ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di contratti di intermediazione mobiliare, ai fini dell’appartenenza del soggetto, che stipula il contratto con l’intermediario finanziario, alla categoria degli operatori qualificati, è sufficiente l’espressa dichiarazione per iscritto da parte dello stesso di disporre della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in valori mobiliari – ai sensi dell’art. 13 del regolamento Consob approvato con delibera 2 luglio 1991 n. 5387 – la quale esonera l’intermediario dall’obbligo di ulteriori verifiche, in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione già in suo possesso.
Salvo allegazioni contrarie in ordine alla discordanza tra contenuto della dichiarazione e situazione reale, tale dichiarazione può costituire argomento di prova che il giudice può porre alla base della propria decisione, art. 116 c.p.c., anche come unica fonte di prova, restando a carico di chi detta discordanza intenda dedurre l’onere di provare circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di detti requisiti e la conoscenza da parte dell’intermediario delle circostanze medesime o almeno la loro agevole conoscibilità in base ad elementi obiettivi di riscontro.
La ratio della normativa è quella di richiamare l’attenzione del cliente circa l’importanza della dichiarazione ed a svincolare l’intermediario dall’obbligo generalizzato di compiere uno specifico accertamento di fatto sul punto, tenuto anche conto che nella disposizione in esame non si rinviene alcun riferimento alla rispondenza tra il contenuto della dichiarazione e la situazione di fatto effettiva e non è previsto a carico dell ‘intermediario alcun onere di riscontro della veridicità della dichiarazione, riconducendo invece alla responsabilità di chi amministra e rappresenta la società dichiarante gli effetti di tale dichiarazione.
Sono questi i principi di diritto ribaditi, sulla scorta di consolidata giurisprudenza, dal Tribunale di Torino, in persona del dott. Giovanni Liberati, con la sentenza n.3462 del 13 maggio 2014, intervenendo con argomentazioni ampie e precise su un tema di spiccata attualità, al centro di un vasto contenzioso tra clienti ed istituti di credito.
Punto nevralgico della pronuncia, la questione circa la sussistenza, la veridicità e gli effetti della dichiarazione di “operatore qualificato“.
L’attuale contesto normativo, infatti, è incentrato sul sistema della “graduazione della tutela”, tale che le regole di comportamento degli intermediari devono diversamente atteggiarsi, a seconda delle diverse esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e l’esperienza professionale dei medesimi (art. 6, co. 2 del TUF).
Sul punto, può essere utile ricordare il principio espresso dalla Corte di legittimità, nella prima pronuncia sulla questione del valore della dichiarazione di essere operatore qualificato rilasciata dal legale rappresentante della società o persona giuridica. Trattasi della sentenza n.12138 del 26 maggio 2009, richiamata espressamente dal Tribunale piemontese. In essa, gli Ermellini hanno chiarito che “la natura di operatore qualificato discende dalla contemporanea presenza di due requisiti: uno di natura sostanziale, vale a dire l’esistenza della specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari in capo al soggetto (società o persona giuridica); l’altro, di carattere formale, costituito dalla espressa dichiarazione di possedere la competenza ed esperienza richiesta, sottoscritta dal soggetto medesimo“.
Quanto alla pronuncia qui in esame, la vicenda trae origine dalla domanda con la quale una società ha convenuto in giudizio la banca con la quale aveva stipulato (e successivamente rimodulato) contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari c.d. “derivati”, deducendone la nullità, in quanto strutturati in modo da generare sicuri vantaggi economici per la banca e sicure perdite per la attrice, nonché chiedendo la risoluzione ed il risarcimento dei danni, per violazione di tutti gli obblighi di comportamento posti a carico degli intermediari finanziari dalla normativa di settore e degli obblighi generali di correttezza e buona fede stabiliti dal codice civile, eccependo vieppiù l’inadeguatezza degli strumenti rispetto alle proprie esigenze.
Dal proprio canto, la convenuta Banca, ha contestato tutti gli addebiti, ricostruendo diversamente i fatti ed avvalendosi delle dichiarazioni testimoniali dei propri funzionari, direttamente interessati nella vicenda.
