ISSN 2385-1376
Testo massima
L’astratta risarcibilità del danno non patrimoniale subito dal proprietario spogliato del proprio diritto non è sufficiente ai fini dell’accoglimento della domanda, dovendo in ogni caso la parte attrice assolvere l’onere probatorio a suo carico dimostrando, ed ancora prima allegando, di avare in concreto subito detto specifico pregiudizio.
Il danno non patrimoniale, anche nel caso di lesione di diritti inviolabili, non può mai ritenersi “in re ipsa”, ma va sempre debitamente allegato e provato da chi lo invoca, anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici.
Questi i principi affermati di recente dal Tribunale Cagliari, dott.ssa Maria Grazia Cabitza con la sentenza n. 7998 del 18.01.2013.
Con una sentenza del 18/01/2013 il Tribunale di Cagliari, prendendo spunto da un caso in cui si discuteva della legittimità dell’azione della Pubblica Amministrazione, che aveva disposto l’occupazione d’urgenza di un consistente appezzamento di terreno nel capoluogo Sardo, ove dovevano essere realizzate delle opere portuali, non seguita dal provvedimento di esproprio tanto da determinare, a seguito della irreversibile trasformazione dei fondi attraverso il com-pimento dei lavori, l’estinzione della proprietà per effetto della c.d. “accessione invertita” od “occupazione appropriativa“, ha affermato la sussistenza, nella fattispecie, oltre dello specifico danno patrimoniale rapportato al valore di mercato del bene, anche quello non patrimoniale, ancorché in astratta ipotesi, avendo respinto la domanda per non essere stato allegato e prova-to. Quest’ultimo, invero, fondato non tanto sulla base della normativa speciale di cui al DL 15/07/2011 n° 111 (c.d. indennizzo per il pregiudizio non patrimoniale liquidabile forfettaria-mente nella misura del 10% del valore venale del bene), quanto sulla base degli ordinari criteri previsti dal Codice Civile.
Il Tribunale di Cagliari, in buona sostanza, intervenendo nel dibattito giurisprudenziale incen-trato sulla possibilità di riconoscere il danno non patrimoniale conseguente alla lesione della proprietà, ha stabilito, conformemente ad altre decisioni della magistratura di merito (come vedremo), che esso è astrattamente ipotizzabile allorché il proprietario sia spogliato del proprio diritto ma è necessario in ogni caso che questi fornisca la prova, ed ancor prima, alleghi di aver in concreto subito tale pregiudizio che non può considerarsi in re ipsa ancorché possa dimo-strarsi attraverso presunzioni.
Questo l’importante principio, che va approfondito in ragione delle motivazioni che lo sorreg-gono, sulla scia di quell’indirizzo, che sempre più si sta facendo strada, secondo cui anche il diritto di proprietà ha un lignaggio per così dire di diritto inviolabile, presupposto per accorda-re la tutela risarcitoria in questione.
Se questa è la condivisibile conclusione è bene, tuttavia, esaminare il percorso argomentativo (sulla cui scia si pone il giudice cagliaritano) attraverso cui si è arrivati a tale importante affer-mazione, che senza dubbio costituisce un’altra tappa fondamentale nel sistema della responsa-bilità civile, il cui compito è quello di riparare tutto il danno, quello patrimoniale e non, senza eccessi ma anche senza ingiustificate riduzioni.
Ebbene, come è noto fino al 2003 il danno non patrimoniale era stato confinato, per così dire, nel Letto di Procuste dato che la sua risarcibilità era limitata alla sola ipotesi della presenza di un reato. Liberato da tale “gabbia”, imposta dall’art. 2059 CC, secondo il sistema delineato dalla sentenza della Corte Costituzionale 184/1986, che più volte aveva giudicato infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 2059 CC “salvando” per molto tempo detta norma, il relativo tema è diventato uno degli argomenti più dibattuti nella giurisprudenza suc-cessiva. Riassuntivamente può dirsi che l’odierno assetto della responsabilità civile si fonda su due arresti giurisprudenziali, rappresentati dalla sentenza della Consulta 233/2003, che a sua volta riprendeva Cassazione 8827 e 8828/2003 e dalle famose sentenze c.d. di “San Martino”, tutte pubblicate 11/11/2008, contrassegnate con i numeri 26972, 26973, 26974 e 26975.
Sulla scorta di dette pronunce, attualmente il danno non patrimoniale è risarcibile, in primo luogo nelle ipotesi previste specificamente dalla legge (art. 2059 CC), compreso il fatto illecito astrattamente configurabile come reato per effetto del rinvio all’art. 185 CP, per cui la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale derivante da qualsiasi lesione dell’interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituziona-le.
Inoltre, il danno non patrimoniale, escluse tali ipotesi, è riconosciuto quando sia leso un diritto inviolabile della persona costituzionalmente qualificato. Si richiede cioè un contra ius costitu-zionale, assegnandosi poi alla giurisprudenza il compito di individuare nello specifico tale di-ritto, non catalogato ex ante dal Legislatore.
