ISSN 2385-1376
Testo massima
L’efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche é subordinata poiché formate fuori del processo all’esclusiva volontà della parte contro la quale sono prodotte; e, quindi, alla non contestazione dei fatti che tali riproduzioni tendono a provare.
Tuttavia tale disconoscimento, pur non essendo soggetto ai limiti di cui all’art.214 cpc, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito (dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta).
Il disconoscimento delle riproduzioni meccaniche in merito ai dati riportati non può limitarsi ad affermare la non conformità agli originali ma deve indicare la non corrispondenza tra la realtà fattuale e la realtà riprodotta.
Avendo le riproduzioni e le rappresentazioni meccaniche efficacia di prova legale della conformità delle medesime rispetto a fatti o alle cose riprodotti o rappresentati, se una parte disconosce la riproduzione, questa non acquista il valore probatorio privilegiato, ma degrada a prova liberamente apprezzabile dal giudice ex art.116 cpc.
Cosi si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza del 17/03/2013 n.1033 la quale ha ribadito il principio che in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui all’art.2712 cc, il “disconoscimento” che fa perdere alle riproduzioni stesse la loro qualità di prova – e che va distinto dal “mancato riconoscimento“, diretto o indiretto, il quale, invece, non esclude che il giudice possa liberamente apprezzare le riproduzioni legittimamente acquisite -, pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art.214 cpc, deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta
Testo del provvedimento
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso 13163-2007 proposto da:
ALFA SRL
RICORRENTE
contro
P.S. (OMISSIS), C.D. (OMISSIS);
– CONTRORICORRENTI –
e contro
BETA SAS DI S.C. e E.
INTIMATA –
avverso la sentenza n. 1664/2006 del TRIBUNALE di COMO, depositata il 22/12/2006, R.G.N. 684/05;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – C.D. e P.S. stipulavano un contratto di viaggio, presso l’agenzia di viaggi BETA SAS relativamente ad un pacchetto turistico “all inclusive – formula sorpresa“, in struttura alberghiera 3 o 4 stelle con partenza per (OMISSIS) e durata dal giorno (OMISSIS), al prezzo complessivo di Euro 2.740. Lamentandosi delle condizioni del soggiorno, convenivano in giudizio l’agenzia di viaggi venditrice, BETA SAS. ed il tour operator ALFA SRL per sentirli condannare, previo accertamento dell’inadempimento del contratto di viaggio con essi stipulato, al pagamento della somma di Euro 2.500,00 o di quella da accertarsi in corso di causa anche in via equitativa a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e morali da essi patiti. Il Giudice di pace, accertato l’inadempimento dei convenuti e la sussistenza del danno morale patito dagli attori, condannava i primi in solido al pagamento in favore dei secondi della somma di Euro 1.000,00 e condannava la ALFA SRL a manlevare la BETA SAS dalle richieste degli attori.
1.1. – Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, il Tribunale di Como, riformando parzialmente quella di primo grado, aumentava ad Euro 1.376,00 l’importo del risarcimento dovuto in solido agli istanti e respingeva l’istanza di manleva proposta dalla ALFA SRL nei confronti della BETA SAS, osservando, per quanto qui rileva:
1.1.a. – preliminarmente andava rigettato il motivo d’appello relativo alla nullità della citazione, poiché lo scopo della notificazione degli atti è quello di attuare il principio del contraddittorio, tale finalità era stata però raggiunta, nella specie, con la costituzione in giudizio del destinatario dell’atto, rimanendo conseguentemente sanato con effetto ex tunc qualsiasi eventuale vizio della notificazione stessa.
1.1.b. – andava rigettato anche il motivo d’appello relativo all’inadempimento contrattuale, poiché le produzioni documentali effettuate nel corso del processo in primo grado, radicavano il convincimento circa il fatto che le condizioni di soggiorno concretamente verificatesi in (OMISSIS), integrassero l’inesatto adempimento di cui al D.Lgs. 17 marzo 1995, n.111, art.14. Le produzioni documentali, consistevano in riproduzioni fotografiche, anche se disconosciute ai sensi dell’art.2712 cc.
