710 del 30
gennaio1980.
La vicenda trae origine dall’azione
promossa dall’unico socio accomandante di una S.a.s. nei confronti dell’unico
socio accomandatario e amministratore.
Il Tribunale ha ritenuto che il
cumulo delle qualifiche di socio e amministratore non impedisca che le
irregolarità o le illiceità commesse dall’amministratore determinino non solo
la revoca del mandato di amministratore e l’esercizio dell’azione di
responsabilità espressamente prevista, ma anche l’esclusione da socio per la
violazione dei doveri previsti dallo statuto a tutela delle finalità e degli
interessi dell’ente.
Dall’esame della sentenza è
emerso che in primo luogo l’attore si duole della violazione, da parte del
socio accomandatario, del diritto di informazione che spetta al socio
accomandante; infatti, l’amministratore accomandatario non avrebbe risposto
alle ripetute richieste di comunicazione del rendiconto, così contravvenendo al
precetto dell’art. 2320 c.c. e dell’art. 8 dell’atto costitutivo, in virtù del quale “il
socio accomandante può
richiedere la presentazione di un rendiconto, anche
nel corso dell’esercizio“.
L’attore lamenta, inoltre, la
mancata consegna annuale dei bilanci, con violazione, sempre, dell’art. 8
dell’atto costitutivo, che prevede che “il
socio accomandatario, entro 90 giorni dalla chiusura di ogni esercizio, è
tenuto a redigere il bilancio da sottoporre al socio accomandante”.
La terza e ultima doglianza di
parte attrice riguarda la mancata informazione, da parte dell’amministratore, del
reale stato della società e la conseguente mancata ripartizione degli utili,
distratti dall’amministratore stesso grazie anche a una contabilità parallela.
Ebbene, il Tribunale ha potuto rilevare
che parte attrice non ha sufficientemente provato di avere anche in passato
sollecitato all’amministratore la consegna della rendicontazione ex art. 8
dell’atto costitutivo, che quest’ultimo ha consegnato all’attore i modelli
Unico SP dal 2004 al 2008 solo a seguito della diffida del 3.9.2009, e che, infine, il convenuto non ha prodotto in
giudizio alcuna ricevuta attestante il pagamento degli utili all’accomandante.
Dal comportamento tenuto
dall’amministratore il Tribunale ha ricavato la violazione da parte di
quest’ultimo dei principi di trasparenza e di informazione nei confronti
dell’accomandante, nonché dei principi di verità e completezza delle scritture
contabili e delle dichiarazioni di reddito.
Tali gravi violazioni hanno
indotto il Tribunale a disporre
l’esclusione del socio accomandatario dalla compagine sociale e la sua revoca
dalla carica di amministratore.
Naturalmente, ha rilevato il
Tribunale che “ai sensi dell’art. 2323
u.c. c.c., spetta al socio accomandante nominare un amministratore provvisorio
per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, dovendo però il
vecchio socio accomandatario essere sostituito con un nuovo socio
accomandatario nel termine di sei mesi pena l’estinzione della società ai sensi
dell’art. 2323, comma I, c.c.”.
Non è stata, invece, ritenuta
meritevole di accoglimento la domanda di risarcimento dei danni proposta
dall’attore, che ha chiesto la liquidazione in via equitativa del quantum,
poiché, secondo il Tribunale, non risulta provato l’an del danno.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA
Sezione Fallimentare
Il giudice unico … della sezione fallimentare ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Tizio, premettendo di essere unico socio accomandante
della società Alpha S.a.S. e che Caio è unico socio accomandatario ed
amministratore, e allegando che Caio per anni ha distratto gli utili e non gli
ha comunicato bilanci e rendiconti, ha convenuto in giudizio Caio e la Alpha
S.a.S. per ottenere la condanna di parte convenuta al pagamento degli utili,
nonché per ottenere l’esclusione del socio Caio e la revoca
dell’amministratore, con la condanna al risarcimento dei danni.
Si è costituita parte convenuta, che ha eccepito
l’incompetenza del Tribunale per essere competenti gli arbitri in virtù di
clausola compromissoria. Nel merito, parte convenuta ha chiesto il rigetto
della domanda attorea, e in via riconvenzionale l’accertamento dell’ingerenza
dell’accomandante nella gestione della società.
Autorizzato il deposito di memorie ex art. 183 c. VI c.p.c.,
svolto procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. in corso di causa, dichiarata
la decadenza di parte convenuta dalla prova testimoniale ex art. 208 c.p.c.,
espletata Ctu, sulle conclusioni rassegnate la causa è stata trattenuta in
decisione con assegnazione dei termini abbreviati per il deposito degli scritti
conclusivi.
