ISSN 2385-1376
Testo massima
LA MASSIMA
In tema di intermediazione finanziaria, il titolo di studio o l’attività professionale in precedenza esercitata dal cliente [nel caso di specie un insegnante in pensione] non valgono ad affermare, ma neanche ad escludere sic et simpliciter, il possesso in capo al medesimo dei requisiti di esperienza e conoscenza dichiarati.
L’inserimento del cliente nel campo dell’attività commerciale internazionale, oltre a costituire giustificazione causale sottostante dei derivati perfezionati, giustifica e si pone in termini di coerenza intrinseca astratta con la dichiarazione autoreferenziale resa, escludendo la configurabilità in capo alla controparte contrattuale di una consapevolezza dell’insussistenza dei requisiti dichiarati.
La pregressa operatività in derivati – mai contestata dal cliente, per un periodo tempo ampio e duraturo è elemento dal quale far desumere la correttezza della dichiarazione autoreferenziale ex art. 31 TUF secondo comma.
Il cliente che intenda far valere l’inadempimento dell’intermediario finanziario agli oneri informativi non può limitarsi a deduzioni generiche, ma deve specificare, in termini di concretezza, sotto quale aspetto sarebbero stati violati gli obblighi contrattuali.
IL CONTESTO NORMATIVO
Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58: Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria
Art. 23
(Contratti)
1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all’articolo 1, comma 5, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.
2. E’nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto.
3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente.
4. Le disposizioni del titolo VI, capo I, del T.U. bancario non si applicano ai servizi e attività di investimento, al collocamento di prodotti finanziari nonché alle operazioni e ai servizi che siano componenti di prodotti finanziari assoggettati alla disciplina dell’articolo 25-bis ovvero della parte IV, titolo II, capo I. In ogni caso, alle operazioni di credito al consumo si applicano le pertinenti disposizioni del titolo VI del T.U. bancario..
5. Nell’ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l’articolo 1933 del codice civile.
6. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.
ART. 31 REG. CONSOB n.11522/1998 (e successive modifiche)
(Rapporti tra intermediari e speciali categorie di investitori)
1. A eccezione di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo tra le parti, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32, commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39, 40, 41, 42, 43, comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62.
2. Per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d’origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante.
IL CASO
Il Tribunale di Milano, giudice Francesco Ferrari, con sentenza del 23 giugno 2014, torna ad occuparsi della questione del valore da attribuirsi alla dichiarazione di essere operatore qualificato nella conclusione di contratti derivati.
Nel caso di specie, è accaduto che una società, dopo aver stipulato e dato esecuzione a ben 22 contratti in derivati, articolatisi nell’arco di cinque anni (dal 2001 al 2006) e poi risolti per mutuo consenso, al fine di adeguare la copertura alle mutate condizioni di cambio fra le valute, ha convenuto in giudizio una banca, contestando la mancata sottoscrizione del contratto quadro, nonché dei singoli contratti successivi, e la mancata sussistenza dei requisiti di operatore qualificato a carico dell’amministratore della società, per essere questi un insegnante in pensione.
La questione è stata risolta dal Giudice milanese in applicazione dei principi ampiamente consolidati nella giurisprudenza di merito e di legittimità.
Preliminarmente ed è la peculiarità del caso de quo il Giudice ha rilevato che nel corso del rapporto, durato per oltre un quinquennio, la società investitrice non aveva sollevato alcuna contestazione sulla validità dei contratti o della dichiarazione autoreferenziale di operatore qualificato, tenendo un contegno in evidente e insanabile contrapposizione con la pretesa fatta valere in giudizio.
Quanto alle eccezioni formali sul contratto quadro e sulla dichiarazione di operatore qualificato, il Tribunale ha avuto “gioco facile” nel riscontrarne la piena validità, a fronte della produzione degli originali dei contratti da parte dell’istituto di credito e stante la tardività del disconoscimento operato dal difensore della cliente.
Sulla questione dell’efficacia della dichiarazione di operatore qualificato ex art.31 Reg. Consob n. 11522/1998, il dott. Ferrari ha richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che sostiene come la dichiarazione autoreferenziale provata nella sua validità formale implichi solo una sorta di inversione dell’onere probatorio diretto a dimostrare il o contrario di quanto dichiarato, ossia comporta per il dichiarante che intenda dimostrare la non corrispondenza alla realtà di quanto affermato la necessità di fornire elementi probatori e indiziari idonei a superare il principio di prova di segno contrario (rappresentato dalla dichiarazione da egli resa), il tutto con la dimostrazione ulteriore della consapevolezza in capo all’intermediario finanziario delle circostanze atte a far ritenere che quanto dichiarato non rispondesse alla realtà.
