Il debitore non può riscuotere la cauzione incamerata a titolo di multa e versata dall’aggiudicatario, dichiarato decaduto per mancato pagamento del saldo, in un procedimento esecutivo dichiarato estinto per rinuncia del creditore procedente.
Ciò è quanto emerge dall’ordinanza del 3 gennaio 2019 del Tribunale di Civitavecchia, Giudice Alessandra Dominici.
Non è infrequente il caso dell’offerente che, aggiudicatosi il bene staggito nell’apposita asta, non versi il prezzo nel termine e nel modo fissati dall’ordinanza di vendita a norma dell’art. 576 c.p.c. Verificandosi una tale ipotesi, l’art. 587 c.p.c. stabilisce che il G.E. con decreto dichiari la decadenza dell’aggiudicatario, pronunci la perdita della cauzione (art. 580 c.p.c.) a titolo di multa (art. 509 c.p.c.) e quindi disponga un nuovo incanto.
Secondo la Suprema Corte, “l’istituto della cauzione nell’espropriazione immobiliare risponde ad una logica essenzialmente sanzionatoria. La sua disciplina non è priva di una sua intrinseca ragionevolezza, anche se si tratta di sanzione destinata ad incrementare la massa attiva, e, quindi, al soddisfacimento dei creditori (art. 509 c.p.c.). Essa si pone come un onere processuale per il soggetto che voglia conseguire determinati risultati. E, come la decadenza, la sua perdita a titolo di multa, è pronunciata (ex art. 587 c.p.c.) indipendentemente dai motivi che l’hanno determinata in conseguenza dell’inadempienza dell’aggiudicatario; per avere egli agito senza la necessaria prudenza, in contrasto coi doveri di lealtà e probità che vietano di esporre il corso della giurisdizione ad intralci e ritardi. Come è già stato chiarito in giurisprudenza, la legge cioè, determinando una strettissima interdipendenza tra la decadenza dell’aggiudicatario, la fissazione della nuova vendita e confisca della cauzione (art. 587 c.p.c. e 176 disp. att. c.p.c.), ha costruito una strettissima triade procedimentale, entro la quale il mancato versamento del prezzo e le sue conseguenze assumono una colorazione essenzialmente obiettiva (cfr Cass. 19 giugno 1995 n° 6940). La cauzione costituisce una misura strumentale che non è correlata al danno provocato dall’interessato, ancorché ad essa non è estranea una funzione di garanzia, essendo la cauzione diretta ad assicurare l’adempimento degli obblighi derivanti dall’ordinanza di aggiudicazione” (cfr Cass. 10/01/2002 n° 255).
Ciò posto, va rilevato che, a seguito del secondo incanto, può accadere che il prezzo ricavato dalla vendita, sommato alla cauzione versata dall’aggiudicatario inadempiente, ed incamerata a titolo di multa, sia inferiore a quello dell’incanto precedente: in questo caso, l’aggiudicatario sarà condannato al pagamento della differenza. Per fare un esempio concreto, supponiamo che il prezzo ricavato dall’incanto precedente sommato alla cauzione confiscata sia pari a € 100.000,00 mentre il ricavato nel nuovo esperimento fissato dal G.E. sia stato di € 90.000,00: l’aggiudicatario inadempiente sarà condannato a versare la differenza di € 10.000,00 e correrà il rischio di subire, a sua volta, l’esecuzione forzata in caso di inadempimento.
Problemi interpretativi possono presentarsi in una seconda ipotesi, nella pratica non affatto frequente, in merito all’individuazione del soggetto legittimato alla ripetizione della cauzione versata, allorché la somma tra il ricavato d’asta e la cauzione siano, una volta sommati, superiori a quello dell’incanto precedente. Nell’esempio fatto € 110.000,00 nel nuovo incanto, rispetto a quello precedente di € 100.000,00. A chi andrebbe la differenza di € 10.000,00?
Secondo una parte della dottrina, il residuo attivo dopo la distribuzione del ricavato (comprensivo della cauzione incamerata) e la soddisfazione di tutti i creditori (ipotesi, come detto, infrequente ma che può verificarsi), andrebbe all’aggiudicatario pena l’ingiustificato arricchimento del debitore. Altra parte della dottrina ritiene che la perdita della cauzione, concorrendo a formare la somma da distribuire ex art. 509 c.p.c., vada a vantaggio del debitore.
Appare preferibile la seconda soluzione in virtù della natura sanzionatoria della cauzione (come visto) e dal dato letterale di cui all’art. 509 c.p.c. ultimo comma e dell’art. 510 c.p.c. da cui si evince per l’appunto: a) che la somma da distribuire è formata (art. 509 c.p.c.) “da quanto proviene a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, di rendita o provento delle cose pignorate, di multa e risarcimento di danno da parte dell’aggiudicatario; b) che il residuo delle somme ricavate (art. 510) all’esito della distribuzione è consegnato al debitore o al terzo che ha subito l’esecuzione”.
Può accadere che l’offerente aggiudicatosi il bene staggito non versi il saldo prezzo così come previsto dal GE, il quale però, prima di fissare un nuovo incanto dichiarando la decadenza dell’aggiudicatario (art. 587 c.p.c.) viene sollecitato ad adottare una pronuncia di estinzione della procedura, per rinuncia del creditore procedente, impedendo al Giudice stesso di esercitare il potere di dare ulteriore corso alla procedura con fissazione di una nuova asta.
È questo il caso molto particolare ed inedito, a quanto consta, esaminato dal Giudice Alessandra Dominici del Tribunale di Civitavecchia, il quale, con provvedimento del 03/01/2019, ha disposto, oltre che l’estinzione della procedura, il rigetto della richiesta del debitore, formulata ex art. 632 c.p.c., di assegnazione delle somme presenti nel conto del debitore medesimo. Ciò ad avviso del Tribunale, in ragione del titolo assegnato alle somme suddette, che, per effetto della dichiarazione di decadenza dell’aggiudicatario, sono state incamerate a titolo di multa.
Dalla concisa motivazione della decisione de qua, appare essere stata privilegiata la funzione meramente sanzionatoria della cauzione ricavabile dall’utilizzo del termine multa, che evoca le conseguenze punitive a causa di un fatto illecito. La particolarità del caso, è il fatto che la procedura è stata dichiarata estinta per rinuncia del creditore procedente, in un contesto in cui è stata dichiarata la decadenza dell’aggiudicatario e la rinuncia della esecuzione è avvenuta evidentemente prima del nuovo incanto.
In tale prospettiva, troverebbe applicazione l’art. 632, 2° comma, 1a parte, secondo cui “se l’estinzione del processo si verifica prima della aggiudicazione o della assegnazione, essa rende inefficaci gli atti compiuti”: il che significherebbe che la somma ricavata dalla procedura andrebbe restituita all’aggiudicatario perché altrimenti si realizzerebbe un indebito arricchimento del debitore e del creditore, estraneo allo scopo di garanzia identificabile nella multa/cauzione de qua.
In questo senso, apparirebbe corretta la decisione del Tribunale laddove ha negato la possibilità del debitore di chiedere la restituzione della cauzione non solo perché trattasi di somme incamerate a titolo di multa ma soprattutto perché richiesta da soggetto (il debitore) non legittimato, laddove il titolare del diritto alla ripetizione (alla luce della estinzione della esecuzione per rinuncia del creditore) sarebbe l’aggiudicatario decaduto.
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