2. Preliminarmente va esaminata l’eccezione di incompetenza fondata
sulla clausola compromissoria, formulata tempestivamente da parte convenuta.
2.1. Ai sensi dell’art. 14 dell’atto costitutivo della
società, «ogni controversia, per legge compromettibile, che dovesse insorgere
tea i soci o tra i soci e la società, sarà decisa da un collegio arbitrale,
composto da tanti arbitri amichevoli compositori, quante sono le parti,
nominati da ciascuna delle parti stesse ed in mancanza dal Presidente del
Tribunale competente in relazione alla sede sociale. Gli arbitri così nominati
procederanno alla designazione di uno o più arbitri per ottenere comunque un
numero dispari di componenti. In caso di disaccordo la nomina avverrà da parte
del Presidente del Tribunale competente in relazione alla sede sociale».
La clausola in questione è valida in quanto stipulata
nell’atto costitutivo del 18.4.2003, anteriormente all’entrata in vigore
dell’art. 34 D.Lgs. 2003 n. 5 in data 1.1.2004. Infatti, per le convenzioni
arbitrali stipulate dalle società di persone (come la società per cui è causa)
prima dell’entrata in vigore del d.lg. n. 5 del 2003 non sussiste alcun obbligo
di adeguamento, che la novella (art. 223 bis e 223 duodecies disp. att. c.c.)
ha infatti previsto con esclusivo riferimento alle società di capitali (Trib.
Modena, 7 ottobre 2011, n. 1551, in Giurisprudenza locale – Modena 2012; Trib.
Udine, 4 novembre 2004, in Le Società, 2005, 777).
Quindi, escluso il dovere di
adeguamento anche per le società di persone, non incorre in una nullità
sopravvenuta la clausola compromissoria statutaria contenuta nell’atto
costitutivo di una società di persone adottato prima dell’entrata in vigore del
d.lg. n. 5 del 2003, in quanto la nullità è un vizio genetico dell’accordo
delle parti, dipendente dalla situazione di fatto e di diritto esistente nel
momento della conclusione del contratto e non potrebbe una sopravvenuta
previsione di nullità dovrebbe travolgere degli accordi negoziali già
perfezionatisi e che hanno validamente prodotto i loro effetti obbligatori
(Trib. Udine, 4 novembre 2004, cit.).
D’altra parte, pur se per assurdo si volesse ritenere che
l’entrata in vigore dell’art. 34 D.Lgs. 2003 n. 5 abbia determinato la nullità
sopravvenuta della clausola compromissoria, l’eccezione di incompetenza sarebbe
ugualmente fondata. Infatti, in applicazione dell’art. 1419 c. I c.c., la
presenza di un meccanismo residuale di nomina degli arbitri da parte di un
terzo estraneo non comporta la nullità dell’intera clausola compromissoria
(Trib. Milano, 22 settembre 2006, in Giur. it., 2007, 2, 399); al limite, la
clausola in questione sarebbe nulla nel punto in cui attribuisce ai soci la
facoltà di nominare gli arbitri, ma non sarebbe nulla anche nella parte in cui
attribuisce in via residuale (in caso di inerzia o disaccordo dei soci) tale
facoltà al Presidente del Tribunale.
2.2. Ciò detto, occorre verificare se le domande attoree
rientrino tra le controversie arbitrabili, in base alla disciplina comune
dell’arbitrato, e non già in base alla regolazione del citato art. 34 non
applicabile nel caso in esame.
In linea generale, le controversie in materia societaria
possono formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad
oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a
tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi; peraltro, l’area della
indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da
norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento
svincolata da qualsiasi iniziativa di parte, quali le norme dirette a garantire
la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio.
