È richiesta, quale elemento indefettibile del decreto ingiuntivo costituente vera condanna provvisoria, la motivazione sia pure emessa inaudita altera parte e con facoltà dell’ingiunto di proporre opposizione. Non esistono leggi o atti aventi forza ed efficacia di legge che individuino gli elementi costitutivi della motivazione del decreto ingiuntivo in modo differenziale rispetto agli altri provvedimenti giurisdizionali. Al decreto ingiuntivo si applica per analogia legis l’art. 132 n.4) c.p.c. che in relazione al contenuto della sentenza richiede “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”. Siffatta interpretazione è corroborata dalla particolare efficacia del D.I., suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata sul rapporto giuridico dedotto in difetto di opposizione o in caso di sua reiezione, racchiudendo in sé potenzialmente tre gradi di giudizio.
La totale assenza della parte motiva nel D.I. opposto costituisce figura sintomatica della ingiustizia della decisione condannatoria emessa nella fase monitoria proprio come l’assenza o la mera apparenza della motivazione costituivano figura sintomatica del vizio di eccesso di potere dell’atto amministrativo prima che con gli artt. 1 e 2 della legge 241/1990 l’assenza di una motivazione espressa divenisse vizio di violazione di legge.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Taranto, Giudice Alberto Munno, con l’ordinanza del 30 ottobre 2020.
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