ISSN 2385-1376
Testo massima
A norma dell’art.644 cpc “il decreto d’ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio della Repubblica, e di novanta giorni negli altri casi; ma la domanda può essere riproposta”.
Tale disposizione può essere esattamente compresa solo se interpretata sistematicamente con altri riferimenti forniti dal codice. In particolare, l’art.188 delle disposizioni di attuazione, il quale, nel disciplinare il procedimento per la dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo, così dispone:
“la parte alla quale non è stato notificato il decreto d’ingiunzione nei termini di cui all’articolo 644 del Codice può chiedere con ricorso al giudice che ha pronunciato il decreto che ne dichiari l’inefficacia.
Il giudice fissa con decreto un’udienza per la comparizione delle parti davanti a sé e il termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere notificati alla controparte. La notificazione è fatta nel domicilio di cui all’articolo 638 del Codice se avviene entro l’anno dalla pronuncia e personalmente alla parte a norma degli articoli 137 e seguenti del Codice se è fatta posteriormente.
Il giudice, sentite le parti, dichiara con ordinanza non impugnabile l’inefficacia del decreto ingiuntivo a tutti gli effetti.
Il rigetto dell’istanza non impedisce alla parte di proporre domanda di dichiarazione d’inefficacia nei modi ordinari”.
Deriva, dal combinato disposto degli articoli appena citati, che l’inefficacia del decreto ingiuntivo non notificato può essere oggetto di specifica pronuncia del Giudice funzionalmente competente, su istanza del debitore ingiunto.
A tal proposito, il tenore dell’art.188 disp.att. cpc va correttamente individuato con riferimento all’interpretazione che la giurisprudenza di legittimità ha fornito al riguardo.
Orbene, per costante orientamento (cfr. le sentenze nn. 5447 del 1999, 19239 del 2004, 19799 del 2006; e la sentenza delle Sezioni Unite n. 9938 del 2005), la Cassazione ritiene che il rimedio del ricorso per la dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo di cui all’art. 188 disp. att. c.p.c. sia ammesso soltanto con riguardo ai decreti non notificati o la cui notifica sia giuridicamente inesistente, mentre se il decreto è stato notificato, ancorché fuori termine e ancorché la notifica sia nulla, l’unico rimedio consentito all’intimato è quello dell’opposizione ai sensi dell’art. 645 cpc.
Sulla perentorietà del termine di cui all’art.644 cpc si è espresso, tra gli altri, il Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, in persona del dott. Federico Rolfi, con sent. n.134/2003, fornendo un’importante massima, da cui discendono conseguenze rilevanti per un’analisi che si proponga di chiarire quali siano gli effetti di un decreto ingiuntivo notificato tardivamente.
In tale pronuncia, il Giudice ha affermato che, senza alcun dubbio, il termine dei sessanta giorni per la notifica del decreto ingiuntivo va ritenuto perentorio, con la conseguenza che il Giudice non ha il potere di concedere alcuna proroga in favore del ricorrente. Tuttavia, l’eventuale notifica tardiva del provvedimento di ingiunzione non può che esser fatta valere dall’ingiunto nelle forme ordinarie dell’opposizione ex art.645 cpc, da esperirsi nel termine di quaranta giorni dalla conoscenza legale (sebbene oltre il termine prescritto dall’art.644 cpc) del provvedimento.
Tale principio è esattamente coerente con l’orientamento della Corte di legittimità sopra citato.
In sostanza, qualora la notificazione del decreto manchi o sia giuridicamente inesistente, l’ingiunto può utilizzare il celere procedimento previsto dall’art.188 disp.att. cpc, mentre, quando la notifica sia avvenuta regolarmente sebbene tardivamente al debitore non resta che agire nelle forme ordinarie dell’opposizione ex art.645 cpc per far valere la perentorietà del termine di cui all’art.644 cpc.
