ISSN 2385-1376
Testo massima
La parte adempiente di un contratto, che abbia ricevuto una caparra confirmatoria e si sia avvalsa della facoltà di provocare la risoluzione del contratto mediante diffida ad adempiere ante causam, può poi agire in giudizio rinunciando all’effetto risolutivo ed esercitando il diritto di recesso, posto che il divieto di mutare la domanda di risoluzione in quella di recesso vale solo per le sole domande giurisdizionali già proposte.
In tema di esecuzione del contratto, la buona fede si atteggia come impegno di cooperazione od obbligo di solidarietà, imponendo a ciascun contraente di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali o dal dovere extracontrattuale del principio del neminem laedere, sono idonei a preservare gli interessi della controparte, senza peraltro che ciò possa rappresentare un apprezzabile sacrificio per chi li pone in essere: in sostanza, il principio sancito dall’art. 1375 c.c. ha la portata di ampliare ovvero di restringere gli obblighi letteralmente assunti con il contratto, nei casi e nella misura in cui farli valere nel loro tenore letterale contrasterebbe con detto principio, senza peraltro che possa essere impedito di avvalersi di tutti gli strumenti apprestati dall’ordinamento per porre rimedio all’inadempimento di controparte ed al pregiudizio che ne deriva.
L’obbligo di buona fede nell’esecuzione del contratto non ha allora un contenuto prestabilito, e quindi anche la mera inerzia può costituirne inadempimento, poiché l’osservanza del dovere di correttezza si pone nel sistema come limite interno di ogni situazione giuridica contrattuale soggettiva, per evitare che l’ossequio alla legalità formale si traduca in un sacrificio della giustizia sostanziale che scade nell’abuso del diritto.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA
Il Giudice, dott. Gianluigi MORLINI, in funzione di Giudice monocratico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA EX ART. 281 SEXIES CPC
ATTORE: L. G.
Conclusioni: Foglio allegato
CONVENUTO: H. V.
Conclusioni: Comparsa di costituzione
FATTO
I fatti alla base della presente controversia, in parte già risultanti per tabulas, sono stati ulteriormente lumeggiati dall’istruttoria svolta, e possono quindi ritenersi processualmente provati nei termini che seguono:
– con contratto preliminare bilaterale stipulato il 14/3/2007, H. V. promise di vendere a L. G., che promise di acquistare, un immobile sito in Reggio Emilia, con il pagamento della somma di 10.000 a titolo di caparra confirmatoria e con la garanzia che il bene promesso in vendita sarebbe stato alienato libero da pesi ed ipoteche (cfr. all. 1 fascicolo attoreo);
– al momento della data fissata per il rogito notarile di vendita del 14/6/2007 avanti al Notaio Z., sull’immobile oggetto del preliminare era iscritta un’ipoteca a favore della BANCA (cfr. all. 2 fascicolo attoreo);
– si decise così di differire il rogito di otto giorni, al 22/6/2007, al fine di ottenere il consenso della banca a cancellare l’ipoteca contestualmente alla vendita dalla H. alla L. (cfr. all. 3 fascicolo attoreo);
– tuttavia, la BANCA, dovendo trasferire l’ipoteca su un nuovo immobile che la H. avrebbe acquistato, non prestò l’assenso all’immediata cancellazione, ma lo subordinò al consolidamento dell’ipoteca dopo una settimana, id est il 29/6/2007, acconsentendo peraltro a che il notaio tenesse in deposito fiduciario gli assegni circolari con i quali la L. avrebbe pagato il prezzo dell’acquisto alla H., per tale settimana e fino alla cancellazione dell’ipoteca (cfr. all. 4 fascicolo attoreo, nonché deposizione del Notaio Z., della sua collaboratrice O., del funzionario della banca F. e del dipendente di banca B.);
– il Notaio spiegò quindi alla L. che “in caso di mancato trasferimento dell’ipoteca sul nuovo immobile della H., avrebbe dovuto sostenere tutta una serie di oneri, la cui quantificazione non era possibile fare al momento, al fine di ottenere l’estinzione dell’ipoteca stessa” (deposizione Notaio Z.; cfr. anche teste R.), ed addirittura disse che a suo avviso “la cancellazione dell’ipoteca doveva avvenire contestualmente al rogito, come da lui era sempre stato fatto” (cfr. dichiarazione resa in sede di interpello della stesa H.);
– la L. decise poi di non rogitare (cfr. all. 5 fascicolo di parte attorea).
Tanto risultante in linea di fatto dalle emergenze istruttorie, si osserva che l’attrice L. deduce un inadempimento della convenuta e promittente venditrice H., per non avere adempiuto all’obbligazione di tenere l’immobile libero da ipoteche al momento della data fissata per il rogito. Dichiara quindi di recedere dal contratto preliminare e, ex art.1385 cc, chiede la condanna di controparte al pagamento del doppio della caparra, cioè 20.000.
