ISSN 2385-1376
Testo massima
Il tenore dell’opposizione e l’atteggiamento processuale della parte, palesemente dilatorio, possono indurre i Giudici a far uso del potere officioso loro previsto dall’art.96 comma III cpc.
La norma di cui all’art.96 terzo comma cpc ha così introdotto nel sistema della responsabilità processuale un meccanismo di tipo officioso “non solo e non tanto risarcitorio“, quanto soprattutto sanzionatorio, in virtù della finalità, perseguita dal legislatore, di scoraggiare l’ “abuso del processo“, così tutelando il canone costituzionale di ragionevole durata del processo, (art. 111 Cost., legge n.89/2001).
E’ quanto stabilito dal Tribunale di Milano con sentenza del 14.12.2012, che si iscrive in un filone della giurisprudenza di merito già formatosi con immediatezza all’indomani dell’entrata in vigore della norma, il 04.07.2009, e ne amplia profili e confini.
La fattispecie riguardava un’opposizione a decreto ingiuntivo, con la quale in buona sostanza, erano state proposte le seguenti eccezioni, ritenute tutte dilatorie :
– incompetenza per territorio ritenuta infondata dal Tribunale, a mente del criterio del foro del creditore, ex artt.1182 comma III cc e 20 cpc;
– violazione delle norme di tema di evidenza pubblica ritenuta infondata stante la ritenuta natura privatistica dell’ente opponente;
– carenza del requisito della forma scritta eccezione smentita dalla presenza in atti di ampia documentazione del rapporto contrattuale.
Era invece stata accolta l’eccezione di prescrizione parziale del credito fatto valere, con la conseguente revoca del decreto opposto, e condanna della parte opponente al pagamento del (solo) credito residuo.
Il potere officioso di condanna ai sensi dell’art.96 comma III cpc è stato quindi esercitato dal Giudice contro la parte opponente, nell’ambito di una pronuncia di accoglimento parziale, e non di rigetto.
Si coglie sul punto un elemento di indubbia “rottura”.
Ed infatti, benché l’eccezione di (parziale) prescrizione sollevata avesse fondamento nel merito, la valutazione complessiva del tenore dell’azione, dell’atteggiamento processuale tenuto dalla stessa opponente, hanno indotto il giudice ad emettere la condanna d’ufficio.
Lo strumento processuale di cui trattasi, afferma il giudice di Milano, possiede natura sanzionatoria e prescinde dalla rigorosa prova del danno, essendo solo condizionato dall’accertamento di una condotta di grave negligenza, o addirittura di malafede processuale della parte.
Nel caso di specie, erano stati ritenuti indici di condotta illecita il già intervenuto rigetto degli stessi motivi di merito “da una pletora di pronunce di questo tribunale a firma di estensori differenti“, senza offerta del benché minimo pagamento della somme comunque dovute, il carattere seriale, quindi, dei contenziosi promossi dalla stessa parte dinanzi al medesimo Tribunale, risultanti dall’esame del sistema telematico.
Il “danno punitivo” viene quantificato dal decidente, equitativamente, in misura del 5% del capitale azionato, con motivazione sorretta da solidi appigli concreti: l’allungamento dei tempi di esercizio dei propri diritti da parte del creditore, la necessità per quest’ultimo di affrontare oneri aggiuntivi come l’appostamento di un fondo rischi per crediti incagliati o in sofferenza, l’incremento dei costi di accesso al sistema bancario, con lo strumento delle anticipazioni su fatture.
La pronuncia in parola, aderisce in definitiva a quell’orientamento, anche dottrinale, che ha scorto nella nuova disposizione uno strumento sanzionatorio con finalità deflattiva del contenzioso nella disponibilità del giudice, al di fuori dell’alveo tradizionale della tutela risarcitoria da fatto illecito, nel quale le ipotesi dei primi due commi dell’art.96 cpc sono situate.
E’ evidente come questo indirizzo applicativo ponga notevoli questioni in tema di limiti alla discrezionalità del giudice, e di rispetto del canone costituzionale del diritto di azione e difesa in giudizio, ai sensi dell’art. 24 Cost.
Altrettanto evidente è il fattore di rischio legato alla mitologia del concetto tuttora metagiuridico di abuso del processo, di per sé inesistente nel nostro Ordinamento, se non nel settore tributario e, per quanto esposto, nei termini di diritto positivo che si rinvengono proprio nell’art.96 cpc.