Un’importante conseguenza è subito tratta: il decreto ingiuntivo notificato tardivamente e non opposto nei termini di legge diviene definitivo, non restando al debitore rimedi esperibili per contestare la regolarità della notifica, né ovviamente la fondatezza del credito.
Il passaggio successivo del Giudice monzese, il cui orientamento è stato più di recente confermato dalla sentenza n. 21050 del 28-09-2006 della Corte di Cassazione, porta ad un’affermazione di particolare importanza per il ricorrente della fase monitoria: il debitore opponente che si limiti ad eccepire solo l’inefficacia del titolo tardivamente notificato non può impedire, in caso di costituzione e di riproposizione della domanda da parte dell’opposto creditore, che all’eventuale dichiarazione di inefficacia del decreto si accompagni la decisione da parte del giudice dell’opposizione in merito all’esistenza del diritto già fatto valere con il ricorso per ingiunzione.
In altri termini, se il creditore notifica il decreto ingiuntivo oltre il termine dei sessanta giorni ed il debitore eccepisce, nelle forme ordinarie del giudizio di opposizione ex art.645 cpc, l’inefficacia ex art.644 il Giudice dichiarerà sì verificatane la fondatezza l’inefficacia del provvedimento monitorio, ma non potrà sottrarsi all’obbligo di pronunciarsi sul merito della pretesa creditoria, se adeguatamente sollecitato dal creditore opposto.
E ciò perché, ha chiarito la Cassazione, con la sentenza n.951 del 16.01.2013, la dichiarazione di inefficacia del provvedimento non tocca, in difetto di previsione in tal senso, la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale; ne deriva che, ove su detta domanda si costituisca il rapporto processuale, ancorché su iniziativa della parte convenuta (in senso sostanziale) la quale eccepisca quell’inefficacia, il giudice adito, alla stregua delle comuni regole del processo di cognizione, ha il potere-dovere non soltanto di vagliare la consistenza dell’eccezione (con le implicazioni in ordine alle spese della fase monitoria), ma anche di decidere sulla fondatezza della pretesa avanzata dal creditore ricorrente (cfr., e plurimis, Cass. nn. 5055/1999, 11915/1990, 7234/1987, 4668/1986, 668/1986, 528/1979).
L’opposizione al decreto ingiuntivo, infatti, dà luogo a un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione, come tale esteso all’esame non soltanto delle condizioni di ammissibilità e di validità del procedimento monitorio, ma anche della fondatezza della domanda, sul merito della quale il giudice ha comunque l’obbligo di pronunciarsi, nel senso che deve accoglierla o rigettarla secondo che ritenga provato o non il credito dedotto; e ciò indipendentemente dalla validità, sufficienza e regolarità degli elementi in base ai quali sia stato emesso il decreto ingiuntivo, la cui eventuale insussistenza spiega rilevanza soltanto sul regolamento delle spese della fase monitoria.
Tale principio, si badi, risulta valido perfino nel caso-limite (all’esame della Corte di Cassazione nella pronuncia n.8955 del 18.04.2006) in cui il creditore sia rimasto contumace nel giudizio di opposizione in cui sia dedotta la tardività della notifica, dal momento che la contumacia non implica abdicazione o mutamento dell’originaria domanda (nel caso di specie il creditore aveva fatto seguito alla propria pretesa con la notifica del precetto di pagamento) né può dubitarsi circa l’identità del thema decidendum delimitato dall’opponente – qualora quest’ultimo abbia prospettato la propria domanda anche quale accertamento negativo della pretesa creditoria.