Occorre quindi individuare le domande e le allegazioni di
fatto attoree così come cristallizzate nei termini di preclusione processuale
previsti dalla legge. In particolare, l’attore accomandante ha affermato di
avere più volte chiesto al socio accomandatario informazioni sullo stato
patrimoniale della società e l’esibizione di documenti contabili, ottenendo
solo generiche risposte su un presunto stato di dissesto della società; in
conseguenza di tale condotta reticente, l’attore ha dato incarico ai difensori
di chiedere con diffida l’esibizione di tutta la documentazione contabile, da
cui ha scoperto che la società non era in dissesto, e che anzi per cinque anni
consecutivi vi sono stati utili che non gli sono stati corrisposti e che
evidentemente sono stati distratti dall’accomandatario amministratore. Insomma,
parte attrice ha lamentato che l’amministratore non gli ha mai sottoposto il
bilancio e il rendiconto con conseguente lesione dei diritti di informazione e
controllo, e non ha provveduto alla distribuzione degli utili, i quali
evidentemente sono stati distratti dall’amministratore grazie a una contabilità
parallela. In base a tale allegazioni, l’attore accomandante ha chiesto la
condanna della società e dell’amministratore accomandatario al pagamento della
quota di utili non corrisposta, nonché la pronuncia di esclusione del socio
accomandatario convenuto e la revoca dalla carica di amministratore, con
condanna altresì al risarcimento del danno.
2.3. Ciò premesso, la domanda attorea di condanna al
pagamento degli utili non corrisposti è sicuramente compromettibile, in quanto
incidente esclusivamente sull’interesse individuale del socio (Cass. civ., sez.
I, 6 luglio 2000, n. 9022). Con riferimento a tale domanda, è quindi fondata
l’eccezione di incompetenza formulata da parte convenuta, per cui va dichiarata
l’incompetenza a favore della cognizione arbitrale.
L’eccezione di incompetenza è invece infondata con riferimento
alla domanda attorea di esclusione del convenuto socio accomandatario e di
revoca del convenuto amministratore per distrazione degli utili grazie a una
contabilità parallela e per violazione dei diritti di informazione e controllo
del socio accomandante.
In primo luogo infatti la controversia non rientra
nell’oggetto della clausola compromissoria; sul punto, la S.C. ha affermato che
la clausola compromissoria inserita nell’atto costitutivo di una società, che
prevede la possibilità di deferire agli arbitri le controversie tra i soci,
quelle tra la società e i soci nonché quelle promosse dagli amministratori e
dai sindaci, in dipendenza di affari sociali o dell’interpretazione o
esecuzione dello statuto sociale, non include anche l’azione di responsabilità
promossa dal socio nei confronti dell’amministratore, non rilevando che
quest’ultimo sia anche socio della società (Cass. civ., sez. VI, 17 luglio
2012, n. 12333).
In secondo luogo, pur se si volesse ritenere la controversia
in esame rientrante nell’oggetto della clausola arbitrale così come formulata,
ugualmente l’eccezione di incompetenza andrebbe rigettata. Infatti le
controversie in materia societaria possono in linea generale formare oggetto di
compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della
società o che concernono violazione di norme poste a tutela dell’interesse
collettivo dei soci o dei terzi; ne consegue che, come evidenziato anche dalla
S.C., non è compromettibile in arbitri l’azione di revoca per giusta causa dell’amministratore
di società in accomandita semplice ex art. 2259 c.c. in relazione all’art. 2315
e 2293 c.c. fondata sulla violazione da parte dell’amministratore medesimo
delle disposizioni che impongono la correttezza e verità dei bilanci nonché
dell’obbligo di consentire ai soci il controllo della gestione sociale,
trattandosi di disposizioni preordinate alla tutela di interessi non
disponibili da parte dei singoli soci e perciò non deferibili al giudizio degli
arbitri (Cass. civ., sez. I, 12 settembre 2011, n. 18600; Cass. civ., sez. I,
18 febbraio 1988, n. 1739; Trib. Belluno, 26 ottobre 2005, in Giur. it., 2006,
8-9, 1639; Trib. Catania, 19 dicembre 2003, in Vita not., 2004, 310). La non
compromettibilità discende anche dal fatto che l’esclusione dell’unico socio
accomandatario porta allo scioglimento della società, se tale socio non viene
sostituito nel termine di sei mesi ai sensi dell’art. 2323 c.c. (arg. ex Cass.
civ., sez. I, 7 febbraio 1968, n. 404).
Infine, la domanda riconvenzionale del convenuto non è
colpita dall’eccezione di incompetenza, dato che quest’ultima è stata formulata
dal convenuto con riferimento alle domande attoree, e parte attrice non ha
formulato analoga eccezione nei confronti della domanda riconvenzionale.
3. Ciò detto, è possibile esaminare nel merito la domanda
attorea di esclusione del socio accomandatario Caio e di revoca del medesimo
dalla carica di amministratore, valutando solo i fatti allegati entro i termini
di preclusione processuale.