D’altra parte, riteniamo che la regola di condotta cui legare l’esercizio del potere d’ufficio esista, e sia data dall’art.88 cpc, e che l’art.96 comma terzo cpc, con i limiti di formulazione che sono parsi da subito evidenti in dottrina, si trovi a dare concreta attuazione, in parte qua, al principio del giusto processo di cui all’art.111 cost., nel settore civile.
Sotto questo profilo, e traendo le fila dall’esperienza del foro che dimostra in modo induttivo l’esistenza e l’ipertrofia di condotte processuali contrarie a lealtà e buona fede, pare possibile un’interpretazione dell’art.24 Cost. (anche) dalla parte del creditore, e la decisione di Milano, in questo solco, non può che essere accolta con favore.
Nello stesso senso il Tribunale di Lodi, Giudice dott. Sergio Rossetti, del 04/04/2013 , il Tribunale di Verona, Giudice dott. Vaccari, del 22/11/2012, il Tribunale di Monza, Giudice dott. Manuela Laub del 09-01-2013 hanno fatto buon uso del potere loro concesso condannando il comportamento processuale della parte il cui unico obiettivo è quello di ostacolare la definizione del giudizio.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Milano
– Sezione IV civile –
In composizione monocratica nella persona del dott. FEDERICO ROLFI, in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale 32987/2012, promossa con atto di citazione notificato in data 4 maggio 2012 a ministero dell’Aiutante Ufficiale Giudiziario addetto all’Ufficio Notifiche presso la Corte d’Appello di Milano
DA
AZIENDA SANITARIA ALFA
PARTE ATTRICE
CONTRO
BETA DIAGNOSTICA SPA
PARTE CONVENUTA
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo – contratto di compravendita beni mobili
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di citazione regolarmente notificato alla controparte la AZIENDA SANITARIA ALFA proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.6596/2012 col quale il Tribunale di Milano in data 23 febbraio 2012 le aveva ingiunto il pagamento in favore della BETA DIAGNOSTICA SPA della somma di Euro 323.449,51, oltre interessi e spese, quale corrispettivo per fornitura di merce.
Quali motivi di opposizione, AZIENDA SANITARIA ALFA:
– ha eccepito la nullità per indeterminatezza del ricorso per decreto ingiuntivo;
– ha contestato la competenza territoriale del Tribunale di Milano, indicando quale tribunale competente quello di Cosenza, anche luogo ove è situata la Tesoreria competente in tema di contabilità pubblica;
– ha eccepito la nullità del rapporto contrattuale, per mancato rispetto delle norme sulla procedura ad evidenza pubblica e per mancata adozione della forma scritta;
– ha negato la idoneità della documentazione prodotta a supporto del ricorso per decreto ingiuntivo a supportare la pretesa creditoria della BETA DIAGNOSTICA SPA;
– ha eccepito la parziale estinzione del credito azionato in virtù dell’avvenuto pagamento di alcune forniture; dell’intervenuta prescrizione di altri diritti; della mancata effettuazione di alcune forniture;
– ha dedotto la inapplicabilità ad enti pubblici del tasso di interessi stabilito dal D.Lgs. n.231 del 2002.
Ha chiesto, quindi, che il decreto opposto venisse dichiarato nullo o revocato, e/o che la somma dovuta per la fornitura ridotta nei limiti del dovuto.
Si costituiva regolarmente l’opposta che contestava la fondatezza delle altrui deduzioni, chiedendo conseguentemente la conferma del decreto.
Senza svolgere attività istruttoria il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, all’odierna udienza invitava le parti alla discussione ex art.281 sexies cpc, ed all’esito decide ora dando lettura della presente sentenza con motivazione contestuale la quale costituisce parte integrante del verbale d’udienza.
L’opposizione è infondata e va respinta.
1) Va in primo luogo escluso che il ricorso per decreto ingiuntivo fosse affetto da indeterminatezza, avendo lo stesso dedotto in modo sufficientemente chiaro le parti, la causa petendi (il rapporto contrattuale tra AZIENDA SANITARIA ALFA e BETA DIAGNOSTICA SPA) ed il petitum, come dimostrato anche dalle ampie ed argomentate difese della stessa opponente.
2) Infondata è, altresì, l’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Milano.
In primo luogo l’eccezione risulta formulata in modo carente, dal momento che la AZIENDA SANITARIA ALFA ha contestato i criteri territoriali del forum destinatae solutionis (peraltro indicando l’obbligazione erronea); del foro generale del convenuto, ma non ha contestato il forum contractus (laddove l’esame della documentazione evidenzia che gli ordini pervenivano alla sede dell’opposta).
