Provvedimento segnalato dall’Avv. Ascanio Amenduni del Foro di Bari
La Banca tesoriera d’una procedura concorsuale non risponde solidalmente del danno recato al Fallimento dalle malversazioni del Curatore se quest’ultimo ha alterato in modo non percepibile ictu oculi, nelle cifre e nel titolo giustificativo, i mandati di pagamento firmati dal Giudice Delegato e dal cancelliere, presentandoli all’incasso e riscuotendoli a proprio profitto.
Questo il principio affermato dalla Corte d’Appello di Bari, Pres. Di Leo – Rel. Sansone, che, con la sentenza n. 1151 del 24 giugno 2020 confermativa della pronuncia di primo grado, ha rigettato il gravame di una Curatela Fallimentare, condannata dal giudice di prime cure per gli illeciti comportamenti del precedente curatore, consistenti in numerosi prelievi dal conto cui non avevano fatto riscontro le specifiche autorizzazioni del giudice delegato con i conseguenti mandati di pagamento.
La Curatela ha contestato la violazione dell’art. 34 l.f., in quanto, qualora tali disposizioni fossero state rispettate dalla banca, non si sarebbe verificato il danno subito dalla massa dei creditori.
La Corte d’Appello, invece, ha ritenuto che la Banca si è comportata con la diligenza richiesta dall’articolo 1176 del codice civile, verificando che i mandati di pagamento esibiti dal curatore fallimentare erano stati emessi dal giudice delegato che li aveva regolarmente sottoscritti insieme al cancelliere. D’altra parte. L’istituto bancario aveva ben ragione di riporre fiducia nel soggetto che si presentava allo sportello per la riscossione delle somme depositate sul conto corrente intestato al fallimento, trattandosi di un organo istituzionale: il curatore fallimentare.
Inoltre, dall’esame dei mandati di pagamento allegati alla relazione del consulente tecnico d’ufficio non è dato rilevare la falsificazione dei mandati, poiché l’alterazione non presenta segni (quali ad esempio una evidente diversità di grafia ovvero la scritturazione a mano di cifre o lettere anteposte a quelle vergate con mezzi meccanici) che potessero far rilevare in modo palese la falsificazione dei mandati, così come richiesto dalla giurisprudenza di merito che – in casi analoghi – ha accolto le domande della curatela.
La Banca s’era giustificata dicendo che non poteva estendere le proprie verifiche, prima di pagare i mandati, alla sussistenza, a monte, del titolo giustificativo, vale a dire del provvedimento deliberativo del Giudice Delegato, bastando il solo accertamento della sussistenza del di lui mandato di pagamento, regolarmente firmato anche dal cancelliere, nonché consegnato allo sportello dal Curatore, cioè da un Pubblico Ufficiale di fiducia del Giudice delegato, idoneo a generare nell’operatore un affidamento assoluto.
Infatti, è orientamento ormai consolidato, ritenere che nel caso di pagamento da parte di una banca di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui tale alterazione sia rilevabile “ictu oculi”, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo.
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