La condotta del legale che omette di restituire al cliente la somma versatagli in deposito fiduciario configura un illecito permanente, in relazione al quale il momento in cui cessa la permanenza coincide con quello dell’indebita appropriazione e cioè con il momento in cui il professionista, sollecitato alla restituzione, nega il diritto del cliente sulla somma affermando il proprio diritto di trattenerla, a cui è equiparabile la negazione di averla ricevuta, sicché è da tale momento che inizia a decorrere il termine di prescrizione dell’illecito, in applicazione analogica dell’art. 158 c.p.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, Pres. Travaglino – Rel- Manzon, con la sentenza n. 23239 del 27 luglio 2022.
Accadeva che un avvocato proponeva ricorso Consiglio Nazionale Forense al fine di veder annullata la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione forense comminatagli dal Consiglio distrettuale di disciplina per la violazione degli artt. 9 co. 2; 10,17,35 e 30 del Codice deontologico forense.
Il principale illecito disciplinare contestato al professionista era l’impossessamento/trattenimento ingiustificato della somma che l’avvocato ha ricevuto in nome e per conto del cliente francese con cui aveva instaurato il rapporto lavorativo.
Il CNF rigettava il ricorso che veniva impugnato dall’avvocato dinanzi alla Corte di Cassazione.
Le Sezioni Unite, visti i motivi di gravame lo rigettavano ed osservavano che le condotte in esame integravano un rapporto contrattuale professionale e che pertanto risultava soggetto alle norme di deontologia forense.
La Corte riteneva che il comportamento serbato dal ricorrente non si esaurisse nella semplice percezione della somma di denaro da parte del cliente ma che, essendosi tale comportamento protratto nel tempo, avesse integrato la violazione anche degli artt. 41 e 42 CDF.
Il ricorso è stato rigettato con condanna alle spese.
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