L’efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui all’indicata norma é subordinata (poiché formate fuori del processo) all’esclusiva volontà della parte contro la quale sono prodotte; e, quindi, alla non contestazione dei fatti che tali riproduzioni tendono a provare; tuttavia tale disconoscimento, pur non essendo soggetto ai limiti di cui all’art.214 cpc, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito (dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta). Il disconoscimento effettuato dalla ALFA SRL non indicava gli elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta, poiché genericamente si limitava a riferire che tali riproduzioni avrebbero potuto riguardare un qualunque albergo in un qualsiasi luogo, senza piuttosto specificare perché non potessero riguardare l’albergo (OMISSIS); sicché il Tribunale riteneva che non si trattasse di “disconoscimento” ma di “mancato riconoscimento” (proprio perché avrebbe potuto essere qualsiasi albergo), ciò però non escludeva che il giudice potesse liberamente apprezzare le riproduzioni legittimamente acquisite. Avendo le riproduzioni e le rappresentazioni meccaniche efficacia di prova legale della conformità delle medesime rispetto a fatti o alle cose riprodotti o rappresentati, se una parte disconosce la riproduzione, questa non acquista il valore probatorio privilegiato, ma degrada a prova liberamente apprezzabile dal giudice ex art.116 cpc.
Proprio in considerazione del libero apprezzamento, il Tribunale osservava che le riproduzioni fotografiche rappresentavano lo stato dei luoghi, connotato da carenza di igiene e trascuratezza, anche in considerazione di altri elementi emersi nel corso del processo quale il fatto incontestato che gli attori si rendevano disponibili a cambiare albergo, anche pagando un prezzo più alto; nonché il fatto che fosse stata allegata dagli stessi una lettera redatta in (OMISSIS), che reca la data del 20.8.03, nella quale i sottoscrittori, tra i quali anche i coniugi C. – P., specificavano di essere in grado di fornire numerosa documentazione fotografica. La missiva rappresentava i motivi di doglianza nei confronti della ALFA SRL, da parte di numerosi sottoscrittori. Quindi, le fotografie di cui ai documenti prodotti dagli attori in primo grado ai n. 3 e 4, rappresentavano le condizioni igieniche e di sicurezza delle camera posta nella loro disponibilità. L’inesatto adempimento risultava anche considerando il raffronto tra la presentazione del “(OMISSIS)”, come raffigurato a pagina 42 della rivista allegata da parte attrice, con le fotografie prodotte. Infatti dalle immagini riportate sulla rivista, non appare la trascuratezza evidenziata nelle fotografie citate;
1.1.e. – doveva ritenersi sussistente inesatto adempimento da parte di ALFA SRL e BETA SAS, che erano pertanto tenute al risarcimento del danno, poiché non ricorreva l’ipotesi di esonero di responsabilità di cui al D.Lgs.17 marzo 1995, n.111, art.17, scaturendo dallo stesso un’obbligazione di risultato, dalla quale l’operatore turistico può considerarsi liberato solo in caso di fatto del terzo a carattere imprevedibile o inevitabile, ovvero nel caso fortuito o nella forza maggiore.
1.1.d. – doveva essere risarcito il danno da vacanza rovinata, da qualificarsi quale danno non patrimoniale. I turisti sopportavano disagi a causa degli inadempimenti contrattuali, la cui risarcibilità trovava fondamento nel D.Lgs n.111 del 1995, art.16, che richiama l’art.13 della Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970 (di seguito, C.C.V.), resa esecutiva in Italia con la L.27 dicembre 1977, n.1084, che utilizza la locuzione “qualunque pregiudizio” causato al viaggiatore a motivo dell’inadempimento. Si verteva in ipotesi di pregiudizio la cui liquidazione è comunque prevista dalla legge, secondo il disposto dell’art. 2059 cc.
2. – La ALFA SRL propone ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi; resistono con controricorso il C. e la P. e chiedono respingersi i motivi di ricorso; l’altra intimata non ha svolto attività difensiva.
2.1. – Col PRIMO MOTIVO, la ricorrente deduce violazione del combinato disposto degli artt.163 e 164 cpc e falsa applicazione dell’art. 156 cpc, comma 3, in relazione all’art.360 cpc, n.3, per avere il Tribunale erroneamente rigettato l’eccezione preliminare di nullità dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e chiede alla Corte se sia “legittimo considerare sanato per effetto della costituzione del convenuto il vizio di nullità della citazione per inesistenza, nella copia notificata, della pagina contenente la vocatio in iudicium e le considerazioni finali in diritto“.