Nel caso di specie, tuttavia, a sostegno di tale difesa l’attrice aveva dedotto solo che la legale rappresentante della società sarebbe stata un’insegnante in pensione, circostanza che di per sé avrebbe dovuto portare la banca ad escludere la sussistenza dei requisiti dichiarati.
Sottolineando come la tesi non possa essere condivisa, il Tribunale ha considerato che il titolo di studio o l’attività professionale in precedenza esercitata non valgono certo ad affermare, ma neanche ad escludere sic et simpliciter, il possesso in capo a un soggetto dei requisiti di esperienza e conoscenza dichiarati.
Elemento di coerenza rispetto alla dichiarazione autoreferenziale di cui all’art.31 Reg. Consob 11522/1998, è stato tratto dalla circostanza che l’attrice aveva operato nel campo dell’attività commerciale internazionale, il che fornisce, vieppiù, giustificazione causale all’operazione in derivati.
Il Giudice ha altresì avuto modo di superare, tra le argomentazioni rese in parte motiva, una delle eccezioni che più spesso ricorrono nelle cause proposte dai clienti avverso gli intermediari finanziari, in materia di derivati, vale a dire che tali operazioni sarebbero prive di giustificazione causale.
La causa, in tal caso, esiste ed è lecita (recte, meritevole ex art.1322 cc) e va individuata nell’alea accettata dalle parti in relazione allo scambio di due rischi connessi, che, assunti dai due contraenti, derivano dalla vicendevole entità degli importi che matureranno a carico di ciascuno, e quindi dei differenziali che potranno risultare a carico o a favore di ciascuno (ciascuno assume il rischio che il proprio parametro vari in termini a sé sfavorevoli, e favorevoli alla controparte, che quindi risulti a suo carico il differenziale, e non a suo favore).
Confermando una tesi già ampiamente trattata su questa rivista, viene ribadito che la componente aleatoria è intrinseca alla natura del derivato, che può ritenersi una “scommessa” legalmente autorizzata a fronte di un interesse meritevole di disciplina, tanto che all’art.23 TUF si dice (al comma 5) che “agli strumenti finanziari derivati… non si applica l’art.1933 del codice civile.
In considerazione di tali argomentazioni, e soprattutto alla luce del fatto che la domanda di parte attrice è obiettivamente apparsa come incompatibile con lo svolgimento del rapporto contrattuale, nonché stante la portata apodittica ed il comportamento equivoco della difesa sul punto del disconoscimento delle sottoscrizioni, il Giudice ha condannato il cliente alla corresponsione delle spese di lite, per l’ingente somma di euro 17.250,00.
IL COMMENTO
La pronuncia in analisi rende evidente come spesso, nell’ambito del patologico conflitto cliente-intermediario e nella mancanza di una conoscenza specialistica della materia, vengano proposte a carico dell’intermediario domande meramente speculative, basate su ragionamenti difesivi apodittici tese ad ottenere la condanna al risarcimento, che vengono puntualmente sanzionate con sonore condanne alle spese processuali.
Quando una società abbia sottoscritto, tramite il proprio legale rappresentante. la dichiarazione autoreferenziale di operatore qualificato ed abbia vieppiù operato in derivati per oltre un quinquennio, attraverso la sottoscrizione di ben 22 contratti, è impossibile pensare che l’intermediario non ne tragga il convincimento che il CLIENTE sia effettivamente dotato della specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari.
Gli strumenti di protezione previsti dall’ordinamento all’ordinamento vanno guardati da una duplice prospettiva: infatti, da un lato, essi consentono all’operatore inesperto di essere garantito dall’intermediario sotto il profilo degli oneri informativi, dall’altro l’affievolimento di tutela per l’operatore qualificato si rende necessario al fine di garantire efficienza ai mercati, sia per l’aspetto della velocità delle operazioni sia per l’aspetto della riduzione dei costi.
Tali strumenti di protezione non possono essere oggetto di speculazione giudiziaria al fine di porre in essere contenziosi assolutamente infondati e la sentenza in commento è la riprova di un orientamento ormai consolidato tra i giudici di merito.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 376/2014