30 aprile 2020
È legge il decreto “Cura Italia” (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”).
La legge di conversione, approvata lo scorso 24 aprile dalla Camera dei Deputati, è stata pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 16 della Gazzetta Ufficiale del 29 aprile 2020 ed è pertanto in vigore da oggi, ferma l’efficacia dal 17 marzo delle disposizioni già in seno al decreto (QUI il testo coordinato del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18).
Tra gli “innesti” più importanti e controversi della legge di conversione, si conferma la misura che avevamo già anticipato sulle pagine di questa Rivista: la sospensione per sei mesi delle procedure esecutive immobiliari sull’abitazione principale del debitore.
Il Testo dell’art. 54 ter recita:
“Sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa
- Al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”.
Non si può far a meno di notare come il dettato normativo, invero scarno e generico, lasci molti dubbi all’interprete.
Tra gli aspetti che solo la prassi potrà chiarire – in mancanza di successivi interventi del legislatore:
- se la sospensione sarà automatica o necessiterà di apposita istanza da parte dell’esecutato;
- quali meccanismi di verifica (o di prova) potranno ritenersi idonei al fine di individuare nel concreto le ipotesi in cui il pignoramento colpisca effettivamente l’abitazione principale;
- se la sospensione riguarderà tutte le procedure, a prescindere dallo stato in cui si trovino (quid iuris, ad esempio, se l’immobile è già stato aggiudicato? Quid iuris, invece, se la procedura si trova nella fase prodromica alla fissazione dell’udienza di comparizione ex art. 569 c.p.c.? il G.E. potrà nominare l’esperto stimatore? Se l’esecutato non è costituito, a chi spetterà la verifica che l’esecuzione penda sull’abitazione principale?.
Dai lavori preparatori della Camera si ricavano unicamente alcune indicazioni interpretative sul concetto di “abitazione principale”.
Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente (art. 10, comma 3-bis del D.P.R. n. 917 del 1986).
Negli atti della Camera si ricorda che l’art. 76, comma 1, del DPR n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 52, comma 1, lettera g) del D.L. n. 69 del 2013 (conv. legge n. 98 del 2013), il c.d. “Decreto del fare”, ha previsto l’interruzione delle procedure esecutive sugli immobili adibiti a “prima casa”, intraprese dalle agenzie di riscossione pubblica. Il divieto di pignoramento si applica solo se:
- il debitore abbia quel bene immobile come unica proprietà;
- il debitore vi risieda anagraficamente;
- l’immobile sia accatastato a uso esclusivo di civile abitazione;
- l’immobile non appartenga alla categoria “abitazione di lusso” o di pregio che ricade nelle categorie catastali A/8 e A/9 cioè ville, castelli e dimore storiche.
Il dossier parlamentare ricorda che, sempre in tema di pignoramento immobiliare l’articolo 41-bis del decreto legge n. 124 del 2019 (conv. legge n. 157 del 2019) ha introdotto una disciplina, seppure «in via eccezionale, temporanea e non ripetibile», che prevede una particolare forma di rinegoziazione del mutuo in favore del consumatore che non ha potuto pagare il mutuo ed è soggetto al pignoramento immobiliare.
In base a questa disciplina, il consumatore può proporre, fino al 31.12.2021, un’istanza di rinegoziazione del mutuo laddove abbia visto la propria abitazione principale oggetto di un pignoramento tra il 1° gennaio 2010 e il 30 giugno 2019.
La legge, però, prevede tre condizioni che devono congiuntamente sussistere per avvalersi di questa facoltà:
- il beneficio spetta a condizione che non vi siano altri creditori intervenuti nella
procedura di pignoramento oltre al creditore procedente.
- il debitore deve aver rimborsato almeno il 10% del capitale del credito
ipotecario originariamente finanziato alla data della presentazione dell’istanza
di rinegoziazione.
- il debito complessivo non deve essere superiore a euro 250.000.
In base all’articolo 41-bis il consumatore può richiedere quindi una rinegoziazione del mutuo in essere ovvero anche un finanziamento con assistenza della garanzia del Fondo di garanzia prima casa che potrà operare nella misura del 50% dell’importo oggetto di rinegoziazione ovvero della quota capitale del nuovo finanziamento.
Anche qui, però, dal nostro limitato osservatorio, non possiamo fare a meno di notare che il legislatore abbia fatto riferimento a normativa (quella dell’art. 41-bis del “decreto fiscale”) mai pienamente operativa, rispetto alla quale, ad oggi, mancano i decreti attuativi e non è ben chiaro quale sia il profilo vincolante per l’intermediario.
Agli interpreti…”l’ardua sentenza” (!).
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