ISSN 2385-1376
Testo massima
“Il procedimento disciplinare pendente dinanzi al locale Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, che sia stato sospeso in attesa della definizione di un processo penale avente ad oggetto i medesimi fatti, deve essere riassunto, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui il Consiglio dell’Ordine abbia avuto conoscenza della definitiva conclusione del predetto processo penale.
È onere dell’incolpato, il quale abbia eccepito la decadenza per tardiva riassunzione del procedimento disciplinare sospeso per pregiudizialità penale, allegare e provare gli elementi di fatto in base ai quali si possa stabilire in quale momento il Consiglio dell’Ordine dinanzi al quale il procedimento disciplinare pende, ha avuto conoscenza della definitiva conclusione del processo penale”.
Questi i principi affermati dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, Primo Pres. Santacroce Rel. Rordorf, con sentenza n. 8572, depositata in data 28.04.2015.
Nel caso in esame, l’avvocato veniva sottoposto a processo penale con l’imputazione di appropriazione indebita aggravata. Pendente iudicio penale, veniva dunque disposta la sospensione del procedimento disciplinare innanzi al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, che veniva poi riattivato a seguito della sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. Il giudizio disciplinare si concludeva, invece, con la sanzione della sospensione del professionista per due mesi dall’esercizio della professione.
Tale decisione veniva poi confermata, a seguito di gravame, dal Consiglio Nazionale Forense.
Avverso tale pronuncia, l’avvocato proponeva ricorso per cassazione. In particolare, si deduceva la violazione dell’art. 297 c.p.c., comma 1, la cui applicazione nell’ambito procedimento disciplinare svoltosi dinanzi al locale Consiglio dell’Ordine, avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di estinzione di tale procedimento, giacchè riassunto oltre il termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza penale, in attesa della quale era stato in precedenza sospeso.
Rilevato il conflitto giurisprudenziale sussistente in materia, della questione venivano investite le Sezioni Unite.
Il Collegio, nel disporre la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio al Consiglio dell’Ordine competente, in diversa composizione, ha preliminarmente dichiarato l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Consiglio Nazionale Forense, precisando che “nel giudizio di impugnazione delle decisioni del Consiglio Nazionale Forense dinanzi alla Corte di Cassazione, contraddittori necessari – in quanto unici portatori dell’interesse a proporre impugnazione ed a contrastare l’impugnazione proposta – sono soltanto il soggetto destinatario del provvedimento impugnato, il Consiglio dell’Ordine che ha deciso in primo grado in sede amministrativa ed il Procuratore generale presso la stessa Corte di Cassazione, mentre tale qualità non può legittimamente riconoscersi al Consiglio Nazionale Forense, per la sua posizione di terzietà rispetto alla controversia, essendo l’organo che ha emesso la decisione impugnata”.
Con riguardo alla questione afferente all’applicabilità dell’art. 297 c.p.c. nell’ambito del procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio dell’Ordine, le Sezioni Unite hanno anzitutto affermato “la natura amministrativa del procedimento disciplinare di competenza del locale consiglio dell’ordine, a differenza dell’eventuale successivo procedimento che si instauri dinanzi al Consiglio Nazionale Forense”, aggiungendo che “in quel procedimento, ove facciano difetto più specifiche disposizioni ad esso relative, si rendono applicabili le disposizioni del codice di procedura civile, in via generale, e quelle del codice di rito penale, quando si tratta di istituti che solo in quel codice sono disciplinati”.
Riconosciuta, quindi, operante la sospensione del procedimento disciplinare per pregiudizialità penale, in applicazione diretta o analogica del meccanismo stabilito dall’art. 295 c.p.c. (cfr. Cass. Civ. S.U. n. 16169/2011), la Corte ha riconosciuto la connessa, necessaria operatività altresì dell’art. 297 c.p.c., a garanzia della coerenza dello stesso impianto procedimentale, “pena, altrimenti, l’inammissibile conseguenza di un procedimento che potrebbe restare sospeso a tempo indeterminato e – quel che appare ancora meno accettabile – potrebbe essere riassunto dal titolare del potere disciplinare in qualsiasi momento senza limiti di tempo”.
In conclusione, le Sezioni Unite hanno disposto la cassazione dell’impugnata sentenza, rinviando al medesimo Consiglio dell’Ordine (in diversa composizione), atteso che la decisione impugnata aveva escluso radicalmente che nel procedimento disciplinare possa trovare applicazione il termine di riassunzione di cui al citato art. 297 c.p.c., nè ha quindi svolto alcuna indagine in ordine al momento a partire dal quale vi sia prova che detto termine abbia preso a decorrere.
Si dovrà, quindi, accertare il momento in cui il Consiglio dell’Ordine abbia avuto conoscenza della definitiva conclusione del predetto processo penale con onere a carico dell’incolpato.
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