In tema di iscrizione nel registro delle imprese delle deliberazioni di società di capitali, verbalizzate dal notaio, ai sensi dell’art. 138 bis, della legge notarile (inserito dalla L. n. 340 del 2000, art. 32, comma 5, e, successivamente, sostituito dal D.Lgs., 10 agosto 2006, n. 249, art. 23, comma 1), la responsabilità disciplinare del notaio per violazione dell’art. 28, comma 1, n. 1), si configura quando quest’ultimo chiede l’iscrizione della delibera risultando “manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge”.
Ai fini della responsabilità disciplinare del notaio, il divieto di iscrizione della delibera assembleare scatta, non solo nei casi di nullità delle delibera, ma ogni qualvolta la delibera stessa sia stata assunta in palese carenza delle condizioni di legge.
Questi i principi espressi dalla Cassazione civile, sez. seconda, Pres. Bucciante – Rel. Giusti, con la sentenza n. 14766 del 19.07.2016.
Nella fattispecie in esame, il presidente del Consiglio notarile dei distretti riuniti di Salerno, Nocera Inferiore e Vallo della Lucania, chiedeva l’avvio di un procedimento disciplinare a carico di un notaio per violazione dell’art. 138 bis della legge notarile, contestandogli di avere indebitamente iscritto nel registro delle imprese il verbale di assemblea straordinaria di una società, redatto da quest’ultimo.
In particolare, secondo il Consiglio notarile, il verbale recava deliberazioni di modifica statutaria manifestamente contrarie a norme di legge per una serie di ragioni: innanzitutto, perché le delibere attributive dei particolari diritti ex art. 2468 c.c., erano state assunte nonostante l’avviso di convocazione non portasse all’ordine del giorno anche la modificazione delle modalità di nomina dell’organo di controllo; in secondo luogo, perchè le delibere avevano attribuito solo a determinati soci, il potere di nominare il collegio sindacale escludendo gli altri; in terzo luogo, perchè l’attribuzione di diritti speciali a favore di alcuni soci ex art. 2468 c.c., comma 4, era stata assunta a maggioranza e non all’unanimità ed, infine, perchè le delibere prevedevano, sempre a favore di alcuni soci il diritto di utilizzazione esclusiva di parte dell’immobile sociale, nonchè l’utilizzo prioritario di alcuni beni sociali rispetto agli altri soci, sempre con decisione assunta a maggioranza.
All’esito del procedimento disciplinare, la Commissione regionale di disciplina della Campania e della Basilicata assolveva il notaio, ritenendo il fatto addebitato non costituente illecito disciplinare, sul rilievo che le deliberazioni assembleari non erano affette da nullità assoluta.
Il Consiglio notarile proponeva reclamo.
La Corte d’Appello di Napoli accoglieva l’impugnazione e, per l’effetto, in riforma della decisione gravata, accertava la responsabilità disciplinare del notaio, applicando nei confronti di quest’ultimo la sanzione della sospensione di sei mesi dall’esercizio della professione ed una sanzione pecuniaria.
La Corte d’Appello, rilevato che in sede di controllo sull’iscrivibilità devono essere valutati oltre ad i vizi di nullità dell’atto, anche i vizi che comportano la mera annullabilità della delibera, ferma restando la necessità che, per la loro concreta rilevazione, tali vizi emergano già dagli atti sottoposti all’esame del notaio verbalizzante, sottolineava che la deliberazione assembleare iscritta dal notaio risultava assunta, nel caso di specie, in un contesto di grave depauperamento delle garanzie dei soci di minoranza, essendo riscontrabili plurimi deliberati con oggetto contrario a norme imperative.