2.2. – Nel SECONDO MOTIVO, la ALFA SRL lamenta violazione del combinato disposto degli artt.2712 e 2697 cc, in relazione all’art.360cpc, n.3, circa la ritenuta ininfluenza del disconoscimento da lei operato in prime cure e chiede alla Corte se sia “legittimo considerare l’efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche prescindendo dalla volontà della parte contro la quale esse sono prodotte anche nel caso in cui la stessa le abbia ritualmente disconosciute ai sensi e per gli effetti dell’art. 2712 cc e per di più richiedere alla parte contro la quale esse sono prodotte sia l’onere di contestazione specifica di ogni situazione di fatto dedotta ex adverso sia l’onere di dimostrare il contrario di quanto le riproduzioni starebbero a rappresentare“.
2.3. – Nel TERZO MOTIVO, la ALFA SRL lamenta violazione del combinato disposto dell’art.2729 cc e art.116 cpc e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art.360 cpc, nn.3 e 5, circa la valutazione delle prove del ritenuto suo inadempimento contrattuale. Indica, quale fatto controverso, in ordine al quale la decisione si assume contraddittoria, la circostanza che il Tribunale, pur avendo in precedenza affermato l’inefficacia del disconoscimento da lei operato, nel prosieguo della motivazione (incipit pag. 13 della sentenza) ha ritenuto perfezionato il disconoscimento medesimo accettando come conseguenza di tale fatto che le riproduzioni fotografiche disconosciute siano degradate a “prova liberamente apprezzabile dal giudice ex art. 116 cpc”. Chiede alla Corte se sia “possibile, in costanza del disconoscimento delle medesime, considerare delle riproduzioni fotografiche come prova liberamente apprezzabile dal giudice ex art.116 cpc e sia possibile considerare dei fatti privi tra loro di collegamento e sprovvisti dei requisiti di certezza e gravità come presunzioni semplici ammesse dal giudice per la decisione della causa“.
2.4. – Col QUARTO MOTIVO, la società deduce violazione del D.Lgs. n.111 del 1995, art.17 e successive modificazioni e dell’art. 15 CCV, resa esecutiva con L.27 dicembre 1977, n.1084, in relazione all’art.360 cpc, n. 3, ritenendo erroneamente ritenuta l’inapplicabilità di dette norme e chiede alla Corte se sia “legittimo ritenere esclusa l’ipotesi di esonero di responsabilità dell’organizzatore di viaggi anche quando quest’ultimo si sia comportato da organizzatore di viaggi diligente nella scelta della persona o struttura che esegue il servizio e la scelta medesima sia stata il risultato di un comportamento informato, oculato e prudente, tale da far ragionevolmente prevedere che il servizio sarebbe stato reso in condizioni corrispondenti alle aspettative del viaggiatore“.
2.5. – Nel QUINTO MOTIVO, la ricorrente lamenta violazione degli artt.2697 e 2059 cc. nonché dell’art.115 cpc (art.360 cpc, n.3), per avere il Tribunale erroneamente ritenuto sussistente il danno non patrimoniale e chiede alla Corte se sia “legittimo considerare il cd. “danno da vacanza rovinata” come una fattispecie di danno in re ipsa e dunque ritenere i promotori di un giudizio avente ad oggetto tale richiesta risarcitoria esonerati dall’onere della prova della sussistenza di tale voce di danno non patrimoniale”.
2.6. – Nel SESTO MOTIVO, la ricorrente deduce violazione degli artt.1223 e 2059 nonché vizio di motivazione (art.360 cpc, nn.3 e 5) per omessa motivazione in ordine al riconoscimento del danno morale.
Il fatto controverso in ordine al quale la motivazione si assume omessa sarebbe rappresentato dalla circostanza che il Tribunale non avrebbe illustrato e giustificato le ragioni che lo hanno indotto a confermare la liquidazione del danno patrimoniale operata dal giudice di prime cure. Quanto alle violazioni di legge, chiede alla Corte se sia “legittimo omettere, nella liquidazione del danno morale, l’indicazione delle circostanze di fatto considerate dal giudice nel compimento della valutazione equitativa del danno medesimo nonché l’illustrazione del percorso logico che lo ha condotto a quel determinato risultato e prescindere comunque dalla applicazione delle “tabelle” utilizzate per la liquidazione del danno biologico“.
