ISSN 2385-1376
Testo massima
Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Roberto Rusciano del Foro di Napoli
Ai fini della attribuzione della categoria di operatore qualificato, è sufficiente l’espressa dichiarazione per iscritto da parte dello stesso (società o persona giuridica) di disporre della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in valori mobiliari la quale esonera l’intermediario dall’obbligo di ulteriori verifiche, in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione già in suo possesso.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Bari, sezione distaccata di Rutigliano, Giudice Dott.ssa Marisa Attollino, con la sentenza n. 1284 del 08.03.2016.
Nella fattispecie in esame, una società ed i suoi fideiussori convenivano in giudizio una banca-intermediaria al fine di far valere la nullità delle operazioni del contratto di swap e dei singoli contratti posti in essere in esecuzione di quello, la violazione da parte dell’intermediario degli obblighi di carattere informativo dettati dal T.U.F. e dal Regolamento Consob, con conseguente invalidità dei medesimi contratti per violazione di norme imperative ex art.1418 c.c. e obbligo per la Banca di ripetere quanto indebitamente ricevuto, ovvero, in alternativa, obbligo per la Banca di risarcire il danno, commisurato agli importi addebitati sul conto corrente d’appoggio a titolo di differenziali maturati sugli swap.
Si costituiva in giudizio l’istituto di credito convenuto il quale, respingendo in toto gli addebiti mossi, spiegava domanda riconvenzionale per l’accertamento della propria pretesa creditoria e la condanna degli attori al pagamento delle somme già intimate stragiudizialmente.
Il Tribunale adito, nel rigettare la domanda attorea, ha in primis rilevato che dal contratto di swap stipulato tra le parti risultava che la società contraente aveva dichiarato di essere un “operatore qualificato”, assumendo quindi di possedere qualità ed esperienza professionale nel settore degli investimenti bancari e che, per costante giurisprudenza, grazie a tale dichiarazione, una società o persona giuridica viene elevata al rango di investitore sofisticato, perdendo così tutte le tutele che il Regolamento Consob n. 11522 del 1998 prescrive a favore di quei clienti non esperti dei meccanismi del mercato finanziario.
Infatti, l’art. 31, co.1 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998 recita testualmente che “A eccezione di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo tra le parti, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32, commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39, 40, 41, 42, 43, comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, e canna 7, lettere b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62.
Per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d’origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante”.
Al riguardo, anche la Cassazione, con la sentenza n. 12138 del 2009, ha sancito che “in tema di contratti di intermediazione mobiliare, ai fini dell’appartenenza del soggetto che stipula il contratto con l’intermediario finanziario, alla categoria degli operatori qualificati, è sufficiente l’espressa dichiarazione per iscritto da parte dello stesso (società o persona giuridica) di disporre della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in valori mobiliari la quale esonera l’intermediario dall’obbligo di ulteriori verifiche, in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione già in suo possesso; pertanto, salvo allegazioni contrarie in ordine alla discordanza tra contenuto della dichiarazione e situazione reale, tale dichiarazione può costituire argomento di prova che il giudice può porre alla base della propria decisione, ex art.116 c.p.c., anche come unica fonte di prova, restando a carico di chi detta discordanza intenda dedurre l’onere di provare circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di detti requisiti e la conoscenza da parte dell’intermediario delle circostanze medesime o almeno la loro agevole conoscibilità in base agli elementi obiettivi di riscontro”.
Proseguendo, il Giudice ha, altresì, osservato che la società attrice non aveva dedotto né dimostrato alcuna discordanza tra dichiarazione sottoscritta e situazione reale, al fine di escludere la sussistenza in concreto della propria competenza ed esperienza in materia di valori mobiliari, oltre a non provare circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di detti requisiti e la conoscenza da parte dell’intermediario mobiliare delle circostanze medesime, o almeno la loro agevole conoscibilità in base ad elementi obiettivi di riscontro, già nella disponibilità dell’intermediario stesso o a lui risultanti dalla documentazione prodotta dal cliente.
