Non basta aver costituito un bene in fondo patrimoniale per sfuggire all’azione del creditore.
Il coniuge che ha costituito un proprio bene nel fondo patrimoniale e agisce contro un creditore per l’illegittimità dell’ipoteca deve allegare e provare che il debito era stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore era a conoscenza di tale circostanza.
Per l’iscrizione dell’ipoteca è del tutto irrilevante che il debito sia inferiore agli euro 8.000, ciò che conta è dimostrare la conoscenza o non conoscenza della funzionalizzazione del debito a bisogni estranei alla famiglia.
Ad affermarlo è stata la Corte di cassazione, sezione terza con sentenza n. 5385 del 05/03/2013, ha testualmente espresso:
“qualora il coniuge che ha costituito un fondo patrimoniale familiare conferendovi un suo bene agisca contro il suo creditore chiedendo, in ragione della sua appartenenza al fondo, la declaratoria, ai sensi dell’art. 170 cc, della illegittimità dell’iscrizione di ipoteca che egli abbia fatto sul bene, deve allegare e provare che il debito per cui è stata iscritta l’ipoteca è stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore era a conoscenza di tale circostanza. Tali oneri sussistono anche in relazione all’iscrizione di ipoteca ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77.”.
Ne deriva che, laddove il creditore era a conoscenza di tale estraneità, l’esattore non potrà iscrivere ipoteca su detti beni e l’eventuale iscrizione sarà illegittima.
Pertanto, “In sede di giudizio di cassazione contro una sentenza di merito che abbia rigettato la domanda ritenendo non soggetta all’articolo 170 l’iscrizione di ipoteca, la Corte di cassazione, qualora constati che i detti oneri risultano inadempiuti, deve rigettare il ricorso, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata“.
La constatazione dell’esistenza di tale ragione di rigetto dev’essere fatta dai giudici di legittimità e non sarà possibile far luogo a cassazione con rinvio, atteso che il giudizio di rinvio risulterebbe del tutto superfluo, in quanto non potrebbe portare che alla constatazione che la domanda era basata su fati costitutivi generici e soprattutto indimostrati e non potrebbe che essere respinta, dato il carattere chiuso del giudizio di rinvio.
In relazione all’onere della prova in materia di fondo patrimoniale si richiama la recente pronuncia dalla Corte di Cassazione n. 2970 del 07/02/2013
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26737/2010 proposto
da:
B.G.R.;
– RICORRENTE –
contro
EQUITALIA;
– CONTRORICORRENTE –
avverso la sentenza n. 1086/2009
della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/09/2009, R.G.N. 2401/2004;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
p.1. B.G.R. ha proposto ricorso per cassazione contro Equitalia s.p.a., quale società incorporante (Equitalia Ravenna s.p.a., già Ravenna Riscossione s.p.a. e già S. Ravenna s.p.a. avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna del 15 settembre 2009, che ha rigettato l’appello da lui proposto contro la sentenza del Tribunale di Ravenna che aveva rigettato la domanda proposta il 7 aprile 2003 da esso ricorrente contro P.S. s.p.a. per ottenere la cancellazione dell’ipoteca legale iscritta da detta società il 18 dicembre 2002 per Euro 5.651,90, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, ed a garanzia di un credito tributario derivante da una cartella esattoriale relativa a crediti I.N.P.S., sulla sua quota – paritaria con la moglie – di comproprietà di un immobile.
La domanda del B. si era basata sull’allegazione che la quota ipotecata si riferiva ad un immobile che i due coniugi avevano costituito in fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia ai sensi dell’art. 167 c.c., con un atto pubblico del maggio 1996 e che come tale, non essendo essa suscettibile di esecuzione forzata, non poteva nemmeno essere ipotecata.
P.2. Al ricorso ha resistito con controricorso la Equitalia s.p.a..
p.3. Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
p.1. Con il PRIMO motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 cpc, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 602 del
1973, art. 77, e art. 170 cc“.
Con il SECONDO motivo di ricorso si lamenta “violazione e falsa applicazione dei legge ex art. 360 cpc, n. 3, in relazione agli artt. 2808 e 2810 c.c., ed agli artt. 169 e 170 cc“.
Con il TERZO motivo “violazione e falsa applicazione di lege ex art.360 cpc, n. 3, in relazione all’art.2808 cc“.
I tre motivi contestano la motivazione della decisione impugnata là dove ha escluso che l’iscrizione ipotecaria cui procedette l’esattore potesse considerarsi un atto vietato dall’art. 170 c.c..
p.1.1. Il primo motivo critica la sentenza per avere giustificato tale conclusione a motivo che l’iscrizione ipotecaria non è atto esecutivo, bensì soltanto atto costitutivo della garanzia patrimoniale. La critica è svolta invocando Cass. sez. un. n. 4077 del 2010, nel punto in cui ha ravvisato la ragione per affermare l’illegittimità dell’iscrizione di ipoteca per debiti di valore inferiore ad Euro 8.000,00 nell’essere l’iscrizione preordinata e strumentale all’espropriazione immobiliare.