In altri termini, l’unica conseguenza pregiudizievole per il creditore che abbia notificato tardivamente il decreto ingiuntivo sembra essere quella relativa alla rilevanza della propria condotta ai fini della regolamentazione delle spese della fase monitoria.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere
Dott. BONOMO Massimo – Consigliere
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere
Dott. DEL CORE Sergio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA SAVOIA 33, presso l’Avvocato SIMONETTI LIA, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
A.U., elettivamente domiciliato in ROMA, via Arezzo 54, presso l’Avvocato MINDOPI FLAVIANO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 190/03 del Giudice di pace di VELLETRI, depositata il 20 marzo 2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 giugno 2006 dal Consigliere Dott. DEL CORE Sergio;
udito per il resistente, l’Avvocato MINDOPI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CALIENDO Giacomo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Il Giudice di pace di Velletri, con decreto emesso il 30 maggio 2002 su ricorso dell’Avv. S.A., ingiunse a A.U. il pagamento della somma di Euro 225,69, a titolo di prestazioni professionali.
L’ingiunto propose opposizione ed il Giudice di pace, con sentenza del 20 marzo 2003, dichiarò l’inefficacia del decreto ingiuntivo, perché notificato oltre il termine di cui all’art. 644 c.p.c. Della sopra compendiata sentenza, la S. ha chiesto la cassazione con ricorso sostenuto da due motivi.
Resiste l’ A. con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denunzia nullità della sentenza per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., rilevando che il Giudice di pace non doveva arrestarsi alla declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo, perché notificato oltre il termine di cui all’art. 644 c.p.c., ma avrebbe dovuto esaminare nel merito la pretesa creditoria azionata con il ricorso monitorio.
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia vizi di motivazione sull’accertamento della fondatezza della domanda giudiziale, avendo il Giudice di pace rilevato soltanto che la declaratoria di inefficacia del decreto non consentiva la trattazione delle altre domande.
Il primo motivo ò fondato.
Il giudice a quo si è limitato, in via pregiudiziale, alla declaratoria d’inefficacia del decreto, negando di potersi considerare investito del compito di statuire sulla sussistenza del credito fatto valere in causa; una istanza in tal senso era stata esplicitamente formulata dalla S. in via di subordine nella comparsa di costituzione e risposta, esaminabile in questa sede attesa la natura del vizio denunziato.
Ora, come è noto, la notificazione del decreto ingiuntivo oltre il termine di quaranta giorni dalla pronuncia comporta, ai sensi dell’art. 644 c.p.c., l’inefficacia del provvedimento, vale a dire rimuove l’intimazione di pagamento con esso espressa ed osta al verificarsi delle conseguenze che l’ordinamento vi correla, ma non tocca, in difetto di previsione in tal senso, la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale; ne deriva che, ove su detta domanda si costituisca il rapporto processuale, ancorché su iniziativa della parte convenuta (in senso sostanziale) la quale eccepisca quell’inefficacia, il giudice adito, alla stregua delle comuni regole del processo di cognizione, ha il potere-dovere non soltanto di vagliare la consistenza dell’eccezione (con le implicazioni in ordine alle spese della fase monitoria), ma anche di decidere sulla fondatezza della pretesa avanzata dal creditore ricorrente (cfr., e plurimis, Cass. nn. 5055/1999, 11915/1990, 7234/1987, 4668/1986, 668/1986, 528/1979).
Ciò in quanto l’opposizione al decreto ingiuntivo dà luogo a un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione, come tale esteso all’esame non soltanto delle condizioni di ammissibilità e di validità del procedimento monitorio, ma anche della fondatezza della domanda, sul marito della quale il giudice ha comunque l’obbligo di pronunciarsi, nel senso che deve accoglierla o rigettarla secondo che ritenga provato o non il credito dedotto; e ciò indipendentemente dalla validità, sufficienza e regolarità degli elementi in base ai quali sia stato emesso il decreto ingiuntivo, la cui eventuale insussistenza spiega rilevanza soltanto sul regolamento delle spese della fase monitoria.
Il secondo motivo, attinente al merito, resta assorbito.
Cassata la sentenza, la causa va rinviata, per un nuovo esame, al Giudice di pace di Velletri in persona di diverso decidente, cui si demanda la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Velletri in persona di diverso decidente.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2006
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Numero Protocolo Interno : 69/2006