Il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta; ne deriva che la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore.
Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Pres. Rordorf – Rel. Giusti con la sentenza n. 18725 del 27 luglio 2017.
Nel caso di specie, il titolare di un conto corrente aveva ordinato alla banca il trasferimento di valori mobiliari, di cospicua entità, in favore di un soggetto terzo. Dopo qualche giorno dall’operazione, il primo muore. La vicenda giudiziaria nasce dall’azione intrapresa dalla figlia del de cuius, che, in qualità di erede, richiede la restituzione della quota di un terzo, ad essa spettante, del trasferimento avvenuto – complessivamente pari a circa 240 mila euro – in favore di una donna, la quale avrebbe prestato cure ed assistenza all’uomo durante la malattia che l’ha portato alla morte.
Gli Ermellini sgomberano il campo da ogni dubbio rispetto ai molteplici e contrastanti orientamenti giurisprudenziali sino ad ora sorti, partendo da un preciso distinguo fra:
- contratto tipico di donazione, per cui è richiesta la forma dell’atto pubblico a pena di nullità;
- liberalità diverse dalla donazione (dette anche donazioni indirette o liberalità atipiche), per cui non è richiesta la forma dell’atto pubblico, ma solo il rispetto della forma prescritta per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità[1].
Nella prima fattispecie rientrano certamente:
- il trasferimento del libretto di deposito a risparmio al portatore, effettuato dal depositante al terzo possessore al fine di compiere una liberalità;
- le liberalità attuate a mezzo di titoli di credito, quali l’assegno bancario o l’assegno circolare;
- l’accollo interno, con cui l’accollante, allo scopo di arricchire un familiare con proprio impoverimento, si è impegnato nei confronti di quest’ultimo a pagare all’istituto di credito le rate del mutuo bancario dal medesimo contratto;
- i trasferimenti di non modico valore da un conto corrente ad un altro, come nel caso di specie.
Nella seconda fattispecie rientrano, invece:
- il contratto a favore di terzo, a cui viene attribuito un diritto, senza che quest’ultimo paghi alcun corrispettivo e senza la prospettiva di un vantaggio economico per lo stipulante;
- la co-intestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora detta somma, all’atto della co-intestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, rilevandosi l’arricchimento senza corrispettivo dell’altro cointestatario;
- la co-intestazione di buoni postali fruttiferi, operata ad esempio da un genitore per ripartire fra i figli anticipatamente le proprie sostanze;
- il pagamento di un’obbligazione altrui compiuto dal terzo per spirito di liberalità verso il debitore;
- il pagamento del prezzo, da parte dei genitori, dell’immobile acquistato dal figlio con atto notarile di compravendita;
- la stipula di un contratto oneroso, il cui corrispettivo risulta essere o molto inferiore al valore reale del bene trasferito (a beneficio dell’acquirente) od eccessivamente alto (a beneficio dell’alienante).
Le Sezioni Unite hanno sostenuto che l’operazione bancaria in adempimento dello iussum svolge in realtà una funzione esecutiva di un atto negoziale ad esso esterno, intercorrente tra il beneficiante e il beneficiario, il quale soltanto è in grado di giustificare gli effetti del trasferimento di valori da un patrimonio all’altro. Si è di fronte, cioè, non ad una donazione attuata indirettamente in ragione della realizzazione indiretta della causa donandi, ma ad una donazione tipica ad esecuzione indiretta. Infatti, il trasferimento si realizza, non attraverso un’operazione triangolare di intermediazione giuridica, ma, più semplicemente, mediante un’attività di intermediazione gestoria dell’ente creditizio, rappresentando il bancogiro una mera modalità di trasferimento di valori del patrimonio di un soggetto in favore del patrimonio di altro soggetto. In questo senso va anche l’osservazione secondo la quale la banca non può rifiutarsi di eseguire l’operazione (a differenza di quanto previsto per la delegazione nella quale, ex art. 1269 comma 2 c.c., il delegato – ancorché debitore del delegante – può non accettare l’incarico).
In conclusione, la donazione diretta, in assenza di atto pubblico, è nulla: il ricorso presentato dalla figlia del de cuius viene per questi motivi accolto. Ciò significa che la somma di denaro trasferita non è mai uscita dalla sfera giuridica del donante e, di conseguenza, dei suoi eredi: pertanto, la figlia ha diritto alla sua restituzione.
[1] L’esclusione dell’onere della prova è implicitamente prevista: difatti, l’art. 809 c.c. non richiama l’art. 782 c.c., che prescrive l’atto pubblico per il contratto di donazione.
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