Per costante giurisprudenza di legittimità nelle cause relative a diritti di obbligazione grava sulla parte che contesti la competenza territoriale del Giudice adito in sede monitoria operare tale contestazione con riferimento a ciascuno dei concorrenti criteri di collegamento previsti dagli artt.18, 19 e 20 cpc perché, in mancanza, la competenza resta radicata presso il giudice adito in base al criterio di collegamento non contestato (cfr. Cassazione civile sez. III, 1 marzo 2000, n.2301; Cassazione civile sez. III, 17 dicembre 1999, n.14236; Cassazione civile sez. II, 24 dicembre 1994, n.11152; Cassazione civile sez. III, 3 dicembre 1994, n.10422).
b) In secondo luogo ha ricordato, comunque, che forum destinatae solutionis della sede dell’ufficio di tesoreria dell’ente debitore non era stato mai ritenuto foro esclusivo e, quindi, inderogabile, rappresentando soltanto un foro concorrente con gli altri applicabili ai sensi degli artt.19 e 20 cpc (Cass. n.7514 del 2005) rileva il tribunale che la stessa Suprema Corte, con ordinanza su regolamento di competenza 16 marzo 2009, n.6351 ha escluso l’operatività del criterio di competenza basato sulla sede della tesoreria, rimarcando la natura privatistica delle A.S.L.
Ne consegue la piena operatività dei criteri generali di competenza, e quindi – atteso che l’obbligazione dedotta in monitorio era una obbligazione di pagamento di una somma certa, liquida ed esigibile – il criterio del luogo ove ha sede il creditore di una obbligazione portàble, ex artt.1182, comma III, cc e 20 cpc (cfr. in tal senso anche molteplici pronunce di questo Tribunale, tra le quali Trib. Milano, Sez. XII, 21/07/2010 e Trib. Milano, Sez. XI, 18 ottobre 2012).
3) Il carattere privatistico delle A.S.L. vale altresì ad escludere l’assoggettamento delle medesime alle norme sull’evidenza pubblica.
Come da questo Tribunale già opinato (cfr. sentenza 11 gennaio 2008, n.350) “il D.Lgs. n.502 del 1992 nel provvedere a dare l’avvio al riordino del sistema sanitario ha demandato alle regioni di emanare norme per la gestione economico finanziaria e patrimoniale delle Usl e delle aziende ospedaliere, “informate ai principi di cui al codice civile“.
Gli enti dunque che operano nel settore sanitario per il carattere imprenditoriale loro impresso dalla riforma devono ritenersi del tutto assoggettati alle norme civilistiche, hanno acquisito, per effetto della nuova fisionomia assunta con la riforma, come è stato da più parti riconosciuto, la qualificazione giuridica di enti pubblici economici e quindi devono poter operare con gli strumenti del diritto comune che non esigono la forma scritta ad substantiam per la validità dei contratti se non in ipotesi determinate.
L’esigenza della forma scritta per i contratti degli enti pubblici era imposta dall’art.16 del R.D. 18 novembre 1923 e con la finalità di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa attraverso la possibilità di controllo sulla sua azione, il requisito della forma scritta, in vero, è stato sempre ritenuto indispensabile dalla giurisprudenza di legittimità.
Ma appare più conforme alla nuova configurazione assunta dalle aziende sanitarie una interpretazione meno rigida, in considerazione della sua datazione e delle trasformazioni nel frattempo intervenute nella pubblica amministrazione, in particolare per gli enti operanti nel settore sanitario, ritenendo soddisfatto il requisito della forma scritta (e le connesse esigenze di controllo) sulla base degli ordini regolarmente compilati e sottoscritti che rechino, come è nella fattispecie, tutti gli elementi del contratto di vendita (quantità tipi di prodotto e loro denominazione, prezzi, sconto, modalità di consegna e di pagamento) oltre all’indicazione della delibera autorizzativa della spesa.
Va osservato, peraltro, che i beni e servizi fomiti risultavano comunque strumentali all’erogazione del servizio sanitario e presentavano, conseguentemente, carattere di urgenza, non senza omettere di rammentare che – come da questo Tribunale già opinato, la tipologia di forniture in questione consente l’applicazione della normativa speciale di cui all’art.17 R.D. n.2440 del 1923.
Ne consegue la piena validità del rapporto contrattuale dedotto in causa, in ordine al quale, peraltro, parte opposta ha prodotto documentazione che induce a ritenere che sia stata fornita prova scritta del rapporto contrattuale.
