Nell’ipotesi di domanda tardiva di ammissione al passivo, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 101 L.F., c.d. super-tardiva o ultra-tardiva, cioè proposta oltre il termine di legge o fissato dal tribunale, la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile che giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto rimesso alla valutazione del giudice di merito che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità.
La comunicazione del fallimento alla banca creditrice si deve considerare avvenuta se il curatore ha informato il legale dell’istituto di credito, il quale è tenuto, in virtù del codice deontologico forense, ad informare il cliente sulla richiesta della curatela di sondare la disponibilità dell’assistita a far parte del comitato dei creditori.
Questi i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ., Pres. Di Virgilio – Rel. Campese, con l’ordinanza n. 30760 del 26.11.2019.
Il caso riguarda il fallimento di una società in liquidazione e la mancata ammissione al passivo del fallimento per la banca. La curatela aveva inviato all’istituto di credito, mediante pec, l’avviso ex articolo 92 della legge fallimentare e aveva ricevuto indietro il messaggio di posta piena “Mailbox full”. Sul punto, la banca si era soffermata rilevando come questa condizione di per sè non fosse ostativa alla pretesa dell’istituto di credito di insinuarsi tra i creditori della società fallita.
La Suprema Corte, però, ha configurato un profilo di responsabilità in capo al legale della banca.
L’avvocato, infatti, era a conoscenza del fallimento della società in liquidazione o dal novembre 2014, cioè da quando aveva ricevuto la richiesta della curatela volta a ottenere la disponibilità della sua assistita di fare parte del comitato dei creditori, o in ogni caso dal giugno 2015 data della perizia di stima depositata nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare allora in corso in danni della società poi fallita e in cui uno dei creditori procedenti era proprio la Banca.
La sentenza – richiamando il codice deontologico forense – ricorda come l’avvocato sia tenuto a informare il proprio assistito sullo svolgimento del mandato quando reputi opportuno; deve comunicare alla parte assistita la necessità del compimento di determinati atti al fine di evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso di trattazione; deve riferire al proprio assistito il contenuto di quanto appreso nell’esercizio del mandato se utile all’interesse delle parti.
Pertanto, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la banca dovesse certamente essere a conoscenza della dichiarazione sopravvenuta della società. Quindi la domanda di insinuazione al passivo, proposta soltanto nell’aprile del 2017 (oltre i termini di legge) è stata considerata inammissibile.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
INSINUAZIONE ULTRATARDIVA: MANCATO AVVISO EX ART. 92 LF, IL RITARDO PUÒ RITENERSI DIPENDENTE DA CAUSA NON IMPUTABILE A CREDITORE
ALLORCHÉ SIA CESSATA LA CAUSA DEL RITARDO, L’ART. 101 LF NON PREVEDE LA DECORRENZA DI UN NUOVO TERMINE ANNUALE
Sentenza | Cassazione Civile, Sezione Prima, Pres. Ceccherini – Rel. De Chiara | 24.11.2015 | n.23975
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