Si sostiene che, poichè l’ipoteca di cui al D.P.R. n.602 del 1973, art.77, è atto finalizzato alla successiva esecuzione sul bene ipotecato, la sua strumentalità rispetto alla successiva esecuzione giustificherebbe che la costituzione dell’ipoteca sia assoggettata allo stesso limite previsto dall’art. 170 c.c., in relazione al fondo patrimoniale per l’espropriazione forzata. D’altro canto, si argomenta, il titolo in base al quale può procedersi all’iscrizione di ipoteca è lo stesso sulla base del quale può procedersi all’esecuzione, cioè il ruolo (D.P.R. n.633 del 1972, art.77, comma 1).
p.1.2. Il secondo motivo critica, invece, l’affermazione della sentenza impugnata che, ad ulteriore giustificazione della ritenuta sottrazione dell’iscrizione ipotecaria al regime dell’art. 170, ha addotto che essa non potrebbe essere ritenuta di per illegittima, in quanto, avendo l’ipoteca funzione di garanzia e non avendo il fondo durata illimitata, il dispiegarsi della funzione di garanzia è possibile durante la vita del fondo, restando vietata soltanto l’esecuzione.
Tale affermazione della sentenza impugnata non terrebbe conto che in tal modo:
a) si contraddirebbe la stessa funzione dell’ipoteca di attribuzione di un diritto di soddisfarsi sul bene nonostante l’alienazione ad un terzo, posto che i beni del fondo patrimoniale, essendo destinati a soddisfare i bisogni della famiglia non sono alienabili liberamente, bensì soltanto con l’autorizzazione del tribunale ai sensi dell’art. 169 c.c.;
b) si verificherebbe un contrasto con il disposto dell’art. 2810 c.c., n. 1, che esclude l’assoggettabilità ad ipoteca dei beni incommerciabili, quali sarebbero quelli appartenenti al fondo patrimoniale in ragione di quel regime;
c) si determinerebbe un contrasto con lo stesso profilo funzionale del fondo patrimoniale, in quanto il vincolo ipotecario, pur non potendo portare all’esecuzione, si concreterebbe in “una limitazione attuale ed immediata all’amministrazione, al valore intrinseco ed alla disponibilità del bene, in costanza del fondo patrimoniale stesso frustrandone di fatto le finalità, così come tutelate dagli artt. 169 e 170 cc“, cioè quelle tede ad assicurare il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, che potrebbe anche giustificare un’alienazione del bene con destinazione del ricavato sempre ai bisogni della stessa. Cosa che era accaduto nel caso di specie, nel quale al momento dell’iscrizione ipotecaria il Tribunale di Ravenna, in data 27 settembre 2001, aveva già autorizzato la cessione dell’immobile per le esigenze familiari connesse all’acquisto di una casa di abitazione in Spagna, dove la famiglia B. si era già trasferita per ragioni lavorative. Alienazione che l’iscrizione ipotecaria aveva di fatto impedito per la compressione del valore commerciale dell’immobile, la cui utilità si era ridotta, pur in costanza di esistenza del fondo, al solo godimento diretto o indiretto, cioè mediante la consecuzione di eventuali frutti civili.
Da queste complessive considerazioni si fa discendere che l’iscrizione ipotecaria su beni del fondo patrimoniale confliggerebbe con l’impiego del bene per i bisogni della famiglia e, quindi, si pone in contrasto con gli artt.169 e 170 cc.
p.1.3. Il terzo motivo critica l’affermazione finale della sentenza impugnata con cui la Corte bolognese si è così espressa: “diverso problema è
quello – accennato nella sentenza impugnata – della eventuale inopponibilità della ipoteca al fondo patrimoniale durante la sua esistenza, ma tale problema è estranea alla presente controversia, posto che il B. ha chiesto la cancellazione del vincolo sul presupposto della sua illegittimità in quanto atto vietato dall’art.170 cc, e non la declaratoria di una sua eventuale inefficacia relativa“.
La critica è svolta adducendosi che, una volta condiviso l’avviso che l’ipoteca non possa produrre gli effetti normalmente supposti dall’art.2808 cc, non avrebbe senso ipotizzare un’inefficacia se non assoluta.
p.2. L’esame dei tre motivi può procedere congiuntamente, in quanto essi pongono sotto distinti profili, un unico problema, quello della legittimità dell’iscrizione ipotecaria in generale su un bene conferito nel fondo patrimoniale.