Si deve, anzi, rilevare come appaia contrastante con una regola di lealtà nei rapporti processuali e sostanziali, una condotta di contestazione formale che non sembra minimamente tenere conto del fatto che la AZIENDA SANITARIA ALFA ha regolarmente ricevuto le prestazioni della BETA DIAGNOSTICA SPA senza sollevare contestazioni di sorta, se non al momento in cui, richiesta del pagamento, si è “rammentata” di una serie di regole formali che ha costantemente disatteso nel corso del rapporto e che, se davvero fossero state violate, comporterebbero peraltro una grave responsabilità anche contabile degli stessi organi dell’Azienda.
4) Infatti, e con questo si passa all’esame inerente la insufficienza delle documentazione prodotta a supporto della pretesa monitoria, si deve rilevare che la BETA DIAGNOSTICA SPA, sin dalla fase monitoria, ha prodotto cospicua documentazione che attesta che tutte le prestazioni effettuare in corso di rapporto furono frutto di specifici ordini della stessa opponente.
Ed infatti, la BETA DIAGNOSTICA SPA ha prodotto copia delle offerte e – soprattutto – degli ordini con cui gli organi dell’AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE ALFA hanno chiesto la fornitura dei materiali il cui corrispettivo è stato azionato in monitorio; nonché copia dei D.D.T. sottoscritti per ricezione dal vettore ai sensi e per gli effetti di cui all’art.1510 cc.
Il tutto a definitiva riprova della integrale fondatezza della pretesa creditoria della BETA DIAGNOSTICA SPA (ragion per cui il tribunale non ha ritenuto di procedere ad una superflua e dispendiosa attività istruttoria).
5) Per ciò che attiene le eccezioni di merito vero e proprio, appare fondata l’eccezione di parziale prescrizione delle somme, così come il tribunale deve rilevare come i pagamenti parziali dedotti dall’opponente e supportati dagli avvisi di pagamento sub doc. 3 opponente non siano stati minimamente contestati dall’opposta.
L’accertamento della parziale prescrizione del credito ed il riconoscimento del pagamento parziale effettuato dall’opponente comporta automaticamente la revoca del decreto ingiuntivo (cfr. Cassazione civile sez. un., 7 luglio 1993, n.7448; Cassazione civile sez. III, 2 settembre 1998, n.8717; Cassazione civile sez. lav., 8 settembre 1995, n.9490; Cassazione civile sez. Il, 16 novembre 1992 n.12278; Cassazione civile, sez. II, 8 aprile 1989 DA n. 1690 A n.1704), residuando spazio unicamente per una condanna della parte opponente al pagamento della somma di cui risulta essere debitrice alla data della pronuncia.
Per l’effetto, revocato il decreto ingiuntivo opposto, la AZIENDA SANITARIA ALFA deve essere condannata a corrispondere alla BETA DIAGNOSTICA SENESE SPA l’importo di Euro 306.891,69, oltre interessi al tasso D.Lgs. n.231 del 2002, al saldo effettivo.
Le spese, stante la recente abrogazione delle tariffe professionali, possono essere liquidate dal giudice facendo riferimento alle tariffe previgenti. Allo stato, del resto, l’art.9 comma 3 D.L. 24 gennaio 2012, n.1 (conv. con L. 24 marzo 2012, n. 27) stabilisce che le tariffe vigenti alla data di entrata in vigore del decreto continuano ad applicarsi, limitatamente alla liquidazione delle spese giudiziali, fino alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali di cui al comma 2 della stessa norma e, comunque, non oltre il centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (G.U. n.71 del 24.3.2012).
Il tenore dell’opposizione e l’atteggiamento processuale successivamente tenuto dalla parte inducono, anzi, questo tribunale, a far uso del potere officioso previsto dall’art.96, comma III, cpc.
Tale norma, ha introdotto un meccanismo che, sulla scia della dottrina e delle prime pronunce della giurisprudenza, deve ritenersi non solo e non tanto risarcitorio, quanto anche e soprattutto sanzionatorio (in virtù della finalità di scoraggiare l’abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia), e come tale sottratto (a differenza dell’ipotesi di cui all’art.96, comma I, cpc) dalla rigorosa prova del danno, essendo lo stesso condizionato unicamente all’accertamento di una condotta di grave negligenza o addirittura malafede processuale della parte (cfr. Tribunale di Varese 21 – 22 gennaio 2011; Trib. di Piacenza 22 novembre 2010; Tribunale di Piacenza, 7 dicembre 2010; Trib. Verona 20 settembre 2010; Trib. Milano 29 agosto 2009).