In linea generale, il cumulo delle qualifiche di socio e
amministratore non impedisce che le irregolarità o le illiceità commesse
dall’amministratore determinino non solo la revoca del mandato di
amministratore e l’esercizio dell’azione di responsabilità espressamente
prevista, ma anche l’esclusione da socio per la violazione dei doveri previsti
dallo statuto a tutela delle finalità e degli interessi dell’ente (Cass. civ.,
sez. I, 9 marzo 1995, n. 2736; conf. Trib. Torino, 10 maggio 2004, Giur. it.,
2004, 1684). Le due domande, di esclusione del socio e revoca
dell’amministratore, vanno insomma valutate congiuntamente.
3.1. La prima censura che parte attrice muove al convenuto
accomandatario è la violazione del diritto di informazione che spetta a socio
accomandante, in quanto l’amministratore accomandatario non avrebbe risposto
alle ripetute richieste di comunicazione del rendiconto, in violazione
dell’art. 2320 c.c. e dell’art. 8 dell’atto costitutivo, in base al quale «il
socio accomandante può (
) richiedere la presentazione di un rendiconto, anche
nel corso dell’esercizio». Parte convenuta ha contestato tale rilievo,
affermando che parte attrice non ha mai richiesto la comunicazione del
rendiconto, tranne che con comunicazione del 3.9.2009 a mezzo dei propri
difensori, a seguito della quale tutta la documentazione è stata messa a
disposizione.
Orbene, parte attrice non ha fornito sufficiente prova di
avere anche in passato sollecitato la consegna della rendicontazione in forza
della facoltà riconosciutagli dall’art. 8 dell’atto costitutivo; l’unica
richiesta documentata è quella di cui alla missiva del 3.9.2009, a cui però
l’amministratore accomandatario ha risposto con la consegna della
documentazione richiesta.
3.2. La seconda censura concerne la mancata consegna annuale
dei bilanci, con violazione dell’art. 8 dell’atto costitutivo, in base a cui
«il socio accomandatario, entro novanta giorni dalla chiusura di ogni
esercizio, è tenuto a redigere il bilancio da sottoporre al socio
accomandante»; quindi, l’atto costitutivo prevede sul punto un obbligo preciso
di comunicazione a carico dell’amministratore, che prescinde alla previa
richiesta dell’accomandante (come invece per la comunicazione del rendiconto).
Grava su parte convenuta provare di avere adempiuto tale obbligo, ma tale prova
non è stata fornita; d’altra parte, a nulla rileva che la società sia
sottoposta al regime di contabilità semplificata e come tale esente
dall’obbligo di redazione di bilanci e rendiconti finanziari, in quanto, in
mancanza di redazione di bilanci, l’amministratore avrebbe potuto e dovuto
comunicare all’accomandante quantomeno le dichiarazioni annualmente presentate
all’Agenzia delle Entrate (modello Unico SP), al fine di assicurare il
controllo che l’art. 8 dell’atto costituivo e la legge riserva al socio
accomandante. I modelli Unico SP dal 2004 al 2008 sono stati consegnati
dall’amministratore solo a seguito della diffida del 3.9.2009. Tale mancata
comunicazione annuale costituisce una grave violazione dei doveri di
amministratore, in quanto è stato impedito all’accomandante di esercitare il
controllo sull’andamento della società.
3.3. L’ultima censura formulata dall’attore concerne la
mancata informazione in ordine al reale stato della società e la conseguente
mancata ripartizione degli utili, distratti dall’amministratore grazie anche a
una contabilità parallela; in sostanza, l’amministratore avrebbe sempre
riferito all’accomandante che la società era in crisi, nascondendo invece
l’andamento positivo e il raggiungimento di un notevole importo di utili, i
quali non venivano attribuiti all’accomandante ma distratti
dall’amministratore.
Parte convenuta ha replicato affermando che gli utili erano
divisi ogni settimana tramite consegna manuale del denaro.
Orbene, è onere dell’amministratore accomandatario provare
di avere adempiuto all’obbligo di versare gli utili all’accomandante. Tuttavia
Caio non ha prodotto alcuna ricevuta attestante il pagamento, né ha fornito
prova degli asseriti versamenti di denaro in contanti, in quanto è decaduto
dalla prova testimoniale.
Sussiste quindi una grave violazione dei doveri
dell’amministratore, non essendo stati divisi utili per ben 4 anni e per un
importo non indifferente, pari a 65.764,00 (come si evince dall’esame dei
modelli Unico SP trasmessi all’accomandante solo a seguito della sua richiesta
nel 2009), di cui la metà dovevano essere corrisposti all’accomandante.
