ISSN 2385-1376
Testo massima
È escluso il procedimento della correzione dell’errore materiale, ex articolo 130 cpp, se “finisce” nel provvedimento una parte della motivazione di un altro atto.
È questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n.7785 del 19 febbraio 2014.
Nel caso di specie la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi su un ricorso proposto avverso due ordinanze della Corte d’Appello.
I Giudici di seconde cure, infatti, rigettavano con una prima ordinanza la domanda di riparazione per ingiusta detenzione spiegata dal ricorrente, e, in un secondo momento, ritenendo che per mero errore nell’uso del computer risultasse inserita parte del testo di altra ordinanza, disponevano correggersi l’errore materiale ex art. 130 c.p.p.
L’appellante proponeva, perciò, ricorso per cassazione impugnando entrambe le ordinanze emesse dalla Corte d’Appello, deducendo l’assoluto difetto di motivazione sulla base dell’assunto per cui l’analisi del giudice della riparazione si sarebbe limitata alla mera ricognizione materiale della vicenda processuale di altro soggetto, assolutamente estraneo, senza fornire alcun argomento motivazionale con riferimento al soggetto che aveva spiegato la domanda ed in relazione alla pretesa “colpa grave” ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione.
Il procedimento di cui all’art.130 c.p.p., infatti è consentito solo per “la correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità, e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto“; contrariamente, la sostituzione integrale di una parte della motivazione di un provvedimento, in quanto comporta una modificazione essenziale dell’atto, non è suscettibile di correzione secondo la procedura indicata dall’art. 130 cod. proc. pen.
Alle luce di tali considerazioni il Supremo Collegio, ritenendo evidente l’assoluto difetto di motivazione dell’ordinanza, ha accolto il ricorso sulla base del principio per cui “In tema di correzione di errori materiali, poiché l’art. 130 cod. proc. pen. è applicabile solo quando la correzione non comporti una modifica essenziale del provvedimento o la sostituzione di una decisione già assunta, non è ammissibile il ricorso a tale procedimento se esso si concluda con l’emanazione di un provvedimento di correzione con il quale il giudice ordini la sostituzione integrale della parte errata della motivazione di un provvedimento, con un’altra parte contenente la motivazione corretta“.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
B.F.
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di CATANIA in data 25/01/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Cons. Dott. Fulvio Baldi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza;
udite le conclusioni dell’Avv. (omissis)
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 25/01/2013, depositata in data 16/03/2013, la Corte d’Appello di CATANIA, decidendo sulla richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione promossa dall’odierno ricorrente, rigettava la domanda e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura di 500,00; con successiva ordinanza, depositata il 26/03/2013, la medesima Corte, ritenendo che per mero errore nell’uso del computer nella seconda pagina, risultava inserita parte del testo di altra ordinanza, disponeva correggersi l’errore materiale ex art. 130 c.p.p., sostituendo parzialmente la motivazione di cui all’ordinanza depositata il 16/03/2013.
2.Ha proposto tempestivo ricorso il B. a mezzo del difensore procuratore speciale cassazionista, impugnando il 4/04/2013 l’ordinanza 16/03/2013 nonché, il 14/05/2013, l’ordinanza 26/03/2013, deducendo, su entrambe, un unico, articolato, motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deduce la violazione di legge (art. 606, lett. B), c.p.p.) per assoluto difetto di motivazione; in sintesi, si duole il ricorrente del fatto che l’analisi del giudice della riparazione sarebbe stata illegittimamente ristretta alla mera e generica ricognizione materiale della vicenda processuale di altro soggetto (tale VG), assolutamente estraneo, argomentando sulla condotta di quest’ultimo; difetterebbe, poi, con riferimento all’odierno ricorrente, un qualsiasi argomento motivazionale circa la pretesa “colpa grave” ostativa la riconoscimento del diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione, riferendosi la Corte d’appello ad elementi ostativi all’accoglimento dell’istanza, riscontrati nella condotta del richiedente, ma non specificati; in secondo luogo, denuncia violazione di legge sostanziale e processuale nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione (art. 606, lett. B), c) ed e), c.p.p.), per la mancanza di qualsiasi indicazione su comportamenti specifici che abbiano dato causa o concorso a dar causa all’instaurazione dello stato privativo della libertà personale, configurando quella “colpa grave” idonea ad escludere l’indennizzo; in particolare, poi, l’ordinanza sarebbe mancante nella motivazione della valutazione dell’apparenza illecita e, soprattutto, dell’affermata natura gravemente colposa nonché, infine, di qualsiasi valutazione in ordine all’atteggiamento psicologico tale da dimostrare che il ricorrente avesse agito in violazione dei canoni minimi di diligenza, osservando i quali avrebbe dovuto rendersi conto che la sua condotta poteva interpretarsi quale illecita e dotata di gravi indizi di una sua compartecipazione al reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.Il ricorso è fondato.
