ISSN 2385-1376
Testo massima
Il contratto di INTEREST RATE SWAP puro e semplice, che ha la funzione di copertura di un rischio (e non è meramente speculativo), trova la propria causa nello scambio di flussi corrispondente al differenziale che, nel tempo di esecuzione del contratto, si determina tra due tassi di interessi differenti e predefiniti, applicati a un capitale nozionale di riferimento, o mira a equilibrare l’oscillazione dei tassi variabili relativi al contratto di mutuo connesso.
Solo laddove il contratto di IRS sia stipulato a mero scopo speculativo, ai di fuori della funzione legata all’attività imprenditoriale, risulta assimilabile alla scommessa.
Orbene la variazione nel tempo dei tassi di interesse in modo sfavorevole al cliente non esclude l’originaria causa del contratto, tutto ciò rientrando nell’alea naturale dello stesso.
Questi sono i tre principi espressi dal Tribunale di Torino, giudice dott.ssa Silvia Vitro, con sentenza 24 aprile 2014, n. 2976, che espressamente si è pronunziato in merito alla asserita nullità del contratto IRS per mancanza di causa, ben chiarendo i principi giuridici sottesi a tale peculiare strumento finanziario.
In particolare è accaduto che, con ricorso ex art. 702 bis cpc dell’1/2/2013 una società ha chiamato in giudizio un istituto di credito, sul presupposto di aver stipulato un contratto di leasing con tasso variabile e di aver sottoscritto, contestualmente, un contratto di INTEREST RATE SWAP, pari alla metà del capitale finanziato, con il leasing al tasso del 4,79% contro euribor 3 mesi, contratto derivato che trasformava la metà del debito (funzione speculativa e non di protezione) in un finanziamento a tasso fisso, riducendo il rischio di rialzo tassi solo sulla metà del capitale finanziato.
La ricorrente si doleva che tale contratto avrebbe rappresentato una scommessa su di un elevato rialzo dei tassi, che comportava maggiori costi e rischi rispetto all’alternativa di accendere due finanziamenti distinti, metà a tasso fisso e metà a tasso variabile, oppure di acquistare un’opzione, e che esponeva maggiormente la contraente, nel caso opposto di ulteriore ribasso dei tassi (come era avvenuto), ad una obbligazione di importo elevatissimo (mark to market).
Per tale ragione, la società ha chiesto che il contratto fosse dichiarato nullo per difetto di causa.
Il Tribunale ha respinto la domanda, rilevando che il contratto di INTEREST RATE SWAP è un contratto atipico, di natura aleatoria, caratterizzato dallo scambio a scadenze prefissate dei flussi di cassa prodotti dall’applicazione di diversi parametri ad uno stesso capitale di riferimento (nozionale).
Tale contratto, se stipulato da un imprenditore che intenda tutelarsi dalla oscillazione dei tassi in riferimento ad un mutuo a tassi variabili, ha una precisa logica che impedisce di ritenerlo privo di causa, ed è irrilevante che i tassi di riferimento stabiliti, in concreto, si siano rivelati lontani da quelli di mercato, rientrando ciò nell’alea tipica del contratto
Solo laddove il contratto di IRS sia stipulato a mero scopo speculativo, ai di fuori della funzione legata all’attività imprenditoriale, risulta assimilabile alla scommessa.
Il Tribunale ha così espressamente dichiarato di non aderire alle decisioni sulla valutazione della causa del contratto di IRS espresse ultimamente dalla Corte d’Appello di Milano (sentenza 18/9/2013) e dal Tribunale di Torino (sentenza 17/1/2014).
In particolare tali decisioni contrarie avevano affermato i seguenti principi:
– il contratto di IRS rientra nella categoria della scommessa legalmente autorizzata; la cui causa, ritenuta meritevole dal legislatore dell’intermediazione finanziaria, risiede nella consapevole e razionale creazione di alee, che, nei derivati c.d. simmetrici, sono reciproche e bilaterali;
– perché l’alea sia razionale è necessario che gli scenari probabilistici e le conseguenze del verificarsi degli eventi siano definiti e conosciuti ex ante, con certezza, compresa la conoscenza degli eventuali costi impliciti;
– la mancata conoscenza, da parte del cliente, al momento della conclusione del contratto, del c.d. mark to market (inteso come il valore di mercato del contratto la cui stima venga effettuata attualizzando i flussi di cassa attesi», comporta la radicale nullità del contratto di IRS, perché esclude che l’investitore abbia potuto concludere la scommessa conoscendo il grado di rischio assunto (mentre la Banca aveva perfetta conoscenza del proprio rischio).