Con riferimento alla fattispecie oggetto di lite, peraltro, il problema si specifica in un sotto problema, posto che il regime dell’iscrizione ipotecaria che viene in rilievo è quello speciale dell’ipoteca prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art.77, che ha natura di ipoteca prevista dalla legge (e, dunque, non volontaria ai sensi dell’art. 2821 cc), ma non è assimilabile nè a quella c.d. legale di cui all’art.2817 c.c., nè
a quella giudiziale di cui all’art. 2818 c.c., come recentemente è stato affermato da questa Corte, con riferimento alla problematica fallimentare. Si veda Cass. n. 3232 del 2012, secondo cui “L’iscrizione di ipoteca ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77, sugli immobili del debitore e dei coobbligati al pagamento dell’imposta, non è riconducibile ali1 ipoteca legale prevista dall’art. 2817 c.c., nè è ad essa assimilabile, mancando un preesistente atto negoziale, il cui adempimento il legislatore abbia inteso garantire; essa, peraltro, neppure può accostarsi all’ipoteca giudiziale, prevista dall’art. 2818 c.c., con lo scopo di rafforzare l’adempimento di una generica obbligazione pecuniaria ed avente titolo in un provvedimento del giudice, in quanto quella in esame si fonda su di un provvedimento amministrativo. Ne deriva che, non rientrando nel disposto della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 4, l’ipoteca in questione non è suscettibile di revocatoria fallimentare, limitata a quelle volontarie e giudiziali” (in senso conforme Cass. n. 3397 del 2012).
L’ipoteca in questione, infatti, è certamente prevista dalla legge, ma nel senso che è direttamente dalla legge che deriva la legittimazione dell’esattore all’iscrizione, la quale, però, almeno di norma, avviene sulla base di una sua scelta e con una manifestazione provvedimentale, salvo per il caso previsto dal comma secondo della norma, che, in tutte le varie versioni di essa succedutesi nel tempo (a far tempo dalla prima versione introdotta dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 16) prevede una certa doverosità dell’iscrizione in presenza di taluni presupposti. L’iscrizione avviene, dunque, sulla base, di norma, dell’esercizio di un diritto potestativo dell’esattore nello svolgimento delle sue funzioni coattive e, quindi, sulla base del potere autoritativo lato sensu amministrativo connesso alle sue funzioni, tant’è vero che non è richiesto
l’intervento del giudice.
In ragione di tali caratteristiche l’ipoteca di cui all’art.77 sfugge, dunque, all’incasellamento in una delle categorie di cui al terzo comma dell’art.2808 cc, e si connota come una fattispecie del tutto particolare.
Si rileva ancora che il problema che è posto a questa Corte concerne ratione temporis il testo dell’art.77 citato vigente al momento dell’iscrizione ipotecaria, ma, in realtà, la sua soluzione prescinde dalle varie versioni della norma succedutesi nel tempo, investendo la stessa legittimità dell’iscrizione in riferimento all’art.170 cc.
p.3. Il Collegio ritiene che la motivazione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che l’iscrizione ipotecaria di cui trattasi non fosse preclusa dall’art.170 cc, e fosse, dunque, legittima, non sia corretta, ma, nel contempo, sulla base di quanto è messo in grado di percepire senza bisogno di accertamenti di fatto, ritiene che il dispositivo della sentenza impugnata debba ritenersi conforme a diritto sulla base di una diversa motivazione.
Queste le ragioni.
p.3.1. Prendendo le mosse, come postula parte ricorrente nel primo motivo, dalla sottolineatura del profilo funzionale che le Sezioni Unite hanno dato all’iscrizione di cui all’art. 77, sia pure ad altro effetto, va ricordato che Esse hanno affermato che “In tema di riscossione coattiva delle imposte, l’ipoteca prevista dal D.P.R. n.602 del 1973, art.77, rappresentando un atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, soggiace agli stessi limiti per quest’ultima stabiliti dall’art.76, del medesimo D.P.R., come da ultimo modificato dal D.L. n.203 del 2005, art.3, conv. in L. n.248 del 2005, e non può, quindi, essere iscritta se il debito del contribuente non supera gli ottomila Euro“.
Questa sottolineatura, peraltro, assume importanza ai fini della soluzione del problema in esame, ma non un’importanza decisiva.