Costituendosi in giudizio, resiste la H., per un verso deducendo l’inammissibilità del recesso ex adverso, atteso che tale recesso è intervenuto dopo che, ante causam, è stata intimata una diffida ad adempiere ex art.1454 cc, con la conseguenza che, ove sussistente, l’inadempimento porterebbe alla risoluzione del contratto ed impedirebbe la successiva domanda giurisdizionale di recesso con mantenimento della caparra; per altro verso, l’insussistenza comunque di un proprio inadempimento, per essere invece inadempiente controparte, avendo violato il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, atteso che la cancellazione dell’ipoteca una settimana dopo la stipula del rogito e con il pagamento trattenuto dal notaio fiduciariamente medio tempore, avrebbe potuto e dovuto essere accettato come modalità di pagamento sicura. Per tale motivo, conclude per l’inammissibilità o il rigetto della domanda attorea, ed in via riconvenzionale per la declaratoria di risoluzione del contratto per colpa ex adverso, con risarcimento del danno.
La causa è istruita con l’interpello delle parti e l’esame di tutti i testi indotti.
DIRITTO
a) Come risultante dalla parte narrativa, due sono le questioni giuridiche che devono essere affrontate per potere decidere la controversia devoluta a questo Tribunale: per un verso, se una diffida ad adempiere inviata dalla parte ante causam, preclude la successiva domanda giurisdizionale di recesso; per altro verso, se, in base ad una lettura secondo buona fede degli obblighi contrattuali, la parte che ha promesso di vendere un immobile libero da ipoteche, possa richiedere alla controparte di accettare una vendita che, come sopra indicato, preveda la cancellazione dell’ipoteca una settimana dopo il rogito, pur se a fronte del trattenimento in garanzia del pagamento, medio tempore, da parte del notaio.
Tanto premesso, ritiene il Giudice che ad entrambe le questioni debba fornirsi risposta negativa, ciò che comporta l’accoglimento della domanda attorea.
b) Invero, con riferimento alla prima questione, relativa alla possibilità di agire per la risoluzione del contratto dopo avere, ante causam, inviato una diffida ad adempiere (cfr. all. 2 fascicolo di parte attorea), va innanzitutto osservato che il precedente di Cass. n. 2632/2005 invocato dalla difesa di parte convenuta a sostegno della propria tesi contraria, in realtà non è in alcun modo idoneo a supportare detta tesi.
Infatti, nel caso risolto dalla Suprema Corte, il divieto di mutare la domanda da risoluzione in recesso, è stato sancito con riferimento alla domanda giudiziale già proposta ed addirittura in grado di appello, e nessuna parte della sentenza consente di inferire che detto divieto debba ritenersi operante con riferimento al passaggio tra una diffida ad adempiere pregiudiziale ed una domanda giudiziale di recesso. Anzi, anche successivamente, con la nota pronuncia di Cass. Sez. Un. n. 533/2009, componendo un contrasto giurisprudenziale ed aderendo alla tesi più rigorista, le Sezioni Unite hanno ribadito il principio dell’impossibilità di mutamento della domanda di risoluzione in quella di recesso, ma sempre con riferimento ad azioni giurisdizionali già proposte.
Invece, con riferimento al passaggio dalla fase ante causam a quella della proposizione di una domanda giurisdizionale, deve ribadirsi quanto sempre osservato dalla giurisprudenza di legittimità proprio con riferimento al contratto preliminare, e cioè che la parte adempiente di un contratto preliminare di compravendita che abbia ricevuto una caparra confirmatoria e si sia avvalsa della facoltà di provocare la risoluzione del contratto mediante diffida ad adempiere prima dell’instaurazione del giudizio, può successivamente agire in giudizio esercitando il diritto di recesso (Cass. n. 2999/2012, Cass. n. 16221/2002, Cass. n. 319/2001).
Infatti, con riferimento ad un contratto cui acceda la consegna di una caparra confirmatoria, il contraente non inadempiente che abbia intimato diffida ad adempiere alla controparte, dichiarando espressamente che, allo spirare del termine fissato, il contratto si avrà per risoluto di diritto, ben può rinunciare successivamente, anche mercé comportamenti concludenti, alla diffida ed al suo effetto risolutivo, con la conseguenza che dovrà ritenersi legittimamente esercitato, ad opera della parte adempiente, il diritto di recesso di cui all’art. 1385 c.c. (Cass. n. 7182/1997).
Discende, in conclusione, l’ammissibilità della proposta domanda attorea di recesso, con restituzione del doppio della caparra versata.
c) Oltre che ammissibile, la domanda attorea è anche fondata.
Sul punto, va premesso che, come correttamente evidenziato dalla difesa di parte convenuta, in tema di esecuzione del contratto, la buona fede si atteggia certamente come impegno di cooperazione od obbligo di solidarietà, imponendo a ciascun contraente di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali o dal dovere extracontrattuale del principio del neminem laedere, sono idonei a preservare gli interessi della controparte, senza peraltro che ciò possa rappresentare un apprezzabile sacrificio per chi li pone in essere (cfr. Cass. Sez. Un. n. 21658/2009, Cass. n. 7210/2009, Cass. n. 21250/2008, Cass. n. 2878/2007, Cass. n. 20399/2004, Cass. n. 12685/2004, Cass. n. 3185/2003, Cass. n.12093/2001, Cass. n. 9321/2000, Cass. n. 2252/2000, Cass. n. 1078/1999, Cass. n. 4538/1997 e Cass. n. 2503/1991).