2.7. – Nel SETTIMO MOTIVO, la ricorrente deduce violazione degli artt.2697 e 1223 cc nonché degli artt.115 e 112 cpc e omessa motivazione (art.360 cpc, nn. 3 e 5). Il fatto controverso, in ordine al quale la motivazione si assume omessa, sarebbe rappresentato dalla circostanza che il Tribunale non avrebbe illustrato e giustificato le ragioni che lo hanno indotto a liquidare il danno patrimoniale, qualificato come “danno emergente“, nella misura del 50% del prezzo corrisposto dai viaggiatori per l’acquisto del pacchetto turistico. Quanto alle violazioni di legge, chiede alla Corte se sia “legittimo liquidare il danno patrimoniale asseritamente subito dai viaggiatori nella misura del 50% del prezzo del pacchetto turistico oggetto del contratto in assenza di qualsiasi allegazione da parte dei pretesi danneggiati, peraltro considerando il medesimo quale danno emergente, con omissione di qualsiasi spiegazione circa l’indicazione delle circostanze di fatto considerate dal giudice nel compimento della valutazione equitativa del danno medesimo nonchè l’illustrazione del percorso logico che lo ha condotto a quel determinato risultato“.
3.1. – Il PRIMO MOTIVO è manifestamente privo di pregio, non sussistendo il dedotto vizio. Il tribunale ha ritenuto sanata ogni eventuale irregolarità con la costituzione della parte. In ogni caso, il motivo non è specifico, ai sensi dell’art.366 cpc, n.4, perché non riferisce quale fosse il contenuto delle pagine asseritamente mancanti.
3.2.- Inoltre, il SECONDO ed il TERZO MOTIVO, non colgono nel segno, perché la mancanza di elementi di fatto in ordine all’iter processuale non consente d’individuare per quale motivo la regola di diritto nella specie applicata – relativa al libero apprezzamento delle riproduzioni oggetto di “mancato riconoscimento“, ovvero di disconoscimento generico – sarebbe illegittima; mentre essa si rivela in armonia con il consolidato indirizzo di questa S.C., secondo cui, in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui all’art.2712 cc, il “disconoscimento” che fa perdere alle riproduzioni stesse la loro qualità di prova – e che va distinto dal “mancato riconoscimento”, diretto o indiretto, il quale, invece, non esclude che il giudice possa liberamente apprezzare le riproduzioni legittimamente acquisite -, pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 cpc, deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass. n. 2117/2011;8998/2001).
Lo stesso dicasi in ordine al quarto ed al quinto motivo, posto che le censure con essi proposte non tengono conto dell’effettiva ratio decidendi: la sussistenza del danno da vacanza rovinata, nella specie, non è stato ritenuto sussistente in re ipsa, ma quale conseguenza del l’inadempimento al contratto di viaggio “tutto compreso”, con corretta applicazione, quindi, del regime della ripartizione dell’onere probatorio vigente in tema di responsabilità contrattuale, operante anche in base alla disciplina speciale (D.Lgs. n.111 del 1995), non avendo l’operatore turistico provato né il fatto del terzo, né il fortuito. Anche sul punto, la decisione impugnata si rivela in armonia con il consolidato orientamento secondo cui, dal contratto di organizzazione di viaggio regolato dal D.Lgs. n.111 del 1995 scaturisce in capo all’operatore turistico una obbligazione non di mezzi ma di risultato, per cui, in caso di inadempimento od inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, è a carico dello stesso operatore l’allegazione e la dimostrazione che il mancato o inesatto adempimento sono stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, che può consistere soltanto, secondo quanto prevede l’art.17 del predetto D.Lgs., nel fatto del terzo a carattere imprevedibile o inevitabile, ovvero nel caso fortuito o nella forza maggiore (Cass. n. 21343/2004;5189/2010).
3.3. – Tutti i restanti motivi del ricorso si rivelano inammissibili per mancanza del “momento di sintesi” in relazione a quelli (3, 6 e 7) che prospettano anche vizi motivazionali, nonché per inidoneità dei quesiti di diritto formulati in relazione a tutte le censure.
3.4. – Infatti, l’art.366 bis cpc, nel testo applicabile ratione temporis (la sentenza impugnata è stata depositata il 31.05.2006), prevede le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, disponendo la declaratoria d’inammissibilità del ricorso se, in presenza dei motivi previsti dall’art.360 cpc, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 ciascuna censura, all’esito della sua illustrazione, non si traduca in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art.384 cpc all’enunciazione del principio di diritto ovvero a dieta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza; mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art.360 cpc, n.5 (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta un’illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (Cass. n. 4556/09).