Scopo della norma è la repressione del danno che viene arrecato direttamente alla controparte (si pensi all’allungamento della tempistica nell’esercizio dei propri diritti ma si pensi – nel caso delle imprese – alla necessità di affrontare oneri aggiuntivi, quale l’appostamento di un “fondo rischi” per i crediti incagliati o in sofferenza, oppure l’incremento delle difficoltà e dei costi dell’accesso al finanziamento bancario, ad esempio, con lo strumento delle anticipazioni su fatture), ma indirettamente anche all’erario con la congestione degli uffici giudiziari e l’incremento del rischio del superamento del canone costituzionale della ragionevole durata del processo con ricadute anche di tipo risarcitorio, stante il pericolo di condanna dello Stato alla corresponsione dell’indennizzo ex L. n.89 del 2001).
Nella specie, l’atteggiamento processuale dell’opponente di notificare (con udienza fissata a quasi quattro mesi – tenuto conto della sospensione feriale – di distanza circa dalla citazione) una citazione i cui motivi di merito sono stati in grandissima parte già affrontati e disattesi da una pletora di pronunce di questo tribunale (per di più a firma di estensori differenti), senza offrire alla convenuta opposta il benché minimo pagamento di somme comunque dovute; e l’iniziativa (contraria all’exceptio doli praesentis) di invocare, per di più, come motivo di opposizione una violazione delle norme sui contratti ad evidenza pubblica, costituiscono evidenti indici del carattere dilatorio dell’opposizione e sintomi – quantomeno – di una grave negligenza nell’utilizzo dello strumento processuale medesimo.
Né il ridottissimo accoglimento delle eccezioni di merito dell’opponente vale a risolvere diversamente la valutazione dell’iniziativa giudiziaria della AZIENDA SANITARIA ALFA, la quale sta continuando ad opporre innanzi a questo Tribunale decreti ingiuntivi, con motivazioni in gran parte ripetitive e non condivise dal tribunale, con il rischio (data l’ammontare spesso ingente delle somme oggetto delle ingiunzioni) di arrecare un grave danno ad un intero settore economico.
Da un rilievo sull’archivio telematico di questa Sezione, invero, risultano pendenti circa 14 controversie proposte dall’attuale opponente, con un evidente aggravamento del contenzioso.
Ritiene, invero, il tribunale, che ai fini dell’applicazione dell’art.96, comma III, cpc il giudicante possa assumere come dato di valutazione anche l’impiego generalizzato che la parte faccia dello strumento processuale anche nell’ambito di contenziosi più o meno seriali, dal momento che anche tale profilo può contribuire a far ponderare l’eventuale sussistenza di un abuso dello strumento processuale.
Quanto alla determinazione del danno, ritiene il tribunale di poter fare ricorso ad un criterio equitativo, fissando la misura della condanna nel 5% circa del capitale azionato in monitorio. È infatti da ritenersi che il danno creato dall’abuso dello strumento processuale incida non sul profilo delle spese di lite in sé (come invece si era ragionato all’epoca della – temporanea – introduzione del quarto comma dell’art.385 cpc), ma sul capitale vero e proprio, attesa l’incidenza che l’abuso dello strumento processuale ha sull’equilibrio economico complessivo del soggetto destinatario dell’opposizione.
PQM
il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede:
1) accoglie, per quanto di motivazione, l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo rii 6596/2012 emesso in data 23 febbraio 2012 dal Tribunale di Milano nei confronti di AZIENDA SANITARIA ALFA ed in favore di BETA DIAGNOSTICA SPA e per l’effetto;
2) revoca il decreto stesso;
3) condanna la AZIENDA SANITARIA ALFA a corrispondere alla BETA DIAGNOSTICA SPA l’importo di Euro 306.891,69, oltre interessi al tasso D.Lgs. n.231 del 2002, sino al saldo effettivo;
4) condanna AZIENDA SANITARIA ALFA al pagamento in favore di BETA DIAGNOSTICA SPA delle spese processuali che liquida in Euro 11.000,00 per compensi, oltre I.V.A. (ove non recuperabile in virtù del regime fiscale di cui gode la parte) e C.P.A.
5) condanna ex art.96, comma III, cpc AZ. SANITARIA ALFA al pagamento in favore di BETA DIAGNOSTICA SPA dell’importo di Euro 15.000,00.
Sentenza per legge esecutiva.
Sentenza resa ex art.281 sexies cpc, pubblicata mediante lettura alle parti presenti e deposito telematico immediato per l’allegazione al verbale.
Così deciso in Milano, il 4 dicembre 2012.
Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2012.
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Numero Protocolo Interno : 250/2012