In questo senso, si esprime la sentenza del Tribunale di Cagliari in rassegna richiamando prin-cipi generali ormai pacifici.
Ma quali sono o possono essere i diritti inviolabili della persona, costituzionalmente garantiti e meritevoli della tutela in questione?
Sul punto la giurisprudenza di legittimità (soprattutto) ha fissato dei criteri abbastanza precisi, come anche ricorda il Tribunale di Cagliari nella sentenza in rassegna, onde evitare, per così di-re, una inopportuna proliferazione di domande risarcitorie a tale titolo, di dubbia configurabili-tà in ordine al relativo presupposto ma che potrebbero indebolire (come è stato ritenuto in dot-trina) i diritti inviolabili che esigono la massima protezione.
Orbene, è veramente consistente il numero delle decisioni della Cassazione, a tal proposito, riguardanti posizioni dai chiari contorni e, quindi, meritevoli di tutela in caso di lesione, come, in particolare, i diritti alla integrità psicofisica ed alla salute, all’onore, alla riservatezza, alla re-putazione, alla integrità familiare. Ad esse ultimamente se ne è aggiunta altra, che non è retori-co definire storica (Cass. 22/01/2014 n° 1361) in quanto nelle oltre cento pagine di motivazio-ne non solo precisa definitivamente la natura composita del danno non patrimoniale, caratte-rizzato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati di valore di scambio e che si articola in una pluralità di aspetti (o voci) con funzione meramente descrittiva: 1) il danno mo-rale, inteso a) come patema d’animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico, b) come lesione alla dignità od integrità morale quale massima espressione della dignità umana; 2) il danno biologico, 3) il danno esistenziale”. Ma costituisce “danno non patrimoniale anche il danno da perdita della vita, quale bene supremo dell’individuo, oggetto di un diritto assoluto ed inviolabile, garantito in via primaria da parte dell’Ordinamento, anche sul piano della tutela civilistica“. Si tratterebbe di un “danno diverso in ragione del diverso bene tutelato” ossia connotato di autonomia rispetto la salute, nella sua duplice veste di danno biologico terminale e di danno morale terminale o catastrofico della vittima, rilevando ex sé nella sua oggettività di perdita del principale bene dell’uomo, la vita”. Avendo le varie voci utilizzate dalla giuri-sprudenza (danno morale, biologico, esistenziale) valore soltanto descrittivo, consegue la im-possibilità di una autonoma e separata liquidazione, per evitare il rischio di inammissibili dupli-cazioni, ma ciò non toglie che essa debba assicurare l’integrale riparazione del torto, in quanto compito irrinunciabile della responsabilità civile è quello di riparare tutto il danno ricollocando la vittima nella stessa situazione in cui si trovava prima della commissione del fatto illecito. Non sono ammessi eccessi di risarcimento ma nemmeno ingiustificate riduzioni sotto il livello della integralità, questo sembra dire la citata sentenza laddove afferma come sia “escluso che il valore della integrità morale possa stimarsi in una quota minore del danno biologico o di poter-si fare ricorso a meccanismi semplificativi di tipo automatico“, “potendo anche accadere che al danno alla salute si accompagni quello di altro diritto inviolabile della persona e sia minimale rispetto ad danno alla libertà sessuale, alla libertà personale, all’onore, alla reputazione , etc”.
In questo senso, è all’equità che deve essere fatto riferimento per la quantificazione (e non già per la individuazione) del danno non patrimoniale: quest’ultima va concretamente determinata attraverso un criterio di personalizzazione ragionevole, adeguato e proporzionale, rapportato al caso specifico ed idoneo ad assicurare l’integrale ristoro del danno.
Detto questo, va sottolineata la tendenza della giurisprudenza a subordinare la risarcibili-tà del danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona (come anche ricordato dal Tribunale di Cagliari) alla presenza delle tre seguenti condi-zioni:a)l’interesse leso deve avere rilevanza costituzionale; b) la lesione relativa deve essere grave e tale cioè da superare una soglia minima di tollerabilità dettata dal concorrente dovere di solidarietà ex art. 2 Costituzione che impone a ciascuno di sopportare quelle minime intrusioni nella propria sfera personale conseguenti inevitabilmente dalla convi-venza ;c) il danno non deve essere futile ossia non consistere in meri disagi o fastidi (così in particolare Cassazione 23/01/2014 n° 1361 citata).
Se questi sono i principi in materia del danno non patrimoniale, occorre interrogarsi, come cor-rettamente ha fatto il Tribunale di Cagliari, se il diritto di proprietà possa essere annoverato tra i diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti e come tali meritevoli di una tutela piena, comprensiva della riparazione anche del pregiudizio non patrimoniale.