In sostanza, il principio sancito dall’art. 1375 c.c. “ha la portata di ampliare ovvero di restringere gli obblighi letteralmente assunti con il contratto, nei casi e nella misura in cui farli valere nel loro tenore letterale contrasterebbe con detto principio”, senza peraltro che possa essere impedito di “avvalersi di tutti gli strumenti apprestati dall’ordinamento per porre rimedio all’inadempimento” di controparte ed al pregiudizio che ne deriva (Cass. Sez. Un. n. 21658/2009 e Cass. n. 7210/2009).
Pertanto, deve certamente condividersi la tesi della difesa di parte convenuta in ordine al fatto che l’obbligo di buona fede nell’esecuzione del contratto non ha un contenuto prestabilito, e quindi anche la mera inerzia può costituirne inadempimento, poiché l’osservanza del dovere di correttezza si pone nel sistema come limite interno di ogni situazione giuridica contrattuale soggettiva, per evitare che l’ossequio alla legalità formale si traduca in un sacrificio della giustizia sostanziale che scade nell’abuso del diritto.
Tuttavia, come più sopra evidenziato, il comportamento richiesto alla controparte non deve comportare un apprezzabile sacrificio per chi lo pone in essere e non può costituire impedimento ad avvalersi di tutti gli strumenti apprestati dall’ordinamento per porre rimedio all’inadempimento di controparte ed al pregiudizio che ne deriva.
Nel caso che qui occupa, ad avviso di questo Giudice, il comportamento richiesto dalla H. alla L. (id est accettare, diversamente da quanto contrattualmente pattuito, che la cancellazione dell’ipoteca non fosse contestuale ma differita di una settimana, pur prevedendo che nelle more il prezzo fosse tenuto in deposito fiduciario dal notaio), non era privo di sacrificio e di un qualche rischio per la L., avendo lo stesso notaio chiarito che “in caso di mancato trasferimento dell’ipoteca sul nuovo immobile della H., avrebbe dovuto sostenere tutta una serie di oneri, la cui quantificazione non era possibile fare al momento, al fine di ottenere l’estinzione dell’ipoteca stessa”, ed addirittura che a suo avviso “la cancellazione dell’ipoteca doveva avvenire contestualmente al rogito, come da lui era sempre stato fatto“.
Discende, in conclusione, che la L. non ha violato il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, e non ha quindi abusato del suo diritto di richiedere il rispetto della pattuizione relativa all’acquisto dell’immobile solo dopo la cancellazione dell’ipoteca.
In ragione di quanto sopra ed in accoglimento della domanda attorea, va dichiarato allora la legittimità del recesso esercitato da L. G. in relazione al contratto preliminare meglio indicato in dispositivo, a seguito di inadempimento della controparte H..
Conseguentemente, la H. deve essere condannata a pagare alla L. il doppio della caparra, pari ad 20.000. Sulla somma capitale, all’evidenza debito di valore in quanto posta risarcitoria, vanno conteggiati rivalutazione ed interessi moratori al tasso legale sulla somma via via rivalutata dalla domanda, radicata con la notifica della citazione il 30/11/2007, al saldo.
c) Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo in assenza di nota e con riferimento al D.M. n. 140/2012, in ragione della previsione di retroattività posta dal suo articolo 41 ed atteso che l’attività degli avvocati si è esaurita dopo la caducazione delle tariffe il 23/7/2012 (cfr. Cass. Sez. Un. nn. 17405-6/2012, Cass. n. 18920/2012), sono quindi poste a carico della soccombente parte convenuta ed a favore della vittoriosa parte attrice, tenendo a mente il valore medio per ciascuna delle quattro fasi di studio, di introduzione, istruttoria e decisoria.
Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice, trasferito al Tribunale di Reggio Emilia il 11/4/2012, all’udienza del 14/2/2013, ed alla successiva udienza del 21/2/2013 è stato deciso con sentenza contestuale ex art. 281 sexies cpc
PQM
il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica
definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa
– dichiara la legittimità del recesso esercitato dal promittente acquirente L. Giuliana, in relazione al contratto preliminare di compravendita stipulato il 14/3/2007, per inadempimento del promittente venditore H. V.;
– condanna H. V. a pagare a L. G. 20.000, oltre rivalutazione ed interessi legali sulla somma via via rivalutata dal 30/11/2007 al saldo;
– condanna H. V. a rifondere a L. G. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in 200 per rimborsi, 2.100 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge.
Reggio Emilia, 21/2/2013
Il Giudice dott. Gianluigi MORLINI
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 111/2013