All’esito di una complessa istruttoria, il Tribunale si è soffermato, in parte motiva, preliminarmente sul concetto di “swap”, identificato come strumento derivato che consiste nello scambio di flussi di cassa tra due controparti.
A tal riguardo, questione assai dibattuta è quella relativa al se tale contratto derivato sia o meno sorretto da una causa e se tale causa sia “meritevole” ex art.1322 cc.
In dottrina ed in giurisprudenza si è spesso sostenuto anche di recente la nullità per asserita mancanza dell’elemento causale, almeno ogniqualvolta l’alea che contraddistingue tale tipo di contrattazione manchi, ovvero sia soltanto “unilaterale”(*).
A tale precisa contestazione, il Giudice torinese ha risposto, analizzata la situazione di fatto sulla base delle risultanze processuali, non ritenendo ravvisabile la dedotta nullità per mancanza di causa, per effetto della asserita (preventivata) assenza di rischio per la banca e, dunque, di alea, e rinvenendo nel contratto stipulato lo schema “tipico” dello SWAP, più volte ritenuto valido, lecito e ammissibile, consiste nello scambio fra le parti, in relazione ad un importo di riferimento dell’andamento dei due tassi (“il cui andamento non era noto a priori, con la conseguenza che non pare condivisibile l’affermazione della attrice circa l’insussistenza di alea o rischio per la banca”).
Disattesa tale doglianza, il Giudice si è soffermato sulla veridicità ed effettività della dichiarazione di “operatore qualificato”, ritenendo provato il fatto che essa fosse stata resa consapevolmente (vale a dire previa idonea informativa da parte della Banca, nonché nell’assenza di ulteriori elementi dai quali potesse evincersi la natura “non qualificata” del cliente), validamente, per iscritto e, per di più, confermata a più riprese, nel corso delle varie rinegoziazioni del contratto originario, nonché dell’acquisto di ulteriori strumenti finanziari derivati.
Una tale prova è stata raggiunta mediante le dichiarazioni degli stessi funzionari della Banca che avevano posto in essere materialmente le negoziazioni, smentendo di fatto la prospettazione di parte attrice e confermando la condotta ineccepibile dell’istituto di credito.
Infatti, confermando l’orientamento giurisprudenziale dominante, tale dichiarazione esime l’intermediario finanziario dagli OBBLIGHI INFORMATIVI di cui agli articoli 27, 28, 29 e 30, comma 1, del regolamento Consob n.11522 del 1998 (“A eccezione di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo tra le parti, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e COMMI e 3, 32, commi 3 ,4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39, 40, 41, 42, 43, comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, comma 7, lettere b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62.”, così il primo comma dell’art. 31 del suddetto regolamento Consob“).
Né sull’intermediario grava alcun obbligo di verificare la corrispondenza della situazione di fatto a quanto formalmente e consapevolmente dichiarato, spettando al cliente l’onere della prova contraria, a meno di eventuali discordanze emergenti ictu oculi dalle informazioni in possesso dell’istituto.
Per tali ragioni, richiamando i principi di diritto sopra enucleati, il Tribunale ha disatteso la domanda di parte attrice, condannandola alla rifusione delle spese e ponendo così un chiaro limite ai tentativi di rivalersi nei confronti dell’istituto di credito, ogniqualvolta la contrattazione in strumenti derivati effettuata nella piena consapevolezza del rischio assunto e con l’assistenza informativa dovuta dall’intermediario, nei limiti previsti dalla legge per ciascuna categoria di clienti si risolva, per l’acquirente, in gravi perdite finanziarie, dovute all’andamento sfavorevole dei tassi o delle valute di riferimento.
(*) Tale tesi è stata di recente smentita, tra gli altri, dal Tribunale di Torino, con un’interessante pronuncia già oggetto di commento su questa rivista (Sentenza – Tribunale di Torino, Dott.ssa Silvia Vitro – 24-04-2014 – n.2976 ).
Testo del provvedimento
In allegato il testo integrale del provvedimento
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