La ricerca della soluzione del problema, ad avviso del Collegio, deve avvenire partendo dalla disciplina del fondo patrimoniale e segnatamente attraverso la considerazione della lettura che recentemente la Prima Sezione Civile di questa Corte, cioè Cass. n. 13622 del 2010 ha dato dell’atteggiarsi del fondo verso i terzi esaminando la previsione dell’art.169 cc, là dove fa riferimento alle condizioni alle quali è possibile fra l’altro ipotecare i beni immobili facenti parte del fondo patrimoniale. Tale lettura è stata nel senso di restringere l’ambito di applicazione della previsione della norma – che considera, accanto all’ipotecare, l’alienare, il dare in pegno ed il comunque vincolare i beni – tanto nel significato di regola generale (cioè in mancanza di previsione da parte dell’atto di costituzione del fondo di tali possibilità), quanto in presenza di una simile previsione, esclusivamente agli atti di costituzione di ipoteca (ed agli altri contemplati) provenienti dalla volontà del titolare del bene conferito nel fondo (cioè il coniuge, oppure il terzo cui allude l’art.167 cc, comma 1).
In sostanza, si è condivisibilmente ritenuto che l’art.169 regoli esclusivamente l’ipotesi di costituzione volontaria di ipoteca sul bene conferito nel fondo da parte del coniuge proprietario del bene oppure del terzo che ha costituito il fondo. Se nell’atto di costituzione del fondo non è stata espressamente prevista la facoltà di concedere ipoteca, essa non può essere esercitata da quei soggetti. Se quella previsione vi è stata essa soggiace alle condizioni di cui alla norma.
Del tutto al di fuori dell’art.169 è stata collocata la fattispecie in cui non venga in rilievo il problema dell’ipoteca costituita volontariamente dal coniuge o dal terzo, ma si pretenda di far valere un’ipoteca su un bene del fondo da parte di un soggetto estraneo alla costituzione del fondo e ciò, è stato detto, anche se chi ha costituito il fondo abbia autorizzato l’ipotecabilità, intendendosi essa riferita solo ai soggetti titolari dei beni costituenti il fondo.
Questa lettura della norma, evidentemente, lascia al di fuori dell’art. 169 sia l’ipotesi di ipoteca legale sia quella di ipoteca giudiziale. E ciò, perchè in tal caso non viene in rilievo la volontà del coniuge o del terzo costituente il fondo, bensì una “volontà” esterna all’ambito soggettivo del fondo e, particolarmente o derivante dalla stessa automatica previsione di legge o da un terzo, nel caso di ipoteca giudiziale (posto che pur sempre in tal caso è necessaria un’iniziativa del creditore per l’iscrizione).
Ora è palese che anche la costituzione della stessa ipoteca di cui all’art.77, supponendo un’iniziativa di un soggetto estraneo al fondo (qual è l’esattore), si colloca al di fuori della fattispecie dell’art.169 come letta dalla Prima Sezione, al cui orientamento questa sezione intende prestare adesione.
Ne deriva che il problema della possibilità di un’iscrizione ipotecaria legale o giudiziale o – per quanto interessa – secondo la fattispecie particolare dell’art.77 dev’essere risolto sulla base delle altre norme regolatrici del fondo patrimoniale.
p.3.2. Rispetto all’ipoteca
legale ed a quella giudiziale, essendosi la disciplina del fondo inserita nel Codice Civile con la riforma del diritto di famiglia, il rapporto fra la
normativa di generale previsione di dette forme di ipoteca e quella particolare del fondo si deve risolvere – tanto più per il fatto che la disciplina del fondo è stata collocata all’interno del Codice, di cui faceva parte la disciplina di dette forme di ipoteca – nel senso che, se si rinviene nella regolamentazione del fondo stesso un principio che non risulta compatibile o risulta compatibile solo entro certi limiti con la possibilità che sui beni del fondo si possa iscrivere un’ipoteca legale o giudiziale, per come è previsto dalla normativa generale sull’ipoteca, il rapporto va individuato nel senso che la lex posterior specialis espressasi con l’introduzione della disciplina del fondo ha inteso derogare a quella generale delle due ipotesi di ipoteca sopra indicate.
Ora, va rilevato che, se si considera l’ipotesi di cui all’art. 2817, cioè quella dell’ipoteca legale, una volta considerato che la fattispecie del n.1, supponendo che vi sia stata alienazione dell’immobile, finisce per collocarsi nell’ambito dell’art.169, nel senso che non può che ripetere la disciplina dell’atto di alienazione (per cui diventerà decisivo il fatto che se l’atto di alienazione sia stato possibile o meno ai sensi di quella norma) ed una volta rilevato che l’ipotesi del n.2, non risulta interferire con l’ipotesi che si abbia un fondo patrimoniale, risulta da considerare effettivamente quella del n.3, ed è per essa che il problema accennato si pone, potendo l’imputato o il responsabile civile cui essa allude identificarsi con il coniuge o con il terzo che ha costituito il fondo.
