In materia di derivati, il c.d. “market to market” rappresenta il valore corrente di mercato dello swap, calcolato secondo una simulazione giornaliera di chiusura della posizione contrattuale e di stima del conseguente debito/credito delle parti.
Esso non rientra nell’oggetto del contratto “Interest Rate Swap”, con la conseguenza che la sua mancata determinazione non incide sulla validità dello stesso.
Questo il principio di diritto espresso dal Tribunale di Bergamo, in persona del Giudice Chiara Mazzoni, con la sentenza del 20.10.2021 n.1816.
Nel caso di specie, una società conveniva in giudizio la banca con cui aveva intrattenuto un’operazione di Interest Rate Swap, lamentando – tra l’altro – la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto, con riferimento alla mancata indicazione del fair value del contratto oggetto di causa all’inizio del rapporto e del criterio di determinazione del c.d. Mark to Market.
Partendo dall’esame della tipologia di strumento derivato sottoscritto dal cliente, il Tribunale ha premesso che l’operazione di Interest Rate Swap (breviter, IRS) si configura come uno strumento finanziario socialmente tipico, caratterizzato dallo scambio di futuri pagamenti periodici di interessi, calcolati sulla stessa somma di capitale nozionale di riferimento, fino alla scadenza del contratto stesso.
L’IRS si definisce come contratto “over the counter”, volto a soddisfare le specifiche esigenze del cliente ed il cui contenuto è definito dalle parti, a differenza dei derivati cd. Standardizzati o uniformi, che sono eteroregolamentati: pertanto, non è non destinato alla circolazione, essendo privo del requisito della cd. negoziabilità.
La sua causa, oggetto di una logica probabilistica ma lontana dalla scommessa, consiste nella negoziazione e monetizzazione del rischio finanziario e riguarda dei differenziali calcolati su flussi di denaro destinati a formarsi durante un lasso temporale più o meno lungo (così, Cass. S.U. n. 8770/2020).
Ciò posto, oggetto dell’IRS è lo scambio di differenziali calcolati su un importo nozionale, ad una determinata scadenza e non comprende anche il “Mark to market” (MtM).
Richiamando la già citata pronuncia di legittimità a Sezioni Unite (n. 8770/2020), il Tribunale ha ribadito che gli elementi essenziali di un Interest Rate Swap sono:
“a) la data di stipulazione del contratto (trade date);
- b) il capitale di riferimento, detto nozionale (notional principal amount), che non viene scambiato tra le parti, e serve unicamente per il calcolo degli interessi;
- c) la data di inizio (effective date), dalla quale cominciano a maturare gli interessi (normalmente due giorni lavorativi dopo la trade date);
- d) la data di scadenza (maturity date o termination date) del contratto;
- e) le date di pagamento (payment dates), cioè quelle in cui sono scambiati i flussi di interessi;
- f) i diversi tassi di interesse (interest rate) da applicare al detto capitale”.
Laddove tali elementi – come nel caso di specie riscontrato dal Giudice bergamasco – siano chiaramente esplicitati in contratto, non v’è spazio per alcuna declaratoria di nullità per indeterminatezza dell’oggetto ex artt. 1418, 1325, n. 2 e 1346 c.c.
Venendo all’esame del merito della doglianza attorea (nullità per mancata indicazione del “Mark to Market”), il Tribunale ha riscontrato come – nel caso di specie – il MtM fosse stato in realtà ben indicato nella modulistica contrattuale, ma per completezza ricostruttiva in punto di diritto ha precisato che quest’ultimo non rappresenta un prezzo da indicare nel contratto, bensì un valore di sostituzione del derivato in un dato momento, influenzato da una serie di fattori in caso di risoluzione anticipata.
Precisamente, questo rappresenta tecnicamente un “valore” (e non un prezzo) non concreto e attuale, bensì “una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata. Il valore del mark to market, infatti, è influenzato da una serie di fattori ed è quindi sistematicamente aggiustato in funzione dell’andamento dei mercati finanziari” (v. Cass. n. 9644/16).
Detto ancora in altri termini, il Mark to Market rappresenta “il costo al quale una parte può anticipatamente chiudere il contratto o un terzo estraneo all’operazione è disposto, alla data della valutazione, a subentrare nel derivato”: in definitiva, esso può essere considerato il valore corrente di mercato dello swap, calcolato secondo una simulazione giornaliera di chiusura della posizione contrattuale e di stima del conseguente debito/credito delle parti (v. Trib. Mi, sent. n. 4193/2021).
A ciò si aggiunga che i dati necessari per la determinazione del valore del Mark to Market risultano reperibili attraverso l’utilizzo di applicativi pubblicamente disponibili (v. C. App. Mi, sent. 921/2021).
Ad ogni buon conto, se il Mark to Market, in definitiva, non fa parte dell’oggetto del contratto di Interest Rate Swap, la sua mancata indicazione all’interno del contratto non ne comporta la nullità per indeterminatezza dell’oggetto.
Per tutti i suesposti motivi, pertanto, il Tribunale ha disatteso la domanda attorea, con condanna alle spese.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
Il valore dell’IRS discende dal confronto tra le obbligazioni assunte dai due contraenti
Sentenza | Tribunale di Parma, Giudice Marco Vittoria | 15.10.2019 | n.1376
CONTRATTI DERIVATI: l’alea razionale non influenza la causa
Non può dichiararsi la nullità per mancata indicazione del mark to market
Sentenza | Tribunale di Firenze, Giudice Massimo Maione Mannamo | 11.05.2020 | n.1041
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