ISSN 2385-1376
Testo massima
Spetta al contribuente dimostrare la difformità tra il contenuto del modello “originale” consegnato al Caf e i dati trasmessi on line all’Amministrazione finanziaria.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n.13440 del 27/07/2012, precisando che qualora la dichiarazione dei redditi venga presentata usufruendo del canale telematico, la prova della difformità tra il contenuto del modello trasmesso e quello cartaceo spetta al contribuente.
Invero, spiega la Corte, la coincidenza dei dati (telematici e cartacei) è solo presuntiva, e ricade sul contribuente – secondo il principio di ordinaria diligenza – l’onere di conservare la copia della dichiarazione per darne poi la prova.
Per quanto riguarda l’elemento temporale, la Cassazione chiarisce che in caso di trasmissione telematica a fare fede è proprio la data dell’invio e non quella della ricezione da parte dell’Amministrazione destinataria, ragion per cui l’adempimento si ritiene effettuato entro i termini di legge se l’invio avviene entro tale scadenza, indipendentemente dal momento in cui l’Amministrazione lo riceve.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9572/2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE;
RICORRENTE
contro
M.G.;
INTIMATO
avverso la sentenza n. 66/2 005 della COMM.TRIB.REG. di TORINO, depositata il 13/02/2007;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritenuto che è stata depositata la seguente relazione ai sensi dell’art.380 bis cpc:
“1. – La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, riformando, con sentenza in data 13.2.2007, la decisione di primo grado, ha accolto un ricorso di M.G. avverso una cartella di pagamento per omessi versamenti d’imposta (Irpef, Iva e contributo al s.s.n.) conseguenti al controllo automatizzato della dichiarazione mod. UNICO 1998 presentata telematicamente tramite un Caf.
Ha motivato la decisione sostenendo che il contribuente aveva eccepito di non aver affatto dichiarato, nel modulo cartaceo, gli importi pretesi dalla cartella; e che, essendo stati detti importi individuati in base alle risultanze dell’anagrafe tributaria, l’onere della prova dovevasi ritenere incombente per intero sull’amministrazione; la quale a codesto onere non aveva adempiuto, non essendo stato rinvenuto, presso il Caf, e conseguentemente prodotto in giudizio, il modello cartaceo relativo alla dichiarazione.
2. – L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo.
L’intimato non ha svolto difese.
3. – Non risulta, in base agli atti regolamentari, la prova del perfezionamento della notifica del ricorso per cassazione, eseguita per posta.
4. – Subordinatamente alla detta prova, si osserva quanto segue.
4.1. – La ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art.2697 cc, con riferimento al D.P.R. n.322 del 1998, art.3, nel testo vigente pro tempore.
Il motivo, concluso da idoneo quesito di diritto, appare manifestamente fondato.
4.2. – Difatti la modalità di trasmissione per via telematica della dichiarazione fiscale, per il tramite di centri di assistenza (come nella specie), comporta una presunzione di identità tra i dati risultanti all’esito della trasmissione (dedotti dall’anagrafe tributaria) e i dati presenti nel modello cartaceo, conforme a quello approvato ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 1, sottoscritto dal contribuente. La via telematica costituisce infatti soltanto una modalità di invio della dichiarazione.
L’affermazione dell’impugnata sentenza, secondo la quale “la dichiarazione mod. 740/98 cartaceo originale firmato dal contribuente costituisce l’unica prova del debito”, non toglie validità alla presunzione di coincidenza dei dati desunti dal modulo inviato telematicamente.
Cosicchè, diversamente da quanto ancora sostenuto dalla CTR, ove, in sede di gravame avverso la cartella di pagamento, sia eccepita una discordanza di dati, non è l’amministrazione a dover fornire la prova del (conforme) contenuto del modulo cartaceo, ma semmai l’eccipiente a doverne provare (ai sensi dell’art.2697 cc, comma 2, sub specie dell’inefficacia del fatto costitutivo della pretesa tributaria azionata) la difformità; egli essendo comunque onerato, in base all’ordinaria diligenza, di conservare una copia del ridetto modulo anche oltre il termine, di cui al D.P.R. n.600 del 1973, art.43, stabilito per la società o l’ente trasmittente.
5. – Per le esposte considerazioni, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e definito, ove sia data prova della regolare sua notifica, con pronuncia di manifesta fondatezza”;
– che l’avviso di ricevimento del plico raccomandato, attestante l’avvenuta regolare notifica del ricorso per cassazione, è stato infine depositato dalla ricorrente;
– che il collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione;
sicchè l’impugnata sentenza va cassata in accoglimento della sopradetta censura;
che la causa non necessita di ulteriori accertamenti di fatto, sicché la Corte può deciderla nel merito, rigettando l’impugnazione del contribuente avverso la cartella di pagamento la peculiarità della fattispecie induce a ravvisare giusti motivi di compensazione delle spese del giudizio di merito;
– che le spese del giudizio di legittimità vanno invece poste a carico del soccombente.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione avverso la cartella di pagamento;
compensa le spese processuali relative ai gradi di merito e condanna l’intimato al pagamento di quelle relative al giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 oltre le spese prenotate a debito.
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 62/2012