La durata ultrannuale dei ritardi nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali non comporta l’ingiustificabilità assoluta della condotta dell’incolpato, ma, trattandosi di inosservanza protrattasi ulteriormente e per un tempo considerevole rispetto alla soglia di illiceità considerata dal legislatore, è giustificabile solo in presenza di circostanze proporzionate all’ampiezza del ritardo, sicchè quanto più esso è grave tanto più seria, specifica, rigorosa e pregnante deve essere la relativa giustificazione, necessariamente comprensiva della prova che, in tutto il lasso di tempo interessato, non sarebbero stati possibili diversi comportamenti di organizzazione e impostazione del lavoro, o che, comunque, essi non avrebbero potuto in alcun modo evitare il grave ritardo o almeno ridurne l’abnorme dilatazione.
Tra le circostanze di carattere del tutto eccezionali che possono far escludere l’illecito disciplinare non rientra una “buona” laboriosità, che è doveroso in ogni caso per il magistrato assicurare.
Questi i principi espressi dalla Cassazione civile, sez. unite, Pres. Rordorf – Rel. Ragonesi, con la sentenza n. 4096 del 16.02.2017.
Nel caso di specie, a seguito di ispezione ordinaria presso il Tribunale di Messina e della sede distaccata di Taormina, un magistrato, già giudice del Tribunale di Messina, era stato incolpato dell’illecito disciplinare di cui al D. Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. q) per non avere rispettato i termini nel deposito di 40 sentenze civili di cui 34 monocratiche e 6 collegiali e 234 ordinanze.
In particolare, quale Giudice civile del Tribunale di Messina, aveva depositato n. 34 sentenze civili monocratiche, con ritardi superiori, anche notevolmente, al triplo del termine previsto dalla legge, di cui n. 21 con ritardi superiori ad un anno, con punta massima di oltre 4 anni, nonchè 234 ordinanze depositate in ritardo di cui 77 con ritardo ultrannuale, con punta massima di giorni 510; inoltre, quale giudice componente il collegio civile del Tribunale di Messina aveva depositato n. 6 sentenze civili collegiali, con ritardi superiori, anche notevolmente, al triplo del termine previsto dalla legge, di cui n. 4 con ritardi superiori ad un anno, con punta massima di giorni 755.
Nei confronti del magistrato, il Ministro della Giustizia aveva proposto azione disciplinare ed, al termine delle indagini, dopo aver formulato l’incolpazione, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione aveva chiesto la fissazione dell’udienza di discussione, all’esito della quale era stata emanata sentenza con cui era stata inflitta all’odierno ricorrente la sanzione dell’ammonizione.
Avverso la predetta sentenza ricorreva per Cassazione il magistrato, sulla base di due motivi illustrati con memoria
L’amministrazione non si costituiva.
Con il primo motivo, il ricorrente lamentava che la Commissione disciplinare non aveva in alcun modo tenuto conto delle condizioni ambientali in cui si era trovato a lavorare ed, in particolare, del cumulo delle funzioni di giudice penale presso la Corte d’assise con quelle di giudice civile con ruolo gravato da numerosissime cause cui si era aggiunta la delega delle funzioni presidenziali in sede di fase introduttiva delle cause di separazione giudiziale e divorzio.
Con il secondo motivo, il magistrato lamentava un inadeguato esame di una memoria difensiva con la quale venivano evidenziati: la molteplicità degli incarichi e le quantità di lavoro in rapporto ai ritardi contestati; la situazione dell’Ufficio ed il contesto lavorativo con particolare riferimento all’assoluta inadeguatezza dell’organico; lo stato di sofferenza del settore civile e le disfunzioni organizzative; l’avvenuta segnalazione della situazione di disagio; la riconosciuta professionalità di esso incolpato e l’impegno dimostrato.
La Suprema Corte, in primo luogo, chiarito che la sentenza impugnata aveva esaminato, sia pure in modo sintetico, tutte le censure avanzate dal giudice nel ricorso ed anche nella memoria e, dopo avere riconosciuto la situazione particolarmente critica del tribunale di Messina in grado di incidere negativamente sulle condizioni di lavoro dei magistrati, aveva tuttavia ritenuto quest’ultima non costituente valida esimente per l’illecito comportamento del ricorrente in ragione della particolare gravità dei ritardi nel deposito di diverse sentenze ed ordinanze come riportato nel capo d’imputazione, osservava che l’ammissione del ricorrente di essere riuscito a risolvere il problema dei ritardi solo a seguito di una migliore organizzazione del proprio lavoro costituiva una ammissione del fatto che i gravi ritardi sarebbero stati evitabili o comunque riducibili in limiti temporali accettabili.
In secondo luogo, gli ermellini sottolineavano che la Sezione disciplinare, infatti, attraverso una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità, non solo aveva preso in conto le prospettazioni del ricorrente circa le disfunzioni del tribunale di Messina e le conseguenze negative sul carico di lavoro, ma ne aveva anche riconosciuto la fondatezza ma, nel valutare in modo comparativo le predette disfunzioni con i ritardi accumulati dal ricorrente, aveva ritenuto questi ultimi di un tale numero e gravità da non potere essere giustificati sulla base delle citate disfunzioni e del notevole carico di lavoro.
Inoltre, la Corte rilevato che la Sezione specializzata, dopo avere espressamente riconosciuto le disfunzioni del tribunale di Messina, aveva tuttavia ritenuto che il ricorrente non avesse posto in essere, per sua stessa ammissione, comportamenti organizzativi idonei per evitare o ridurre in termini ragionevoli i ritardi, richiamava il principio precedentemente espresso del Giudice di legittimità, secondo cui la durata ultrannuale dei ritardi nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali non comporta l’ingiustificabilità assoluta della condotta dell’incolpato, ma, trattandosi di inosservanza protrattasi ulteriormente e per un tempo considerevole rispetto alla soglia di illiceità considerata dal legislatore, è giustificabile solo in presenza di circostanze proporzionate all’ampiezza del ritardo, sicchè quanto più esso è grave tanto più seria, specifica, rigorosa e pregnante deve essere la relativa giustificazione, necessariamente comprensiva della prova che, in tutto il lasso di tempo interessato, non sarebbero stati possibili diversi comportamenti di organizzazione e impostazione del lavoro, o che, comunque, essi non avrebbero potuto in alcun modo evitare il grave ritardo o almeno ridurne l’abnorme dilatazione.
La Cassazione, infine, ritenuto che tra le circostanze di carattere del tutto eccezionali che possono far escludere l’illecito disciplinare non rientra una “buona” laboriosità, che è doveroso in ogni caso per il magistrato assicurare, rigettava il ricorso, nulla statuendo in ordine alle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
IL CSM DEVE MOTIVARE LA SANZIONE DISCIPLINARE TENUTO CONTO DELLA GRAVITÀ DELL’ILLECITO E DELLA CAPACITÀ DI REITERAZIONE DELL’INCOLPATO
Sentenza | Cassazione Civile Sezioni Unite | 24.02.2014 | n.4323
È ONERE DEL MAGISTRATO INCOLPATO PROVARE CHE L’INOTTEMPERANZA AI TERMINI DI DEPOSITO SIA DIPESA DA FATTORI ECCEZIONALI
Sentenza | Cassazione civile, sezioni unite | 25.11.2013 | n.26284
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