ISSN 2385-1376
Testo massima
A seguito delle riforme del 2005, mentre le “precisazioni” o “modificazioni” (c.d. «emendatio libelli») delle domande, eccezioni e conclusioni già formulate (c.d. “ius corrigendi” o “ius poenitendi”), possono essere avanzate da entrambe le parti tanto all’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., quanto entro il primo termine perentorio concesso dal Giudice ai sensi dell’art. 183, VI comma, n. 1), c.p.c., le “domande nuove” (c.d. «mutatio libelli»), invece, possono essere proposte dall’attore (e sempre che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto), unicamente nel corso dell’udienza di trattazione.
In linea di principio, la domanda deve ritenersi “nuova” allorché muti uno degli elementi costitutivi dell’azione:
1) i soggetti dell’azione (personae);
2) il petitum, ossia il provvedimento richiesto al giudice (c.d. petitum immediato) o il bene della vita richiesto alla controparte (c.d. petitum mediato);
3) la causa petendi, ossia la ragione giuridica o titolo giuridico su cui la domanda è fondata.
Qualora il difensore della parte, comparso all’udienza di precisazione delle conclusioni, abbia precisato in modo specifico, le domande e le eccezioni non riproposte, a meno che non si riconnettano strettamente con altre specificatamente riproposte o implicitamente confermate dalla condotta processuale della parte, debbono presumersi abbandonate o rinunciate, rientrando nei poteri del difensore la rinuncia ad un singolo capo della domanda o la riduzione delle originarie domande.
Questi i principi ribaditi dal Tribunale di Torino, dott. Edoardo Di Capua, nella sentenza del 12 giugno 2015, n. 4344, emessa a seguito di domanda di risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1456 c.c., nonché di risarcimento danni.
In particolare, il Tribunale di Torino veniva adito al fine di accertare e dichiarare risolto il contratto di cessione di ramo d’azienda, stipulato tra le parti in causa, a seguito della dichiarazione di volontà della società attrice-cedente, di avvalersi della clausola risolutiva espressa inserita nel contratto, stante l’inadempimento della convenuta-cessionaria.
Quest’ultima, infatti, risultava aver versato, al momento della stipulazione della scrittura privata, una piccola parte del prezzo, al quale non aveva fatto seguito il pagamento delle rate concordate tra le parti.
I. I due principi ribaditi dal Tribunale di Torino, sebbene possano considerarsi basilari nella pratica processuale, non sempre sono attentamente rispettati dagli operatori del diritto.
Le regole dettate dal codice di procedura civile in materia di “emendatio libelli“, “ius corrigendi” e “mutatio libelli“, sono spesso liberamente e discrezionalmente applicate.
Nel caso di specie, parte attrice chiedeva, per la prima volta con memoria ex art. 183, comma VI, n. 1 c.p.c., di condannare la società convenuta anche al risarcimento dei danni conseguenti alla perdita dell’avviamento, risultando tale domanda evidentemente nuova e dunque inammissibile.
Il Giudice adito ha, infatti, precisato che la c.d. “mutatio libelli” ossia l’introduzione nel giudizio di domande nuove che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto è ammissibile unicamente nel corso dell’udienza di trattazione, rilevandosi pertanto nel disposto dell’art. 183, comma V, c.p.c. una insuperabile preclusione.
II. Accanto al principio poc’anzi esaminato, il Tribunale di Torino ha chiarito, altresì, l’importanza della fase di precisazione delle conclusioni, non sempre affrontata con la dovuta scrupolosità.
Le argomentazioni sul punto, infatti, si concentrano proprio sulla condotta processuale della parte che abbia formulato nelle conclusioni dello scritto difensivo determinate pretese e che, nella fase di precisazione, ne abbia riproposte specificamente solo alcune all’attenzione del giudicante.
Nel caso di specie, con il proprio atto introduttivo, parte attrice chiedeva, oltre al risarcimento danni, anche la condanna della società convenuta alla riconsegna del ramo d’azienda ceduto. Tale richiesta, però, non risultava riproposta in sede di precisazione di conclusioni, di guisa che il Tribunale di Torino ha ritenuto di considerarla come abbandonata o rinunciata ed, in ossequio all’art. 112 c.p.c., ha omesso di pronunciarsi sul punto.
III. Superate le suddette questioni preliminari, il Giudice adito ha accolto parzialmente la domanda attorea, ritenendo sufficientemente allegati i fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio e non provati dalla controparte rimasta contumace i fatti estintivi dello stesso.
In conclusione, l’udienza di precisazione delle conclusioni è fondamentale per dare al Giudicante l’esatta rappresentazione delle domande articolate nel processo.
Testo del provvedimento
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