Il luogo di intervenuta sottoscrizione della proposta, ovvero quello della consegna dei diamanti, non sono determinanti per individuare la legittimazione passiva della Banca. Conta invece il modulo di proposta contrattuale. Neppure rileva il fatto che non si sia mai reso presente un operatore di della società, atteso che la consegna delle pietre ben poteva essere delegata ad altri soggetti. La nullità, l’annullamento o la risoluzione del contratto di acquisto in diamanti può essere chiesta soltanto alla società venditrice, ferma restando la responsabilità della Banca a seconda del ruolo svolto in via autonoma nell’attività di promozione dell’investimento.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Milano, Giudice Claudio Antonio Tranquillo, con la sentenza n. 66 del 08.01.2019.
Nella vicenda in esame, due acquirenti agiscono avverso una Banca, contestando una serie di investimenti, sollecitati dalla stessa e concretizzatisi nell’acquisto di otto diamanti tra il 2012 e il 2015 e nel 2017. Dato che le pietre acquistate avevano un valore notevolmente inferiore rispetto al prezzo pagato, e che quello effettivamente pagato scontava una serie di ricarichi di costi e commissioni a opera della Banca, hanno chiesto di invalidare e risolvere i contratti, oltre che condannare l’istituto di credito alla restituzione dell’indebito e al risarcimento dei danni.
Tuttavia, il Tribunale di Milano ha ritenuto infondate le azioni di invalidità e di risoluzione dei contratti di acquisto dei diamanti e le correlate azioni di natura restitutoria e risarcitoria non essendo la Banca la diretta controparte contrattuale degli attori. Dal difetto di legittimazione passiva della Banca viene fatta derivare, per ragioni di diritto processuale legate alla formulazione delle domande, l’infondatezza anche delle azioni di natura restitutoria del prezzo di acquisto e risarcitoria per i danni subiti ed il mancato guadagno. Ciò in quanto le stesse sono state collegate, nel caso concreto, alle suddette azioni demolitorie di natura contrattuale, per cui l’infondatezza di queste non può che riflettersi anche su quelle sotto il profilo della pregiudizialità-dipendenza.
Il Giudice fa emergere il difetto di legittimazione passiva in primis dal modulo di proposta contrattuale, che fa riferimento alla società e non alla Banca. Non rileva neppure il fatto che il contratto sia stato stipulato nella filiale della Banca e che non si sia mai reso presente un operatore della società venditrice, atteso che la consegna delle pietre ben poteva essere delegata ad altri soggetti.
Il Tribunale di Milano sottolinea che dunque la nullità, l’annullamento o la risoluzione del contratto di acquisto in diamanti può essere chiesta soltanto alla società venditrice, ma solleva comunque un’ipotesi di responsabilità in capo alla banca in riferimento al ruolo svolto in via autonoma nell’attività di promozione dell’investimento.
Per tali ragioni la domanda è stata respinta con condanna al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
TRUFFA DEI DIAMANTI: LA BANCA È RESPONSABILE DEL DANNO SUBITO DAL CLIENTE E DEVE RISARCIRLO
SULLA BANCA GRAVAVA UN DOVERE DI DILIGENZA, IN VIRTÙ DELLE SUE SPECIFICHE COMPETENZE PROFESSIONALI
Ordinanza | Tribunale di Verona, Giudice Massimo Vaccari | 23.05.2019 |
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