In primo luogo, ad avviso del Giudice di seconde cure, l’avviso di convocazione dell’assemblea, nell’elencare gli argomenti all’ordine del giorno, faceva riferimento all’attribuzione di particolari diritti ex art. 2468 c.c., solo rispetto all’amministrazione della società ed all’uso dei beni sociali, e non anche in relazione alla nomina dell’organo di controllo, sicchè l’attribuzione del potere di nomina a singoli soci non poteva costituire oggetto di valida deliberazione da parte di un’assemblea pacificamente non totalitaria, in evidente e assoluta carenza di informazione dei soci stessi.
Inoltre, secondo la Corte d’Appello, i soci possono infatti essere legittimamente “avvantaggiati” con l’attribuzione dei diritti particolari previsti dall’art. 2468 c.c., solo se gli altri soci abbiano dato il loro consenso all’operazione nell’ambito di un’unanimistica manifestazione di volontà espressa o all’origine della vicenda societaria ovvero in corso della stessa, dovendo escludersi che il socio possa essere privato, con deliberazione maggioritaria, di diritti, attinenti alla nomina dell’intero collegio sindacale, in quanto fondamentali e caratterizzanti la posizione del socio in seno alla società.
Il notaio proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello, a cui il Consiglio notarile resisteva con controricorso.
Con il PRIMO MOTIVO, il ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e 138 bis, della legge notarile e dell’art. 2436 c.c., osservando che il divieto di omologazione sussisterebbe solo in relazione alle delibere viziate da nullità assoluta.
Con il SECONDO MOTIVO, il notaio lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 138 bis, comma 1, della legge notarile, in riferimento agli artt. 2366 e 2479 ter c.c.., sostenendo, contrariamento a quanto affermato dalla Corte di merito, che l’ordine del giorno ben avrebbe potuto, in via consequenziale alla delibera su diritti relativi all’amministrazione della società, giustificare anche quella in ordine all’organo di controllo e che, in ogni caso, il vizio relativo ad una delibera assembleare assunta su di un argomento non incluso nell’ordine del giorno contenuto nell’avviso di convocazione ne avrebbe determinato l’annullabilità e non la sua nullità.
Con il TERZO MEZZO, il ricorrente censurava la violazione e falsa applicazione dell’art. 138 bis, comma 1, della legge notarile, in riferimento all’art. 2468 c.c., commi 3 e 4, ed art. 2477 c.c., ritenendo del tutto incongrui i rilievi disciplinari contestatigli: infatti, l’introduzione nell’ambito dell’atto costitutivo, già vigente, di una clausola che attribuisca, ai sensi dell’art. 2468 c.c., comma 3, particolari diritti ad alcuni soci soltanto, resterebbe, soggetta al principio di maggioranza.
Inoltre, anche a ritenere applicabile il principio unanimistico nella introduzione ex novo di diritti particolari ex art. 2468 c.c., comma 3, la violazione della regola dell’unanimità non comporterebbe l’inefficacia della deliberazione di modifica per carenza di legittimazione a disporre della posizione soggettiva, bensì esclusivamente la mera annullabilità della deliberazione non unanime, anche da parte dei soci diversi da quello titolare della posizione soggettiva individuale lesa.
La Suprema Corte, preliminarmente, rilevato che l’indicazione, nell’avviso di convocazione dell’assemblea dei soci, dell’elenco delle materie da trattare assolve alla duplice funzione di rendere edotti i soci circa gli argomenti sui quali essi dovranno deliberare, per consentire la loro partecipazione all’assemblea con la necessaria preparazione ed informazione, e di evitare che sia sorpresa la buona fede degli assenti a seguito di deliberazione su materie non incluse nell’ordine del giorno, ricordava che non è necessaria un’indicazione particolareggiata al suo interno delle materie da trattare, ma è sufficiente un’indicazione sintetica, purchè chiara e non ambigua, specifica e non generica, tale da consentire la discussione e l’adozione da parte dell’assemblea dei soci anche delle eventuali deliberazioni consequenziali ed accessorie.
