In assenza di un contratto di consulenza, di gestione o deposito gestito, non sussiste alcun obbligo di monitoraggio sull’andamento del titolo successivo alla negoziazione, in quanto nel contratto di investimento con ulteriore rapporto di deposito all’intermediario finanziario è conferito un mero ordine di acquisto e amministrazione.
In altri termini, l’obbligo informativo e di protezione investe solo la fase pre-negoziale relativa al momento dell’acquisto del titolo ove si richiede all’intermediario di individuare le operazioni adeguate ed appropriate alla tipologia di investitore, disincentivando operazioni a rischio medio-alto incompatibili con il profilo del cliente.
Questi i principii espressi dal Tribunale di Modena, Giudice Giuseppe Pagliani con la sentenza n.791 del 07.05.2018.
Nella fattispecie processuale due Clienti agivano in giudizio contro una Banca con la quale – ciascuno con distinta posizione e autonomo rapporto – avevano stipulato un contratto di intermediazione finanziaria, di cui lamentavano un pregiudizio ritenendo responsabile l’intermediario, che non li informava sull’andamento dei titoli acquistati.
Resisteva in giudizio la Banca che chiedeva il rigetto delle domande attoree.
Il Giudice dapprima si è soffermato sulla posizione del Cliente Tizio, in particolare dal questionario che l’investitore compilava emergeva una elevata propensione al rischio, volendo il Cliente ottenere rendimenti elevati che di conseguenza comportavano rischi medio alti di cui risultava consapevole, essendo dotato di un’ampia esperienza nel settore finanziario, qualità confermata dal fatto che all’epoca del perfezionamento dell’operazione era direttore dell’Agenzia delle Entrate.
In altri termini, l’operazione ad alto rischio negoziata non risultava inadeguata o inappropriata rispetto al profilo del suddetto investitore, altresì dalle risultanze dibattimentali emergeva che la stessa Banca rappresentava al Cliente di contenere l’investimento altamente rischioso.
Sul punto, l’intermediario informava l’investitore della natura, rischi e implicazioni delle specifiche operazioni, ivi compreso il rating assegnato ai titoli e la natura dell’emittente, ciò nonostante il Cliente decideva di acquistare i titoli benché conoscesse il rischio di subire una rilevante perdita di capitale.
Il Tribunale ha osservato che l’operazione di investimento finanziario era stata eseguita correttamente dall’Istituto di credito che non risultava in alcun modo negligente, in particolare nel momento dell’acquisto dei titoli, l’operazione era adeguata ed appropriata alla tipologia di cliente e non si ravvisava alcun meccanismo d’incentivazione.
L’operazione risultava parimenti corretta anche nel successiva fase, in quanto in assenza di un contratto di consulenza, di gestione o deposito gestito, non sussiste alcun obbligo informativo e di monitoraggio sull’andamento dell’investimento successivo alla negoziazione, posto che nel contratto di investimento con ulteriore rapporto di deposito titoli all’intermediario finanziario è conferito un mero ordine di acquisto e amministrazione
Quanto alla posizione del Cliente Caio, emergeva che il suo profilo di rischio era dinamico, vale a dire finalizzato ad incrementare il patrimonio in modo significativo accettando rischi elevati, infatti, lo stesso aveva dischiarato alla Banca di essere dotato di ampia esperienza nel settore finanziario e di avere una elevata propensione al rischio.
Dalle risultanze istruttorie emergeva che Caio era figlio di un cliente storico della Banca convenuta, abituato ad operare in un contesto speculativo tanto da consigliare al figlio l’acquisto di obbligazioni dello Stato ellenico nonostante l’intermediario gli avesse prospettato un’alternativa meno rischiosa.
In altri termini, anche nei confronti di Caio la Banca da un lato, rappresentava i rischi e le caratteristiche delle obbligazioni in questione, spiegando che si trattava di obbligazioni il cui rischio era di non ricevere più indietro il denaro, e d’altro rappresentava la natura, i rischi, ivi compreso il rating assegnato ai titoli e la natura dell’emittente, specificando che sino a quel momento non aveva mai venduto un titolo greco proprio per l’elevato rischio di default del Stato, ciò nonostante il Cliente acquistava il titolo seguendo il consiglio del padre.
Il Tribunale anche in questo caso ha osservato che l’operazione di investimento finanziario era stata eseguita correttamente dall’Istituto di credito che non risultava in alcun modo negligente ribadendo i principi sopraesposti nei confronti di Tizio.
Alla luce delle suesposte considerazioni il Giudice ha rigettato le domande degli attori, con condanna alle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
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