ISSN 2385-1376
Testo massima
Concludere contratti derivati sempre più speculativi non incide sulla liceità della causa, considerando che i derivati sono contratti riconosciuti dall’ordinamento come tipicamente aleatori e che l’investitore ben potrebbe, quale alternativa alla rinegoziazione, interrompere il rapporto e saldare il debito.
Questo il principio enunciato dalla Corte d’Appello di Milano, sez. prima, Pres. Vigorelli Rel. Fontanella, con la sentenza del 03.03.2016 n. 858.
Nella fattispecie in disamina, le società attrici adivano in giudizio l’Istituto di credito con cui avevano stipulato un contratto di leasing nel 1999 associato a un contratto derivato il cui investimento era stato loro consigliato dalla banca al fine di coprire il rischio dell’oscillazione dei tassi di interesse sulle rate del leasing.
Dopo il primo contratto swap, ne erano succeduti ben altri quattordici tra le stesse parti contraenti. Ognuno di questi contratti andava a sostituire quello in corso che di conseguenza cessava prima della scadenza naturale.
La questione si basa sul fatto che le due attrici sostenevano che i contratti derivati, successivi al contratto quadro, venivano stipulati unilateralmente dalla banca senza il consenso delle società; dal canto suo, la banca si difendeva asserendo che tali contratti venivano conclusi telefonicamente in quanto la loro natura non necessita della forma scritta né della firma della controparte.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza impugnata, ha respinto le domande proposte dalle attrici: queste, infatti, chiedevano al giudice la nullità, l’annullabilità, il dolo o la presupposizione, la risoluzione per inadempimento di tutti i contratti; chiedevano, altresì, la condanna della banca alla restituzione di quanto illegittimamente addebitato sui conti correnti in relazione a detti contratti, oltre al risarcimento del danno.
Il giudice di prime cure, però, contrariamente a quanto richiesto dalle attrici, stabiliva che la stipulazione dei contratti era in linea con il dato formale e con il profilo economico delle due società, per il quale gli strumenti derivati si presentavano adeguati, alla luce della previsione di crescita progressiva e costante dei tassi di interesse nel periodo, qualificato come fatto notorio.
Contro questa sentenza le società proponevano appello.
In particolare, le appellanti sostenevano le violazioni degli articoli 28 e 29 del Regolamento Consob circa gli obblighi dell’intermediario di informare il cliente dei rischi e di segnalare l’inadeguatezza degli investimenti. In relazione a ciò, la Corte ha rilevato che le clienti, fin dall’inizio del rapporto creditizio, hanno rilasciato la dichiarazione di competenza di cui all’art. 31 Reg. Consob 11522/98 per conto del legale rappresentante.
Secondo le appellanti, la banca aveva un obbligo di verifica della veridicità della dichiarazione rilasciata dal legale rappresentante. Tuttavia, detto onere è stato escluso dalla giurisprudenza, secondo cui: “In tema di contratti di intermediazione mobiliare, ai fini dell’appartenenza del soggetto, che stipula il contratto con l’intermediario finanziario, alla categoria degli operatori qualificati, è sufficiente l’espressa dichiarazione per iscritto da parte dello stesso (società o persona giuridica) di disporre della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in valori mobiliari- ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento Consob la quale esonera l’intermediario dall’obbligo di ulteriori verifiche, in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione già in suo possesso; pertanto tale allegazione può costituire argomento di prova che il giudice può porre alla base della sua decisione, ex art. 116 c.p.c., anche come unica fonte di prova, restando a carico di chi ha detta discordanza intenda dedurre l’onere di provare circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di detti requisiti e la conoscenza da parte dell’intermediario delle circostanze medesime o almeno la loro agevole conoscibilità in base ad elementi obiettivi di riscontro” (cfr. Cass. Sez. I, Sentenza n. 12138/2009).
V’è da considerare, inoltre, che non è credibile che le società abbiano operato per anni in strumenti finanziari così particolari quali i derivati, impegnando e compromettendo rilevanti risorse societarie, solo aderendo a corrispondenti richieste della banca e senza comprendere appieno il funzionamento e le implicazioni. Se, infatti, i derivati acquistati non avessero avuto affatto finalità di copertura del rischio di rialzo tasso, ma soltanto finalità speculative, non si comprende per quali motivi le attrici li avrebbero sottoscritti.
La Corte adita ha quindi, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di primo grado, dichiarato la nullità del contratto di acquisto del prodotto finanziario derivato “Inflazione Swap”; e confermato per il resto la sentenza impugnata.
Per ulteriori approfondimenti, si veda:
INTEREST RATE SWAP: CAUSA DEL CONTRATTO ED INDICI DELLA FINALITÀ DI COPERTURA
LO SCOPO DI ELIMINARE L’INCERTEZZA DELL’OSCILLAZIONE DEI TASSI VARIABILI AVVICINA IL DERIVATO ALLA CAUSA ASSICURATIVA
Ordinanza Tribunale di Genova, dott.ssa Emanuela Giordano 30-11-2015
DERIVATI: L’ATTRIBUZIONE DELLA CATEGORIA DI OPERATORE QUALIFICATO
È SUFFICIENTE LA DICHIARAZIONE DEL CLIENTE, IN MANCANZA DI EVIDENZE CONTRARIE
Sentenza, Tribunale Di Bari Sez. Dist. Di Rutignano, Dott.Ssa Marisa Attollino, 08-03-2016 N.1284
INTEREST RATE SWAP: LA CAUSA CONCRETA SI INDIVIDUA NELL’ALEATORIETÀ BILATERALE
È VALIDO IL NEGOZIO SE LE PARTI HANNO ACCETTANO AB ORIGINE IL RISCHIO
Sentenza | Corte di Appello di Milano, Pres. Secchi Rel. Boiti | 25-05-2015 | n.2244
Testo del provvedimento
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