Il terzo pignorato, chiamato a rendere la dichiarazione ai sensi dell’art. 547 c.p.c. deve fornire indicazioni complete e dettagliate dal punto di vista oggettivo, in modo da consentire l’identificazione dell’oggetto della prestazione dovuta al debitore esecutato, compresi il titolo ed il quantum del credito pignorato; invece, dal punto di vista soggettivo, è necessario e sufficiente che dichiari quali siano i rapporti intrattenuti soltanto col soggetto che, nell’atto di pignoramento, è indicato come debitore sottoposto ad esecuzione.
Il terzo pignorato è chiamato a rispondere con veridicità circa il proprio debito, ed in ciò soltanto consisterebbe il suo obbligo di informazione, ma, in quanto soggetto portatore di propri interessi non sarebbe tenuto a prestare collaborazioni ulteriori.
Questi i principi espressi dalla Suprema Corte di Cassazione, Pres. Vivaldi – Rel. Barreca, con la sentenza n.5037 del 19.12.2016
Nella fattispecie in questione, una ditta conveniva in giudizio degli istituti di credito terzi pignorati, e avanzando domanda di risarcimento dei danni, sosteneva che le Banche avessero cagionato il fallimento della stessa, mediante dichiarazioni negative non corrispondenti al vero nel processo esecutivo per pignoramento presso terzi.
Il collegio, riformando la sentenza emessa in primo grado, rigettava le domande risarcitorie promosse dall’attrice, e condannava il ricorrente a restituire agli istituiti di credito le somme illegittimamente riscosse
Avverso la sentenza, la ricorrente promuoveva ricorso per cassazione asserendo, in primo luogo la sussistenza del nesso di causalità tra le condotte illecite ascritte alla banca e il contestuale fallimento della ricorrente, posto che le loro dichiarazioni avevano fatto credere alla ditta che il credito vantato fosse inesigibile, determinandone la cessione ad altra società per un prezzo irrisorio e specificando, inoltre, che gli istituti di credito avevano reso, alla data di riscossione del credito ceduto, dichiarazioni positive.
La Corte, quanto alle doglianze in merito alla sussistenza del nesso causale, ha ritenuto infondate nel merito le domande risarcitorie attoree, dichiarando che il danno sofferto dalla ditta fosse da ricondurre alla condotta processuale ed extraprocessuale tenuta dalla stessa ricorrente.
Nello specifico, il collegio ha imputato il fallimento della ditta al corrispettivo della cessione, e non alla cessione in sé come sosteneva la difesa attorea, riconducendolo, tuttavia, all’operato degli organi del fallimento.
Precisamente, il giudice asseriva, che il terzo pignorato, chiamato a rendere la dichiarazione, ai sensi dell’art. 547 cod. proc. civ., deve fornire indicazioni complete e dettagliate in modo da consentire l’identificazione dell’oggetto della prestazione dovuta al debitore esecutato, ma non è richiesto che il terzo estenda il proprio dovere di collaborazione fino al punto di dover verificare e dichiarare i rapporti intrattenuti con soggetti diversi dal debitore esecutato, anche se questi riconducibili, alla sfera patrimoniale del medesimo debitore.
In virtù di quanto appena esposto la Corte rigettava il ricorso principale e condannava il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
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