Viceversa, lo stesso problema si pone in generale per l’ipoteca giudiziale, posto che il debitore cui allude l’art. 2818 può ben essere il coniuge o il terzo che ha costituito il fondo.
p.3.3. Ai fini della soluzione del problema, essendo sia l’ipoteca di cui all’art.2817, n.3, sia quella di cui all’art.2818 cc, ricollegati a fattispecie che originano da fatti costitutivi che dipendono da evenienze che suppongono il coinvolgimento di un terzo estraneo alla costituzione del fondo patrimoniale e, quindi, di una sua iniziativa diretta alla costituzione dell’ipoteca, l’interprete deve interrogarsi sulla presenza nella disciplina del fondo patrimoniale di una norma che, regolando la posizione dei terzi rispetto al fondo, s presti a regolare anche la situazione del terzo che voglia iscrivere ipoteca ai sensi delle dette norme.
Una norma di questo contenuto esiste e si rinviene nell’art.170 cc. Essa si occupa della possibilità dell’esecuzione su beni e sui frutti del fondo e sotto tale profilo evoca chiaramente un’esecuzione di iniziativa di un terzo estraneo al fondo.
La norma non esclude in modo assoluto l’esecuzione, ma la condiziona all’essere la situazione per cui si procede e deve essere coattivamente realizzata (che viene chiamata “debito“, ma, correlativamente, evoca il “credito“) insorta “per scopi estranei ai bisogni della famiglia” e conosciuta dal creditore come tale. La formulazione della norma, evocando direttamente l’esecuzione, sembrerebbe porre una previsione che nelle intenzioni del legislatore parrebbe diretta a regolare soltanto l’inizio dell’esecuzione. Onde potrebbe pensarsi che la norma si occupi solo di regolare questo momento.
Senonchè l’evocazione nella sostanza di tre distinte situazioni, quella dei “debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi
estranei ai bisogni della famiglia” e, a contrario, quella dei “debiti che il creditore non conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia“, nonchè quella dei “debiti contratti per scopi non estranei ai bisogni della famiglia” e, quindi, assunti per
soddisfare tali bisogni evidentemente dal soggetto che ha costituito il fondo conferendovi un bene e che normalmente dovrebbe rispondere, secondo la regola generale dell’art.2740 cc, con il suo patrimonio e, quindi, anche con esso, evidenzia che in realtà il legislatore ha voluto dettare una regola che non riguarda tanto l’inizio dell’esecuzione, bensì la forza stessa del titolo che potrebbe astrattamente svolgere la funzione di titolo per l’esecuzione sul bene facente pare del fondo patrimoniale, perchè, evidentemente, formatosi contro il coniuge o contro il terzo che costituì il fondo.
p.3.4. Ne deriva allora che l’oggetto vero e proprio della regola dettata nell’art. 170 finisce per essere l’efficacia verso il fondo dei “titoli”
che potrebbero giustificare l’esecuzione su un bene facente parte del fondo patrimoniale. L’esistenza di tale efficacia o al contrario la sua inesistenza sono il vero oggetto di disciplina della norma e non, come potrebbe riduttivamente credersi, l’inizio dell’esecuzione.
Ebbene se si accetta tale esegesi della norma, poichè l’ipoteca in generale ai sensi dell’art. 2808 “attribuisce al creditore il diritto di
espropriare anche in confronto del terzo acquirente” e, quindi, prima ancora, se terzo acquirente non vi sia, verso chi ha dato o è tenuto alla
garanzia con il bene oggetto di ipoteca il debitore, ne viene che la norma dell’art.170 si presta anche a regolare le condizioni in presenza delle quali un titolo che, ai sensi del n.3, dell’art.2817 cc, o dell’art.2818 cc, potrebbe astrattamente giustificare l’insorgenza dell’ipoteca su un bene conferito nel fondo patrimoniale e, quindi, in proiezione l’esecuzione su di esso, può in concreto svolgere tale funzione.
In altri termini la norma dell’art. 170 se regola l’efficacia sui beni del fondo di titoli che possono giustificare l’esecuzione su di essi, si presta a regolare l’efficacia dei titoli che giustificano l’iscrizione di ipoteca ai sensi dell’art.2817 cc, n.3, e art. 2818 cc, e, quindi, sono funzionali all’esecuzione.
Ne consegue che l’ipoteca può iscriversi alle stesse condizioni alle quali un titolo esecutivo formatosi a carico del coniuge o del terzo che ha conferito il bene potrebbe essere fato valere su di esso.
Il fatto che l’iscrizione di ipoteca potrebbe insistere sul bene senza che si dia corso all’esecuzione, così svolgendo cioè solo funzione di garanzia in vista di un’attività esecutiva da esercitarsi solo quando il bene fosse non più parte del fondo non è, d’altro canto, sufficiente ad escludere quanto appena affermato, una volta che si consideri che l’art.170 vuole regolare le condizioni alle quali un titolo ottenuto da un terzo ed idoneo a consentire l’esecuzione, potrebbe farsi valere a questo scopo sul bene compreso. Poichè, una volta iscritta, l’ipoteca comporta che il bene possa essere esecutato è sufficiente tale idoneità a giustificare l’attrazione della fattispecie nel regime dell’art. 170.