Orbene, il Giudice sardo ritiene di sì alla luce degli orientamenti recenti della Corte Costitu-zionale, la quale segnatamente nelle sentenze 348 e 349 del 2007 ha esplicitamente “ricono-sciuto come la funzione sociale espressamente attribuita al diritto di proprietà non snaturi la natura del diritto stesso, certamente meritevole di una piena tutela.”
Ancor prima della sentenza in rassegna altri giudici di merito, superando le passate incertezze che vedevano nell’art. 42 Cost. non il riconoscimento della rilevanza dell’interesse protetto ma piuttosto un limite dello stesso, hanno ritenuto – nell’ambito di quel’ opera di selezione degli interessi la cui lesione è da ricondurre alle ipotesi in questione- la risarcibilità del danno non patrimoniale per violazione del diritto di proprietà ” definito dall’art.832 CC come il dirit-to di godere e di disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo e costituzionalmente tutelato dall’art. 42 Cost., rientrante quindi nella categoria dei diritti fondamentali inerenti la persona quando la lesione è ingiusta ( come il caso deciso dal Tribunale di Firenze 21.1.2011 n.147, in Red. Giuffrè 2011, riguardante ripetute infiltrazioni di acqua nell’appartamento di un sogget-to, protrattasi per più di cinque anni, ” intralciando seriamente e fortemente il diritto di questi nel godimento della propria abitazione e, quindi, superando i limiti di quella soglia oltre la qua-le la offensività del comportamento umano non può essere impedita dalle regole della tolleran-za, imposta dai doveri di solidarietà ex art 2 Cost.”). Sula stessa scia vedasi Tribunale di Pa-lermo 18.6.2010 (in Red. Giuffrè 2010) nonché Tribunale di Brindisi (in Red. Giuffrè 2011) secondo cui ” il mancato godimento sia della proprietà sia sella vita privata e familiare possono comportare il risarcimento del danno non patrimoniale essendo quest’ultimi espressamente ga-rantiti dalla Carta europea dei diritti dell’uomo e perciò parte integrante dell’Ordinamento Ita-liano, in virtù del rinvio mobile di cui all’art. 117 Cost.” Alla CEDU fa opportuno riferimento la sentenza in rassegna ricordando come detta Carta include il diritto di proprietà fra quelli fondamentali della persona umana attraverso una ricostruzione non incompatibile con la nostra Costituzione, come precisato dalla Consulta con la sentenza 349/2007.
In argomento, da ultimo è intervenuto il Tribunale di Vercelli con sentenza 12.02.2015 (in Di-ritto Civile Contemporaneo, 2015) che, aderendo all’interpretazione evolutiva di cui si è det-to, anche qui in un caso in cui si discuteva di gravi infiltrazioni di acqua nella proprietà dell’attore, ha riconosciuto a quest’ultimo il risarcimento del danno patrimoniale e non. E, ciò, sulla base di un percorso argomentato simile a quello del Tribunale di Cagliari, invero rafforza-to adducendosi l’art. 42 bis del DPR 327/01 che, nel prevedere il diritto del proprietario ad un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale , in caso di occupazione acquisi-tiva, introdurrebbe una disparità di trattamento tra la lesione della proprietà da parte del sog-getto pubblico e la lesione per mano di soggetti privati.
Giunti alla conclusione del presente elaborato, va ricordato l’importante principio, che si trova affermato in più di una sentenza, secondo cui il diritto al risarcimento danni non riveste natura punitiva ma va correlato alla prova del concreto pregiudizio economico asseritamente subito dal danneggiato. Esso non potrebbe considerarsi in re ipsa nel senso che anche laddove trovi la sua causa diretta ed immediata nella situazione illegittima posta in essere dalla controparte, la presunzione attiene alla sola possibilità della sussistenza del danno ma non alla sua effettiva esistenza e tanto meno alla sua entità materiale. L’affermazione che il danno sarebbe in re ipsa riguarderebbe, quindi, solo l’an debeatur, che presuppone l’accertamento di un fatto poten-zialmente dannoso in base ad una valutazione anche di probabilità e verosimiglianza secondo l’id quod plerumque accidit, permanendo la necessità della prova, raggiungibile anche per pre-sunzioni, della esistenza di un concreto pregiudizio economico ai fini della sua liquidazione, in mancanza della quale è precluso al giudice accordare la richiesta risarcitorie de qua. In questo senso. uniformemente al decisum di Cass. 11.11.2008 n.26973 (già citata), è attestata la conso-lidata giurisprudenza, anche amministrativa, ai cui principi aderisce la sentenza del Tribunale cagliaritano in rassegna, citandosi , a titolo esemplificativo , CDS 22.9.14 n.4781, Tar Lom-bardia 8.11.2011 n.2673, Cass. 13.12.2012 n.22890, Cass 24.9.2013 n. 21865, Cass. 24.4.2014 n. 9286.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 545/2013