ISSN 2385-1376
Testo massima
“L’avvocato che si appropria indebitamente di denaro da destinare ai suoi clienti, familiari di portatori di handicap, viene definitivamente cancellato dall’albo degli avvocati.”
Questo è il principio di diritto statuito dalle sezioni unite civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8932 del 25.03.2014, in ordine alle sanzioni da comminare al legale che abbia posto in essere una grave violazione del codice deontologico forense.
La sentenza in commento trae origine dal ricorso per cassazione proposto da un avvocato avverso la sentenza del CNF che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare della cancellazione dall’Albo per essersi indebitamente appropriato di diverse migliaia di euro, avute dalla Regione Campania quali benefici ex Legge Regionale n. 11 del 1984, da versare a propri assistiti, familiari di persone portatrici di handicap, ed inoltre per non aver comunicato all’ordine di appartenenza la variazione di domicilio professionale.
In particolare, l’avvocato ricorrente deduceva l’inadeguatezza della sanzione comminatagli rispetto ai fatti ascritti allo stesso.
I Giudici della Suprema Corte, intervenendo sulla questione, hanno ribadito un orientamento ormai consolidato, statuendo che il potere di applicare la sanzione appartiene agli organi disciplinari e che la determinazione della stessa non può essere oggetto di un giudizio di legittimità.
Infatti, per la S.C. nei procedimenti disciplinari, a carico degli avvocati, trovano applicazione le sole norme particolari dettate dalla legge professionale, che conferiscono agli ordini professionali pieno ed esclusivo potere sanzionatorio.
Gli Ermellini, però, riconoscono che il potere sanzionatorio è comunque subordinato al principio di adeguatezza della sanzione al grado di offesa, nonché al prestigio e al decoro dell’ordine professionale.
Alla luce di tali considerazioni, dunque, i Giudici di legittimità, hanno dichiarato il ricorso introduttivo inammissibile.
Testo del provvedimento
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE
SENTENZA 17 APRILE 2014, N. 8932
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22404/2013 proposto da:
Avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, per delega in calce al ricorso;
– RICORRENTE –
CONTRO
CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BENEVENTO, PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI BENEVENTO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE;
– INTIMATI –
avverso la sentenza n. 108/2013 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 17/07/2013;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’avv. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza del CNF che gli ha inflitto la sanzione disciplinare della cancellazione dall’Albo per essersi indebitamente appropriato come accertato dal giudice penale con sentenza ex articolo 444 c.p.p. di oltre euro 40.000 avute dalla Regione Campania quali benefici ex Legge Regionale n. 11 del 1984, a propri assistiti, familiari di persone portatrici di handicap, ed inoltre per non aver comunicato all’ordine di appartenenza la variazione di domicilio professionale.
Nessuno degli intimati si è costituito.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il PRIMO MOTIVO, sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorrente si duole della sanzione applicata.
Con il SECONDO MOTIVO, sotto il profilo della violazione di legge, si duole della mancata adeguatezza della sanzione al caso concreto.
1.1.- I due motivi sono inammissibili. Queste Sezioni Unite hanno affermato che, in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, il potere di applicare la sanzione adeguata alla gravità ed alla natura dell’offesa arrecata al prestigio dell’ordine professionale è riservato agli organi disciplinari; pertanto, la determinazione della sanzione inflitta all’incolpato dal Consiglio Nazionale Forense non è censurabile in sede di legittimità (Cass. SSUU n. 13791 del 2012), ove la motivazione sia come nella specie congrua, con riferimento alla “particolare gravità” dei fatti contestati, che avevano ad oggetto “somme non irrilevanti”, ed al fatto che si tratti di “almeno due” episodi.
2.- Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Non vi e’ luogo al regolamento delle spese, non avendo gli intimati svolto alcuna attivita’ difensiva.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, aggiunto dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
la Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
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Numero Protocolo Interno : 277/2014