E non v’è nemmeno bisogno di fare leva sul fato che l’iscrizione si risolve comunque in un peso sul bene e come tale evoca la nozione del “vincolare i beni facenti parte del fondo patrimoniale”, contenuta nell’art.169.
p.3.5. Discende da quanto osservato che l’insorgenza su un bene compreso in un fondo patrimoniale dell’ipoteca si può avere sempre nel caso di “debito contratto per scopo non estraneo ai bisogni della famiglia” dal coniuge o dal terzo che l’ha conferito (si può pensare che una simile
possibilità, normale per la fattispecie da cui può originare l’ipoteca giudiziale, possa al limite configurarsi anche per l’ipoteca di cui all’art.2817 cc, n.3: si pensi ad un’attività delittuosa del coniuge o del terzo che costituì il fondo che sia stata compiuta per uno scopo di quel genere e ciò soprattutto nell’ottica riguardante il responsabile civile), mentre, nel caso di debito contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, l’ipoteca può ancora insorgere legittimamente se il creditore non sia stato consapevole di tale estraneità e non può invece legittimamente insorgere se al contrario il creditore sia stato consapevole di quella estraneità.
La disciplina del fondo patrimoniale risulta, dunque, contenere fin dalla sua introduzione anche una regola che consentiva e consente di individuare l’atteggiarsi delle fattispecie di costituzione non volontaria dell’ipoteca, cioè quelle dell’ipoteca legale (sia pure con sostanziale riferimento all’ipotesi dell’art. 2817, n.3, come s’è detto) e quella dell’ipoteca giudiziale.
Il coordinamento fra le due discipline si poteva dire realizzato dal legislatore con la regola dell’art. 170, interpretata nel senso su indicato.
p.4. Può passarsi ora all’esame della questione del rapporto fra la disciplina del fondo patrimoniale e quella dell’ipoteca di cui al D.P.R. n.602 del 1973, art.77.
In tal caso si è in presenza di una norma sopravvenuta rispetto sia alla disciplina generale dell’ipoteca sia a quella del fondo.
S’è già veduto che la fattispecie di ipoteca dell’art.77 si presenta con peculiarità che non consentono di collocarla nè nell’ambito dell’art.2817, nè nell’ambito dell’art. 2818 cc.
La circostanza che non si tratta di ipoteca che sorge da atto di costituzione del coniuge (o del terzo) che costituì il fondo la colloca certamente al di fuori della disciplina della norma dell’art. 169. Viceversa, le sue particolarità non sono sufficienti a sottrarla alla disciplina dell’art.170, per come sopra ricostruita.
In tanto, la nuova lex spedalis espressa nell’art.77 non contiene alcun indice che si preoccupi di dettare una regola a sua volta speciale quando il bene faccia parte di un fondo patrimoniale.
D’altro canto, non è possibile ritenere che il legislatore nell’introdurre l’art.77 abbia inteso, con la previsione della possibilità di iscrivere l’ipoteca da esso prevista, sottrarre tale possibilità alla osservanza da parte dell’esattore di eventuali regole particolari pregresse esistenti in ragione della particolare condizione del bene del debitore cui allude l’art.77.
Non potrebbe, così sostenersi, che l’esattore, se il bene è incommerciabile ai sensi dell’art.2810 cc, n.1, possa iscrivere ipoteca. In sostanza, non è dubitabile che l’art. 77 debba coordinarsi con la disciplina generale dell’ipoteca.
In mancanza di indici contrari, l’essere l’iscrivibilità delle ipoteche non volontarie sui beni del fondo patrimoniale sostanzialmente disciplinata dall’art.170, una volta coniugata con la caratterizzazione dell’ipoteca di cui all’art.77 come fattispecie di ipoteca certamente non volontaria e derivante da un atto di un soggetto terzo rispetto al fondo, non ha potuto che comportare la conseguenza della soggezione della
fattispecie dell’art.77, quando il bene del debitore fa parte del fondo patrimoniale, nell’ambito della disciplina dello stesso art.170 per come sopra interpretata.