Il Giudice ha motivato il dissenso da tali decisioni che il contratto di IRS può avere una doppia causa:
1) può essere stipulato da imprenditore che intenda tutelarsi dalla oscillazione dei tassi in riferimento ad un mutuo a tassi variabili, quindi, il contratto derivato ha una precisa logica che impedisce di ritenerlo privo di causa, ed è irrilevante che i tassi di riferimento stabiliti, in concreto, si siano rivelati lontani da quelli di mercato, rientrando ciò nell’alea tipica del contratto (c.d. DERIVATO “HEDGING” o DI COPERTURA);
2) può essere stipulato a mero scopo speculativo, al di fuori della funzione legata all’attività imprenditoriale per cui è assimilabile alla scommessa (c.d. DERIVATO SPECULATIVO).
Per tali ragioni il Tribunale ha rigettato la domanda dell’investitore, affermando la piena validità del contratto IRS evidenziando la possibile duplice causa.
IL COMMENTO
In materia di derivati la giurisprudenza appare assai oscillante, mentre la dottrina nel dilagare del fenomeno e soprattutto a seguito della crisi finanziaria dovuta alle note vicende dei mutui sub prime si interroga invano nel tentativo di ricostruire una categoria ed una definizione onnicomprensiva di “contratto derivato”.
In particolare, tra le decisioni più disparate, è stato da molti ritenuto il contratto c.d. INTEREST RATE SWAP sia sempre affetto da nullità, per carenza della causa.
La verità che i c.d. “derivati” costituiscono un investimento finanziario altamente speculativo con una ampia componente di rischio, vale a dire l’alea tipica ed ineliminabile di tali contratti, per cui non si può sempre recriminare con l’intermediario finanziario ove il risultato economico abbia un esito negativo, ne può essere sostenibile la tesi che la variazione nel tempo dei tassi di interesse in modo sfavorevole al cliente esclude ex post l’originaria causa del contratto.
Ragionando in altri termini, e portando alle estreme conseguenze orientamento della Corte d’Appello di Milano (sentenza 18/9/2013) e dal Tribunale di Torino (sentenza 17/1/2014). – giustamente disatteso dal Giudice torinese ogni scommessa legalmente autorizzata finirebbe per non avere una causa, a meno che gli scenari probabilistici e le conseguenze del verificarsi degli eventi siano “definiti e conosciuti ex ante, con certezza”. Ma un tale orientamento porterebbe, anzitutto, a comprimere ingiustamente l’autonomia privata ingiustamente, determinando per l’effetto che anche le scommesse sportive IMPROBABILI potrebbero, in sede giudiziale, risultare affette dalla mancanza di causa, in quanto di difficile realizzazione.
In definitiva, se è lecita una qualsivoglia scommessa – anche la più improbabile – non può che ritenersi lecito anche il contratto INTEREST RATE SWAP, con il quale due parti “pronosticano” il risultato futuro relativo andamento dei tassi.
D’altronde, anche ad una lettura superficiale, espressioni quali “alea unilaterale“, “alea razionale“, “alea proporzionale” ed “alea reciproca“, categorie create ad hoc dalla giurisprudenza od elaborate dalla dottrina, risultano chiaramente ambigue o, quantomeno, forzate.
Per la verità, è lo stesso sostantivo alea a mal tollerare qualunque tipo di aggettivazione.
Infatti, a parte i casi-limite (difficilmente immaginabili nella pratica) in cui l’alea sia solo apparente (ed in realtà risulti già predeterminato di fatto il vantaggio per una delle parti), parlare di “alea unilaterale” è assolutamente un “nonsense”.
In un contratto aleatorio sia concesso il gioco di parole l’alea o c’è ed è piena o non c’è ed allora non si versa più nell’ipotesi di contratto aleatorio.
Detto ciò, tornando al caso specifico dei contratti derivati, non può sfuggire che, trattandosi di contratti atipici, questi vanno sottoposti al vaglio di “meritevolezza” ex art.1322 cc.
È evidente che, proprio in riferimento a tale giudizio di meritevolezza può trovare collocazione quella giurisprudenza che parla di “alea razionale”, ma solo nel senso che come in una qualsivoglia scommessa autorizzata, la causa del derivato, in tanto può dirsi meritevole, in quanto il rischio e l’alea che la caratterizzano siano state consapevolmente e razionalmente assunte dalle parti.
In questi termini il giudizio sull’alea si pone in stretta connessione con la sussistenza o meno di un’idonea causa “concreta” che sorregga le pattuizioni contrattuali.
Ma, come può ben ricavarsi, si tratta non di un giudizio oggettivo sulla possibilità di prevedere o conoscere (né tantomeno di incidere su) le probabilità che gli eventi oggetto della “scommessa” si verifichino, bensì di una valutazione del grado di informazione e di consapevolezza delle parti che assumano il rischio, ed in tal senso il contegno dell’intermediario viene in rilievo unicamente in riferimento agli specifici obblighi informativi da assolvere, in relazione alle differenti categorie di “clienti”.
Con la pronuncia qui in esame, in conclusione, si è finalmente fatta chiarezza sull’erroneità di taluni orientamenti giurisprudenziali, da ritenersi non conformi al dettato normativo vigente.
Testo del provvedimento
In allegato il testo integrale del provvedimento
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