Ad avviso degli ermellini, invero, proprio a questo principio si era, correttamente, attenuta la Corte d’Appello, rilevando che l’ordine del giorno concernente modifiche nell’atto costitutivo con l’attribuzione di particolari diritti a singoli soci sul versante dell’amministrazione della società, non consentiva, per la sua delimitazione di oggetto e specificità di ambito, di ricomprendere anche una competenza della assemblea a deliberare su un oggetto diverso, attinente al diritto di taluni soci di nominare i membri del collegio sindacale, trattandosi di un tema nuovo e logicamente non incluso in quello espressamente indicato.
Orbene, del pari corretta secondo il Giudice di legittimità risultava la statuizione con la quale la Corte d’Appello aveva escluso che fosse possibile introdurre a maggioranza, con le ordinarie maggioranze statutarie previste per ogni modifica dell’atto costitutivo, una clausola tale da attribuire ad alcuni soci soltanto diritti particolari, relativi alla nomina di membri del collegio sindacale, atteso che il codice ha chiaramente attribuito solo al consenso di tutti i contraenti la possibilità di modificare il regolamento contrattuale, che sta alla base della società.
In altri termini, qualora i soci di una s.r.l. vogliano introdurre ex novo nell’atto costitutivo una clausola che permetta loro, attraverso una delibera a maggioranza, di modificare i diritti particolari riconosciuti dall’atto costitutivo ai singoli soci, è necessario che la decisione che introduce tale deroga sia approvata con il consenso unanime dei soci.
In questo contesto, come ricordato dal Collegio, ai sensi dell’art. 2436 c.c., spetta al notaio verbalizzante la modifica dello statuto, verificare che la deliberazione sia conforme alle condizioni stabilite dalla legge prima di chiederne l’iscrizione nel registro delle imprese.
Grava, infatti, sul notaio, nel sistema instauratosi in forza della L. 24 novembre 2000, n. 340, art. 32, recante semplificazione della fase costitutiva e della fase modificativa delle società di capitali, e poi confermato dalla riforma del diritto societario nel nuovo art. 2436 c.c., il compito di esercitare un controllo sostanziale di legalità della delibera assembleare, volto ad accertare, attraverso un’analisi di carattere rigorosamente documentale ed aliena da ogni sindacato di merito, la conformità della stessa rispetto alle caratteristiche tipologiche previste dalla disciplina di legge.
In tale prospettiva, il notaio non avrebbe potuto concludere positivamente il proprio giudizio di conformità e avrebbe dovuto non autorizzare l’immissione del circuito giuridico, attraverso l’iscrizione nel registro delle imprese, della delibera in questione, a nulla rilevando la distinzione tra vizi di nullità e vizi di annullabilità della delibera, ai fini della configurabilità della responsabilità disciplinare del notaio.
La Cassazione, infine, osservava, per un verso, che l’art. 28, comma 1, n. 1), della legge notarile, fa divieto al notaio di ricevere o autenticare atti “se essi sono espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico, con indirizzo consolidato, escludendo dall’ambito di applicazione della norma gli atti annullabili e quelli inefficaci e limitando l’applicabilità del divieto ai soli atti affetti da nullità assoluta; per un altro, tuttavia, specificava che, in tema di iscrizione nel registro delle imprese delle deliberazioni di società di capitali, dallo stesso notaio verbalizzate, ai sensi dell’art. 138 bis, della legge, la responsabilità disciplinare del notaio per violazione dell’art. 28, comma 1, n. 1), si configura quando il notaio chiede l’iscrizione della delibera risultando “manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge”.
Per quanto esposto, la Corte, ribadito il principio secondo cui ai fini della responsabilità disciplinare del notaio, il divieto di iscrizione della delibera assembleare scatta, non nei soli casi di nullità delle delibera, ma ogniqualvolta la delibera stessa sia stata assunta in palese carenza delle condizioni di legge, rigettava il ricorso, compensando tra le parti le spese di lite.
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