Dev’essere, pertanto, affermato il seguente principio di diritto:
“l’art.170 cc, nel regolare in generale, facendo riferimento alla finalità per cui è stato contratto il debito ed alla conoscenza di tale
finalità quando essa non sia stata il soddisfacimento di bisogni della famiglia, i limiti entro i quali un titolo formatosi a carico del coniuge (o del terzo) che ha costituito il fondo patrimoniale conferendovi il bene, per debiti da lui contratti, può giustificare l’esecuzione sul bene stesso, individua anche le condizioni alle quali il titolo relativo al debito può giustificare l’iscrizione di un’ipoteca non volontaria e, quindi, anche dell’ipoteca di cui al D.P.R. n.602 del 1973, art.77. Ne consegue che l’esattore può iscrivere tale ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo che li hanno conferiti nel fondo, qualora il debito del coniuge o del terzo sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari e, quando, ancorchè sia stato contratto per uno scopo estraneo a tali bisogni, il titolare del credito per cui l’esattore procede alla riscossione non conosceva tale estraneità. Viceversa, l’esattore non può iscrivere l’ipoteca su detti beni e l’eventuale iscrizione è illegittima se il creditore conosceva tale estraneità“.
La motivazione della sentenza impugnata, dunque, non appare corretta, là dove ha ritenuto che in generale l’ipoteca di cui all’art.77 possa essere iscritta, perchè l’art.170 si riferisce agli atti esecutivi e l’iscrizione di ipoteca tale non è.
La tesi affermata dalla Corte territoriale non tiene conto che l’art.170 va inteso nei sensi sopra indicati, cioè come regolatore delle condizioni alle quali il titolo è idoneo a giustificare l’esecuzione sul bene facente parte del fondo in relazione alla causa del debito e, gradatamente, a seconda della conoscenza o non conoscenza della funzionalizzazione del debito a bisogni estranei alla famiglia. Di modo che la strumentalità dell’ipoteca proprio all’esecuzione impone di ritenere che la possibilità dell’iscrizione di ipoteca sia regolata allo stesso modo.
La soluzione cui si è pervenuti non è dissimile da quanto ha affermato Cass. n.7880 del 2012, resa dalla Sezione Tributaria della Corte.
p.5. Tuttavia, l’erroneità della motivazione della sentenza impugnata, come s’è preannunciato, non comporta che il suo dispositivo sia errato.
Va considerato che il coniuge (o il terzo) titolare del bene facente parte del fondo patrimoniale che si faccia attore contestando la legittimità dell’iscrizione ipotecaria perchè avvenuta al di fuori delle condizioni legittimanti previste dall’art.170 assume l’onere di allegare e dimostrare i fatti costitutivi dell’illegittimità dell’iscrizione.
Tra tali fatti vi è, innanzi tutto, l’essere stato il debito del coniuge (o del terzo) in relazione al quale si è proceduto all’iscrizione, contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia. Inoltre, egli deve allegare e dimostrare che tale estraneità era conosciuta dal creditore che abbia iscritto l’ipoteca.
Tali oneri di allegazione e di prova si configurano anche quando si proponga contro l’esattore domanda di declaratoria della illegittimità dell’iscrizione di un’ipoteca iscritta ai sensi dell’art.77.
Ora, risulta dalla citazione introduttiva del giudizio di merito, che si rinviene nel fascicolo del giudizio di primo grado di parte ricorrente, contenuto nel fascicolo depositato in questo giudizio di legittimità, che il B. (punto 1) allegò che l’ipoteca era stata iscritta “a garanzia del
credito derivante da una cartella esattoriale relativa a crediti INPS” e, quindi, del tutto genericamente nel successivo punto 4 che il credito “per il quale il concessionario sta procedendo“, non poteva giustificare l’iscrizione “non trattandosi di obbligazione contratta nell’interesse della famiglia o per l’amministrazione del fondo patrimoniale, a sensi dell’art.170 cc“.
Tale allegazione era del tutto generica quanto alla ragione per cui il credito non si sarebbe potuto ritenere contratto nell’interesse della famiglia, non potendosi reputare che ciò derivasse automaticamente dall’essere il credito riferibile all’I.N.P.S., ed inoltre era del tutto omissiva dell’indicazione della conoscenza di tale circostanza da parte del soggetto creditore per conto del quale l’esattore procedeva.
La citazione, del resto, non conteneva istanze istruttorie volte ad accertare la circostanza allegata. La quale, d’altro canto, non risultava nemmeno dai documenti prodotti, posto che dal documento 1, evocato al punto 1 e che si rinviene nello stesso fascicolo emerge che la cartella esattoriale fa riferimento a tre codici di tributo, il 18073 relativo a “somme aggiuntive versamento contributi FIS”, l’8094 relativo a “contributi IVS/percentuale sul minimale“, e 8095 relativo a “somme aggiuntive omesso versamento contributi IVS“. Tali indicazioni nulla dicono in ordine all’attività in relazione alla quale si era prodotto il debito e, particolarmente, nulla dicono che consenta l’apprezzamento di cui all’art. 170.
