L’accettazione tacita di eredità può desumersi soltanto dall’esplicazione di un’attività personale del chiamato, tale da integrare gli estremi dell’atto gestorio incompatibile con la volontà di rinunziare, e non altrimenti giustificabile se non in relazione alla qualità di erede, con la conseguenza che non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa che il chiamato può compiere anche prima dell’accettazione, ex art. 460 c.c..
La denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta, con riferimento al valore del patrimonio relitto dichiarato nella predetta denuncia, non comportano accettazione tacita della eredità, trattandosi di adempimenti fiscali che, in quanto diretti ad evitare l’applicazione di sanzioni, hanno solo scopo conservativo e rientrano, quindi, tra gli atti che il chiamato a succedere può compiere in base ai poteri conferitigli dall’art. 460 c.c.; implicano, invece, accettazione tacita dell’eredità il ricorso alla Commissione Tributaria contro l’avviso di accertamento del maggior valore notificato dall’Amministrazione Finanziaria e la successiva stipulazione di un concordato per la definizione della controversia perché questi atti, indipendentemente dalle specifiche intenzioni del chiamato alla eredità, non sono meramente conservativi ma tendono alla definitiva soluzione della questione fiscale.
Questi i principi espressi dalla Cassazione Civile, sez. seconda Pres. Mazzacane – Rel. Orilia, con la sentenza n. 22017 del 31.10.2016.
Nel caso in oggetto due sorelle, in qualità di eredi, convenivano in giudizio il fratello e la madre domandando lo scioglimento della comunione di un terreno agricolo con sovrastanti fabbricati già appartenenti al loro defunto padre.
I convenuti eccepivano innanzitutto la prescrizione del diritto delle attrici ad accettare l’eredità ed in via riconvenzionale chiedevano che venisse dichiarata la nullità della donazione effettuata dal de cuius in favore di una delle figlie.
L’adito Tribunale accoglieva l’eccezione di prescrizione del diritto ad accettare l’eredità e rigettava pertanto la domanda di scioglimento della comunione avanzata dalle attrici.
La sentenza veniva impugnata dalle soccombenti e la Corte d’Appello di Roma, ribaltando l’esito del giudizio, accoglieva la domanda di divisione dichiarando aperta la successione del padre, disponendo la rinnovazione del progetto divisionale e rigettando la domanda dei convenuti volta ad ottenere la dichiarazione di appartenenza alla comunione legale del terreno acquistato dal de cuius.
La Corte di merito, in particolare, rilevava che l’eccezione di prescrizione del diritto ad accettare l’eredità doveva ritenersi infondata in presenza di un tempestivo atto di accettazione tacita, rappresentato dalla proposizione di un ricorso in Commissione Tributaria contro un avviso di accertamento di maggior valore dei beni caduti in successione.
Contro tale decisione il fratello, quale erede sia del padre che della madre, deceduta nelle more del giudizio di appello, proponeva ricorso per Cassazione, al quale resistevano le sorelle con controricorso contenente a sua volta ricorso incidentale principale e incidentale condizionato.
Con riferimento alla ritenuta accettazione tacita dell’eredità, il ricorrente criticava la tesi sostenuta dalla Corte d’Appello, che aveva ravvisato un atto di accettazione tacita nel ricorso contro un avviso di accertamento di maggior valore rispetto a quello dichiarato in denunzia di successione, trattandosi di un atto avente mera natura conservativa, come appunto la denunzia di successione o l’atto di pagamento della relativa imposta.
Rispetto a tale prospettazione i giudici di legittimità osservavano che l’accettazione tacita di eredità può desumersi soltanto dall’esplicazione di un’attività personale del chiamato tale da integrare gli estremi dell’atto gestorio incompatibile con la volontà di rinunziare e non altrimenti giustificabile se non in relazione alla qualità di erede, con la conseguenza che non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa che il chiamato può compiere anche prima dell’accettazione, ex art. 460 c.c..
In relazione alla valenza del ricorso in Commissione tributaria, quale atto di accettazione tacita dell’eredità, la Corte evidenziava che tale ipotesi si differenzia dalla mera denunzia di successione o dal pagamento della relativa imposta e, richiamando una precedente giurisprudenza conforme, affermava che mentre tali ultime ipotesi non comportano accettazione tacita della eredità, trattandosi di adempimenti fiscali che hanno solo scopo conservativo, il ricorso alla Commissione Tributaria contro l’avviso di accertamento del maggior valore e la successiva stipulazione di un concordato per la definizione della controversia integrano a tutti gli effetti un ipotesi di accettazione tacita dell’ eredità, in quanto essi, indipendentemente dalla specifiche intenzioni del chiamato alla eredità, non costituiscono atti meramente conservativi, ma tendono alla definitiva soluzione della questione fiscale.
In ragione dei suesposti rilievi ed in seguito alla rilevata infondatezza delle ulteriori doglianze proposte da ambo le parti, la Suprema Corte respingeva entrambe le impugnazioni, compensando tra le parti le spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
Il pagamento di debiti ereditari non costituisce accettazione tacita se compiuto con denaro proprio
Sentenza | Corte di Cassazione, seconda sezione | 27.01.2014 | n.1634
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