In merito poi al rilievo di parte attrice, secondo cui Caio
avrebbe tenuto una contabilità parallela, va evidenziato che la prova di ciò non
può desumersi dalle 115 bolle di acquisto di vivande prodotte da parte attrice
asseritamente non registrate nella contabilità; infatti, come rilevato anche
dal Ctu, tali bolle non riportano il nome del fornitore o sufficienti elementi
identificativi, per cui non è possibile un riscontro certo con gli acquisti
effettuati dalla società e con i dati contabili. Piuttosto, il Ctu ha
evidenziato che i dati economici riportati nella contabilità e nei modelli
Unico SP non sono attendibili, al punto da non fornire ragionevolmente il
quadro esatto del reddito maturato negli anni. Quindi il Ctu ha impiegato un
criterio probabilistico per stimare il reale volume di affari della società,
fondato anche su studi di settore dell’agenzia delle Entrate, in base a cui è emerso
che quanto risulta dai modelli Unico SP e dalla contabilità non è improntato ai
criteri di normalità, congruità, e coerenza. (omissis)
Alla luce di tali considerazioni, emerge che
l’amministratore accomandante non solo non ha distribuito gli utili all’accomandante,
ma verosimilmente ha anche dichiarato nei dati contabili e nei modelli Unico SP
minori entrate del reale, violando i principi di trasparenza e informazione nei
confronti dell’accomandante, nonché i principi di verità e completezza delle scritture
contabili e delle dichiarazioni sul reddito.
3.4. In ordine alla sanzione di tale grave condotta, va
richiamato l’orientamento della S.C., secondo cui il socio-amministratore di
una società di persone, il quale si appropria degli utili, compie un atto in
contrasto non soltanto con i doveri inerenti al mandato conferitogli ma anche
con gli obblighi a lui derivanti dalla qualità di socio, tenuto conto della
funzione del patto sociale, il quale tende, attraverso i conferimenti e
l’esercizio in comune di un’attività economica, proprio al conseguimento ed
alla divisione degli utili; l’indicata condotta, pertanto può comportare per
detto socio-amministratore, oltre che la revoca del mandato, anche l’esclusione
dalla società, ai sensi dell’art. 2285 c.c. (Cass. civ., sez. I, 30 gennaio
1980, n. n. 710).
3.5. Quindi va disposta l’esclusione del socio
accomandatario Caio dalla compagine sociale di Alpha S.a.S.. Per analoghe
ragioni, va disposta la revoca dalla carica di amministratore. Ciò detto, la
società resta priva dell’unico socio accomandatario; ai sensi dell’art. 2323
u.c. c.c., spetta al socio accomandante Tizio nominare un amministratore
provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, dovendo
però Caio essere sostituito con un nuovo socio accomandatario nel termine di
sei mesi pena l’estinzione della società ai sensi dell’art. 2323 c. I c.c.
4. Tizio ha chiesto anche la condanna di Caio al
risarcimento dei danni subiti dalla società per le illegittime condotte di cui
sopra, da liquidarsi in via equitativa. Tuttavia, ai fini della liquidazione
equitativa del quantum del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c., occorre la prova
dell’an del danno. Premesso che l’allegazione dei fatti produttivi di danno e
delle conseguenze dannose deve avvenire entro i termini di preclusione
processuale, nel caso in esame, in base ai fatti tempestivamente allegati, va
evidenziato che nonostante la prova delle condotte illegittime non vi è prova
sufficiente che la società abbia subito danni, risultando anzi che abbia
prodotto utili non esigui.
(omissis)
La domanda di risarcimento va quindi rigettata.
(omissis)
PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni
altra istanza, domanda, eccezione e rilievo, così provvede:
1) in relazione alla domanda attore di condanna al pagamento
degli utili non distribuiti, dichiara la propria incompetenza a favore della
cognizione arbitrale;
2) accertate le gravi violazioni dell’accomandatario
amministratore Caio indicate in motivazione, dispone l’esclusione di Caio dalla
società Alpha S.a.S., e revoca lo stesso dalla carica di amministratore di
Alpha S.a.S.;
3) rigetta la domanda di condanna al risarcimento del danno
formulata da parte attrice;
4) rigetta la domanda riconvenzionale formulata da parte
convenuta;
5) in relazione alle spese di lite del giudizio di merito e
della fase cautelare in corso di causa, compensa integralmente le spese;
6) pone in via definitiva le spese di Ctu a carico di parte
attrice e di parte convenuta nella misura del 50% ciascuna.
Così deciso in Torre Annunziata il 22 ottobre 2013
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