Va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte (ex multis, si veda Cass. n. 15862 del 2009; anteriormente Cass. 8991 del 2003; n. 12998
del 2008), ha affermato che “Il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura delle obbligazioni (legale o contrattuale), ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse ed i bisogni della famiglia, essendo irrilevante l’anteriorità o posteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo, atteso che il divieto di esecuzione forzata non è limitato ai soli crediti (estranei ai bisogni della famiglia) sorti successivamente alla sua costituzione, ma vale anche per i crediti sorti anteriormente, salva la possibilità per il creditore, ricorrendone i presupposti, di agire in via revocatoria. (Nell’enunciare il suddetto principio la S.C. ha precisato che vanno ricompresi nei bisogni della famiglia anche le esigenze volte al pieno soddisfacimento ed all’armonico sviluppo della famiglia nonchè al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi“.
Dunque, nell’atto introduttivo del giudizio vi era una situazione nella quale la domanda non era corredata da una precisa allegazione dei fatti giustificativi della richiesta di declaratoria della illegittimità dell’iscrizione ed anzi tali allegazioni erano del tutto generiche.
D’altro canto, è vero che la resistente, costituendosi, come emerge dalla comparsa di risposta che si rinviene nel fascicolo di primo grado presente nel suo fascicolo, a sua volta non svolse allegazioni specifiche circa l’origine del credito, ma, in disparte che, di fronte alla genericità delle avversarie allegazioni non aveva l’onere di farlo, va rilevato che in chiusura della comparsa essa risulta avere sostenuto l’infondatezza anche “in fatto” della domanda avversaria, e, dunque, risulta avere contestato la generica allegazione avversaria. Ciò avrebbe dovuto indurre il B. a svolgere opportuna attività prima di precisazione della sua domanda sui punti sui quali risultava generica nei sensi sopra detti e, quindi, conseguente attività istruttoria.
p.6. Ora, è pacifico – emerge dal ricorso e ne da conferma la stessa sentenza impugnata – che la causa passò in decisione senza che fosse sollecitata dalle parti un’attività istruttoria e, dunque, l’intero giudizio si è svolto ed è stato deciso nei due gradi di merito nella situazione emergente dagli atti introduttivi rispettivi delle parti.
In tale situazione, per quello che questa Corte constata senza che occorrano accertamenti di fatto, che non siano dati dall’esame delle legittime produzioni delle parti in questo giudizio di legittimità, la domanda del B. avrebbe dovuto essere rigettata perchè i suoi fatti costitutivi inerenti l’estraneità del debito al bisogno familiare e la conoscenza di tale estraneità da parte del creditore il cui credito l’esattore
riscuoteva non erano dimostrati ed anzi nemmeno specificamente allegati quanto alla prima e non allegata quanto alla seconda.
La domanda avrebbe dovuto essere rigettata dal giudice di primo grado per tale ragione e la stessa cosa, non avendolo fatto quel giudice, avrebbe dovuto fare la Corte territoriale.
La constatazione dell’esistenza di tale ragione di rigetto dev’essere fatta ora da questa Corte come ragione che rende conforme a diritto il dispositivo di rigetto della sentenza, previa correzione della motivazione nei sensi su indicati.
Non è possibile in tale situazione far luogo a cassazione con rinvio (come, invece, accaduto nel caso deciso dalla sezione tributaria, con la già citata sentenza n. 7880 del 2012, nel quale vi era apposito motivo sulle condizioni previste dall’art. 170, che il giudice di merito aveva omesso di accertare ed il rinvio fu ritenuto necessario per tale ragione), perchè il giudizio di rinvio sarebbe del tutto superfluo, in quanto non potrebbe portare che alla constatazione che la domanda è stata basata su fati costitutivi generici e soprattutto indimostrati e non potrebbe che essere respinta, dato il carattere chiuso del giudizio di rinvio.
Il principio di diritto che giustifica il rigetto del ricorso è, dunque, il seguente: “qualora il coniuge che ha costituito un fondo patrimoniale familiare conferendovi un suo bene agisca contro il suo creditore chiedendo, in ragione della sua appartenenza al fondo, la declaratoria, ai sensi dell’art. 170 c.c., della illegittimità dell’iscrizione di ipoteca che egli abbia fatto sul bene, deve allegare e provare che il debito per cui è stata iscritta l’ipoteca è stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore era a conoscenza di tale circostanza. Tali oneri sussistono anche in relazione all’iscrizione di ipoteca ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77. In sede di giudizio di cassazione contro una sentenza di merito che abbia rigettato la domanda ritenendo non soggetta all’art. 170 l’iscrizione di ipoteca, la Corte di cassazione, qualora constati che i detti oneri risultano inadempiuti, deve rigettare il ricorso, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata“.
p.7. La complessità delle questioni esaminate e la stessa esistenza di una correzione della motivazione della sentenza impugnata giustificano ampiamente la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese del giudizio di cassazione.
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