Viola l’art. 22 del Codice deontologico Forense l’avvocato che sulla base di sentenza favorevole al proprio cliente, nonostante la modestia – in relazione alle condizioni economiche del debitore del credito accertato nella pronunzia giurisdizionale e pur in assenza di un rifiuto esplicito di dare spontanea esecuzione alla sentenza, notifichi al debitore atto di precetto (così aggravando la posizione debitoria di questo), senza previamente informare l’avvocato dell’avversario della propria intenzione di dare corso alla procedura esecutiva.
Questo il principio espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n.13797 del 01.08.2012.
Nella fattispecie in esame il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati aveva irrogato una sanzione disciplinare a carico di un avvocato per aver violato il dovere di colleganza ai sensi dell’art. 38 L.P.
Nello specifico, l’avvocato aveva provveduto alla notifica di una sentenza a cui era stata apposta la formula esecutiva, malgrado mancasse tanto la comunicazione alle parti del dispositivo della sentenza, quanto eventuali richieste di chiarimenti all’avvocato di controparte delle intenzioni dei suoi clienti in merito alle modalità di pagamento della sentenza stessa, così come deontologicamente disposto.
Avverso tale provvedimento sanzionatorio aveva promosso ricorso l’avvocato incolpato, all’esito del quale il Consiglio Nazionale Forense, aveva accolto l’impugnazione sulla base dell’insussistenza di alcun obbligo deontologico nei sensi della riportata contestazione.
Tuttavia, presentava ricorso il C.O.A e nel merito, il Consiglio Nazionale Forense, prendendo in considerazione un’importante pronuncia delle S.U. ha cassato la sentenza del giudice del rinvio precisando che viola l’art. 22 del Codice Deontologico Forense l’avvocato che sulla base di sentenza favorevole al proprio cliente, nonostante la modestia – in relazione alle condizioni economiche del debitore del credito accertato nella pronunzia giurisdizionale e pur in assenza di un rifiuto esplicito di dare spontanea esecuzione alla sentenza, notifichi al debitore atto di precetto (così aggravando la posizione debitoria di questo), senza previamente informare l’avvocato dell’avversario della propria intenzione di dare corso alla procedura esecutiva.
Avverso tale pronuncia, l’avvocato promuoveva ricorso per cassazione sulla base delle stesse doglianze con le quali aveva tentato di sminuirne il disvalore deontologico
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite analizzando ha rigetto il ricorso confermando la regola secondo la quale non è sufficiente il possesso di un titolo esecutivo, al fine di poter notificare l’atto di precetto essendo necessario informare l’avvocato dell’avversario della propria intenzione di dare corso alla procedura esecutiva.
Agire tempestivamente per la riscossione del credito notificando il precetto al debitore comporterebbe la violazione di due norme deontologiche:
1) dovere di lealtà e correttezza nei confronti del collega di controparte: esso impone all’avvocato diligente di contattare previamente il collega per verificare le intenzioni del debitore e le modalità con cui procedere in quanto la controparte potrebbe infatti voler adempiere spontaneamente senza che sia necessario l’atto di precetto;
2) divieto di pluralità di azioni giudiziali gravose per la situazione debitoria della controparte: dato che il precetto aumenterebbe l’importo del debito (andando a comprendere ulteriori spese e onorari), sarebbe inutile, oltre che ingiusto, notificarlo prima di valutare la possibilità che il debitore adempia di sua spontanea volontà.
Per ulteriori approfondimenti in materia:
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