3.5. – Orbene, nel caso in esame, rispetto al terzo, sesto e settimo motivo che deducono in parte vizi motivazionali, non è stato formulato un idoneo “momento di sintesi“, che, come da questa Corte precisato, richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002). Manca, invero, in relazione a dette censure, l’indicazione delle ragioni per le quali le dedotte insufficienze della motivazione la rendano inidonea a sorreggere la decisione, di modo che manca l’adeguata sintesi, che circoscriva puntualmente i limiti della doglianza, in modo da non ingenerare incertezze nella formulazione del ricorso e nella valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U. n.20603/2007 e 16528/2008; Cass. n. 27680/2009, ord.). L’individuazione dei denunziali vizi di motivazione risulta, perciò, impropriamente rimessa all’attività esegetica del motivo da parte di questa Corte (Cass. n. 9470/08), che, invece, deve essere posta in condizione di comprendere dalla sola lettura del quesito o del momento di sintesi quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (Cass. n. 24255/2011). Peraltro, anziché indicare dei fatti controversi, parte ricorrente si limita ad indicare come controversi i giudizi espressi dal Tribunale sulle circostanze dibattute, così dimostrando che una sufficiente motivazione vi è, ma diverge, semplicemente da quella auspicata dalla parte stessa.
3.6. – Inoltre, rispetto a tutti i sette motivi, che deducono violazioni dell’art.360, n.3, si deve ribadire che il quesito di diritto, formulato a conclusione di ciascuno di essi, si rivela inidoneo, in quanto non può consistere in una domanda che si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni illustrate nel motivo e porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere al quesito con l’enunciazione di una regula iuris (principio di diritto) che sia suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. A titolo indicativo, si può delineare uno schema secondo il quale sinteticamente si domanda alla Corte se, in una fattispecie quale quella contestualmente e sommariamente descritta nel quesito (fatto), si applichi la regola di diritto auspicata dal ricorrente in luogo di quella diversa adottata nella sentenza impugnata (Cass. S.U., ord. n 2658/08). E ciò quand’anche le ragioni dell’errore e della soluzione che si assume corretta siano invece – come prescritto dall’art.366 cpc, n. 4 – adeguatamente indicate nella illustrazione del motivo, non potendo la norma di cui all’art.366 bis c.p.c. interpretarsi nel senso che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, poiché una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (Cass. 20 giugno 2008 n. 16941). Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede, pertanto, che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass., 17/7/2008 n. 19769; 26/3/2007, n. 7258). Occorre, insomma che la Corte, leggendo il solo quesito, possa comprendere l’errore di diritto che si assume compiuto dal giudice nel caso concreto e quale, secondo il ricorrente, sarebbe stata la regola da applicare.
3.7. – Non si rivelano, pertanto, idonei i quesiti formulati in relazione ai sette motivi del ricorso, dato che non contengono adeguati riferimenti in fatto (circa l’oggetto della questione controversa, né circa la sintesi degli sviluppi della controversia sullo stesso, né la precisa indicazione delle effettive ragioni della decisione oggetto delle critiche dei ricorrenti), né espongono chiaramente le regole di diritto che si assumono erroneamente applicate e, quanto a quelle di cui s’invoca l’applicazione, i quesiti stessi si limitano ad enunciazioni di carattere generale ed astratto che, in quanto prive di chiare e specifiche indicazioni sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, non consentono di dare risposte utili a definire la causa (Cass. S.U. 11.3.2008 n. 6420). Inoltre, il quesito di diritto non può risolversi in una tautologia o in un interrogativo circolare. che già presuppone la risposta, ovvero in cui la risposta non consente di risolvere il caso sub iudice (Cass. S.U. 2/12/2008 n. 28536; Cass. 25/3/2009 n. 7197).
4. – Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo nel rapporto con i resistenti; nulla per le spese nei confronti dell’altra intimata, che non ha svolto attività difensiva.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dei resistenti, che liquida complessivamente in Euro 2.800,00=, di cui Euro 2.600,00= per onorario, oltre accessori di legge.
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Numero Protocolo Interno : 170/2013