Sul punto, infatti, il Tribunale barese ha ritenuto di non ammettere la prova testimoniale offerta dagli attori, poiché la stessa risultava carente dell’indicazione di specifici fatti, della loro collocazione temporale e tendente a far narrare ai testi circostanze nemmeno ivi indicate, ma anche perché era insufficiente a dimostrare la discordanza fra quanto dichiarato dal legale rappresentante della società attrice nei contratti di swap oggetto di causa e l’asserita carenza dei requisiti di professionalità indicati, ha ritenuto che anche le risultanze della ctu erano affette da errori matematici, oltre a contenere valutazioni giuridiche nemmeno richieste al consulente.
Il Tribunale adito, nel rigettare ogni domanda attorea relativa alla dedotta invalidità ed inefficacia dei derivati oggetto di causa, ha chiarito che lo swap è un contratto essenzialmente aleatorio, in forza del quale le parti si scambiano, a scadenze prestabilite, delle somme di danaro calcolate applicando ad un identico ammontare di riferimento (il c.d. nozionale) due diversi parametri (tassi di interesse, di cambio, indici di mercati regolamentati ecc.), il cui valore dipende da variabili sottostanti, che possono essere utilizzati per effettuare operazioni finanziarie di copertura dei rischi legati alle variazioni dei tassi di interesse e di cambio ovvero con finalità meramente speculativa.
Pertanto, la circostanza che i contratti oggetto di causa nel tempo siano risultati svantaggiosi per la società contraente non ha alcuna rilevanza perché ciò è una caratteristica della natura aleatoria del contratto e non inficia la causa di questo.
Per contro, la banca convenuta ha dimostrato la fondatezza della domanda riconvenzionale, depositando in atti sia i contratti di apertura del conto corrente (concluso con l’invio della proposta da parte dell’istituto di credito e l’accettazione della cliente, dunque perfettamente valido), con le relative condizioni economiche sottoscritte dalle parti, i negozi di garanzia, l’estratto di saldaconto con l’attestazione di cui all’art. 50 D.Lgs. 385/93 (all. 3 del fascicolo di parte convenuta), oltre a tutti gli estratti conto periodici.
Detta documentazione, a giudizio del Tribunale, è stata ritenuta sufficiente a comprovare il credito vantato, atteso che dalla stessa non sono stati individuati profili di invalidità delle clausole pattuite ed accettate dalla correntista e dai garanti che potessero aver modificato il saldo richiesto, né la contraente ha specificamente impugnato singoli addebiti o accrediti che avessero potuto modificare i saldi periodici. Anzi, con la previsione della clausola della capitalizzazione infrannuale degli interessi sia attivi che passivi, come da delibera CICR del 9 febbraio 2000, erano state convenute specificamente tutte le altre condizioni contrattuali (tasso di interessi applicato, cms e spese), ed infine il tasso ivi indicato risultava contenuto nei limiti di quello usurario all’epoca applicabile – così come quantificabile, a seguito della maggiorazione della metà, dalla rilevazione dei tassi effettivi globali medi per il periodo, sulla base del decreto adottato trimestralmente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e pubblicato in attuazione della legge 7 marzo 1996, n. 108.
Non avendo l’attrice contestato specificamente le risultanze degli estratti conto periodici inviati dalla banca alla correntista, le relative risultanze sono state ritenute dunque approvate ex art. 1832 c.c..
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il Tribunale di Bari ha rigettato la domanda di parte attrice, accolto la domanda riconvenzionale della banca convenuta, condannando l’attrice al pagamento della somma richiesta dall’istituto di credito ed alle spese di lite.
Sul punto, si richiamano i seguenti precedenti giurisprudenziali:
DERIVATI: LA DICHIARAZIONE DI OPERATORE QUALIFICATO ESONERA BANCA DA VERIFICHE
NON È POSSIBILE DESUMERE L’ASSENZA DI ESPERIENZA DALL’INCAUTO INVESTIMENTO DEL CLIENTE
Sentenza Corte d’Appello di Bologna, Sezione Seconda, Pres. Colonna Rel. Ferrigno 23 01-2015 n.112
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 140/2016