L’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da un apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, e la dichiarazione di volerne profittare, senza che sia anche necessaria l’indicazione di specifiche rimesse solutorie.
Questo è il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Pres. Tirelli – Rel. Sambito con la sentenza n. 15895 del 13.06.2019.
LA QUAESTIO IURIS
La questione è se, nel formulare l’eccezione di prescrizione, la banca debba necessariamente indicare il termine iniziale del decorso della prescrizione, e cioè l’esistenza di singoli versamenti solutori, a partire dai quali l’inerzia del titolare del diritto può venire in rilievo, o se possa limitarsi ad opporre tale inerzia, spettando poi al giudice verificarne effettività e durata, in base alla norma in concreto applicabile.
IL CONTRASTO
La vicenda da cui ha tratto origine la pronuncia de qua ha riguardato una società correntista che, in primo grado, conveniva in giudizio un istituto di credito chiedendo la rideterminazione del saldo relativo a due conti correnti di corrispondenza, previa declaratoria di nullità delle clausole di determinazione del tasso d’interesse in base agli usi praticati “su piazza” e di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi ed escluse le commissioni di massimo scoperto, non pattuite. Chiedeva, inoltre, la condanna dell’Istituto di credito convenuto alla restituzione delle somme indebitamente percepite.
Instauratosi il contraddittorio, la Banca convenuta negava la propria legittimazione passiva, e, nel merito, eccepiva la prescrizione dell’azione di ripetizione, facendo presente che i contratti erano assistiti da apertura di credito.
I giudici d’appello affermavano che l’eccezione di prescrizione era stata ritualmente sollevata dalla Banca, e, distinguendo, in dichiarata applicazione dei principi affermati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 24418 del 2010, tra versamenti aventi funzione solutoria (e, cioè, effettuati in un momento in cui il conto era scoperto, perché non erano ancora state concesse aperture di credito o perché l’esposizione a debito era maggiore di quella autorizzata) e versamenti aventi funzione ripristinatoria (e, cioè, compiuti durante l’operatività delle aperture di credito e in presenza di un saldo debitorio inferiore all’affidamento concesso), accoglievano l’eccezione di prescrizione solo con riferimento ai primi, affermando che solo per essi il termine di prescrizione decennale era decorso dalla data del versamento, e non dalla cessazione del rapporto, nella specie intervenuta entro tale termine con riferimento ad entrambi i conti correnti.
Avverso tale decisione la società correntista proponeva ricorso per cassazione fondato su quattro motivi.
L’istituto di credito notificava controricorso, ed entrambe le parti depositavano memorie.
All’esito dell’adunanza camerale, la Prima sezione della Corte di Cassazione ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite, rilevando l’esistenza di un contrasto interpretativo in ordine alla questione relativa alle modalità con le quali deve essere formulata, per essere ammissibile, l’eccezione di prescrizione da parte della banca.
Secondo un primo orientamento (Cass. n. 4518 del 2014 – Cass. n. 20933 del 2017 – Cass. n. 28819 del 2017 – Cass. n. 17998 del 2018 – Cass. n. 18479 del 2018 – Cass. n. 33320 del 2018), si è ritenuto che incombe sull’istituto di credito, quando eccepisce la prescrizione del credito, l’onere di far valere l’avvenuta effettuazione di rimesse solutorie in pendenza di rapporto, non essendo configurabile, in mancanza di tali versamenti, l’inerzia del creditore.
Hanno aderito all’orientamento avverso (Cass. n. 2308 del 2017 – Cass. n. 18581 del 2017- Cass. n. 4372 del 2018 – Cass. n. 5571 del 2018 – Cass. n. 18144 del 2018 – Cass. n. 30885 del 2018- Cass. n. 2660 del 2019) il quale afferma, invece, che l’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare, senza rilevare l’erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso.
LA SOLUZIONE
Le Sezioni Unite, nel dirimere il contrasto giurisprudenziale ed interpretativo, hanno ritenuto necessario rimarcare che l’onere di allegazione è concettualmente distinto dall’onere della prova, attenendo il primo alla delimitazione del thema decidendum mentre il secondo alla verifica della fondatezza della domanda o dell’eccezione, costituisce per il giudice regola di definizione del processo.
Nello specifico tema della prescrizione estintiva, oggetto di disamina, la giurisprudenza di legittimità ha già precedentemente avuto modo di affermare che il relativo elemento costitutivo è rappresentato dall’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di detta inerzia, necessaria per il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l’identificazione del diritto e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge.
In tale ottica, la soluzione offerta dalle Sezioni Unite è che non è necessaria, da parte della Banca, l’indicazione del dies a quo del decorso della prescrizione. E’ stato infatti ribadito che l’elemento qualificante dell’eccezione di prescrizione è l’allegazione dell’inerzia del titolare del diritto, che costituisce il fatto principale, nei sensi di cui si è detto, al quale la legge riconnette l’invocato effetto estintivo.
Il Collegio ha, infine, aggiunto che il problema della specifica indicazione delle rimesse solutorie non viene eliminato, ma semplicemente si sposta dal piano delle allegazioni a quello della prova, sicché il giudice valuterà la fondatezza delle contrapposte tesi al lume del riparto dell’onere probatorio, se del caso avvalendosi di una consulenza tecnica a carattere percipiente.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, i giudici di legittimità hanno cassato con rinvio, per i necessari accertamenti, anche in riferimento alle spese, la decisione gravata.
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