4.Ed invero, quanto al primo profilo di censura, è di palmare evidenza l’assoluto difetto di motivazione dell’ordinanza “genetica” emessa il 16 marzo 2013, in cui l’analisi della Corte etnea è illegittimamente ristretta alla mera e generica ricognizione materiale della vicenda processuale di altro soggetto (tale VG), assolutamente estraneo, limitandosi ad argomentare solo sulla condotta di quest’ultimo. A ciò si aggiunga, poi, la mancata osservanza di quanto disposto dalla Sezione IV^ di questa Corte che, nell’annullare con rinvio la prima ordinanza emessa dal giudice della riparazione (sentenza n. 2904/2012, emessa il 12 aprile 2012), ne aveva accertato l’illegittimità per aver omesso la Corte etnea di fornire qualsiasi motivazione in ordine alla dimostrazione dei profili di colpa grave del ricorrente, ostativi all’accoglimento dell’istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita.
Infatti, l’ordinanza 16 marzo 2013, oggetto del primo ricorso, nel rigettare il ricorso, non contiene alcuna indicazione sui motivi del rigetto, stante l’assenza di qualunque, seppur minimo, argomento motivazionale circa la pretesa colpa grave ostativo al riconoscimento del diritto alla riparazione, nemmeno alla mera condizione di tossicodipendente, che era stata prima condizione per l’accertamento della colpa grave nel primo provvedimento. Nell’ordinanza si legge, nell’ultimo capoverso della prima pagina, che nella condotta del richiedente si riscontrino elementi ostativi all’accoglimento dell’istanza, sinergici alla causazione dell’evento della privazione della libertà personale, elementi che, tuttavia, non vengono esplicitati, in quanto la pagina successiva è dedicata all’esame della posizione di un soggetto estraneo al ricorrente (il predetto V ).
Né, peraltro, può ritenersi corretta la soluzione procedimentale seguita dalla Corte etnea nel tentare di porre rimedio all’errore commesso, ovvero l’adozione dell’ordinanza di correzione dell’errore materiale ex art. 130 cod. proc. pen., pronunciata il 26 marzo 2013, con cui la Corte ha provveduto a sostituire la seconda pagina dell’originaria ordinanza emessa il precedente 16 marzo, e contenente la motivazione delle ragioni considerate ostative al riconoscimento del diritto alla riparazione del B. Attraverso la procedura prevista dall’art.130 cod. proc. pen., infatti, è consentita solo “la correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità, e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto”; diversamente, la sostituzione integrale di una parte della motivazione di un provvedimento, in quanto comporta una modificazione essenziale dell’atto, non è suscettibile di correzione secondo la procedura indicata dall’art. 130 cod. proc. pen.
Deve, quindi, affermarsi, in ossequio al disposto dell’art. 173, disp. att. cod. proc. pen., il seguente principio di diritto: “In tema di correzione di errori materiali, poiché l’art. 130 cod. proc. pen. è applicabile solo quando la correzione non comporti una modifica essenziale del provvedimento o la sostituzione di una decisione già assunta, non è ammissibile il ricorso a tale procedimento se esso si concluda con l’emanazione di un provvedimento di correzione con il quale il giudice ordini la sostituzione integrale della parte errata della motivazione di un provvedimento, con un’altra parte contenente la motivazione corretta”.
5. L’accoglimento del primo motivo di censura, assume valenza assorbente rispetto agli ulteriori profili di doglianza esposti dal ricorrente. L’ordinanza impugnata dev’essere, pertanto, annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Catania perché proceda a motivare correttamente sulle ragioni che hanno imposto, a giudizio della Corte etnea, il rigetto dell’istanza del ricorrente.
P.Q.M.
Annulla con rinvio, l’ordinanza impugnata, alla Corte d’Appello di Catania. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2013
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Numero Protocolo Interno : 120/2014