Anche in una procedimento di esecuzione esattoriale, trovano applicazione le norme ordinarie che regolano il processo di esecuzione – fra cui l’art.586 cpc, circa il potere di sospendere la vendita quando il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, e l’art.600 cpc, circa l’obbligo di procedere dalla divisione, qualora l’esecuzione sulla quota di un bene indiviso pregiudichi la possibilità di realizzarne il valore effettivo. (la Corte ha respinto il ricorso avverso la sentenza del Tribunale che aveva disposto la sospensione della vendita per inadeguatezza del prezzo, ai sensi dell’art.586 cpc, della quota di comproprietà del 50% di un immobile facente capo al debitore, aggiudicata al prezzo, corrispondente al valore catastale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20324/2009 proposto da:
ACQUIRENTE AGGIUDICATARIO
RICORRENTE
contro
EQUITALIA
INTIMATI
avverso la sentenza n.13176/2008 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 10/11/2008, R.G.N. 8084/2007;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel corso della procedura di esecuzione esattoriale promossa dalla EQUITALIA sulla quota di comproprietà del 50% di un immobile facente capo al debitore, la quota è stata aggiudicata a ACQUIRENTE AGGIUDICATARIO per il prezzo di Euro 24.300,00, corrispondente al valore catastale.
Con ordinanza 3 novembre 2006 il G.E. del Tribunale di Milano ha sospeso la vendita per inadeguatezza del prezzo, ai sensi dell’art.586 cpc.
L’ ACQUIRENTE AGGIUDICATARIO ha proposto opposizione all’ordinanza di sospensione, ai sensi dell’art.617 cpc, opposizione che il Tribunale di Milano ha respinto, con sentenza 10 novembre 2008 n. 13176.
Con atto notificato il 16-18 settembre 2009 l’ ACQUIRENTE AGGIUDICATARIO propone tre motivi di ricorso per cassazione.
Gli intimati non hanno depositato difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- A supporto della decisione il Tribunale ha rilevato che anche in tema di esecuzione esattoriale il decreto di trasferimento del bene aggiudicato deve essere emesso non dal concessionario della riscossione, ma dal giudice dell’esecuzione, il quale si deve uniformare alle norme del codice di procedura civile che non risultino espressamente derogate in materia esattoriale.
Fra tali norme rientrano l’art.586 cpc, che consente al giudice di sospendere la vendita, quando ritenga che il prezzo sia inferiore al giusto, e l’art.600 cpc, che – nel testo modificato con D.L. 30 dicembre 2005, n.273, conv. con Legge 23 febbraio 2006, n.51, applicabile al caso di specie – considera con sfavore la vendita di quote indivise, disponendo che si proceda preliminarmente alla divisione del bene, salvo che la quota possa essere venduta per un prezzo pari o superiore al suo valore.
Ha rilevato che nel caso in esame si è chiesto il trasferimento della quota senza previa divisione, nonostante la mancanza di ogni elemento specifico idoneo a far presumere che la quota potesse essere venduta ad un prezzo pari o superiore al valore, in quanto è stata posta in vendita al valore catastale e ciò nonostante l’asta è andata deserta; ha rilevato che il concetto di prezzo giusto non richiede necessariamente una valutazione corrispondente al valore di mercato, ma che occorre avere riguardo alle modalità con cui si è pervenuti all’aggiudicazione, al fine di accertare se tali modalità (pubblicità ed altro) siano state tali da sollecitare l’interesse all’acquisto.
Nella specie, ciò non è avvenuto, anche perché nella documentazione relativa alla gara è stata omessa ogni descrizione dell’immobile, al di là della mera indicazione dei suoi dati catastali.
2.- Con il PRIMO MOTIVO, denunciando violazione delle norme di cui al D.P.R. n.602 del 1973, (Sez. IV) e dell’art.600 cpc, il ricorrente assume che in materia esattoriale vigono norme peculiari e diverse da quelle ordinarie in tema di esecuzione forzata, al fine di assicurare allo Stato il diritto di dotarsi con celerità dei fondi necessari per il conseguimento dei propri fini istituzionali.
Debbono pertanto ritenersi incompatibili con la speciale procedura esattoriale le norme che ne rallentino il corso, fra cui quella dell’art.586 cpc, e soprattutto quella dell’art.600 cpc, comma 2, che impone il preventivo giudizio di divisione.
3.- Con il SECONDO MOTIVO denuncia violazione dell’art.586 cpc, e vizi di motivazione, sul rilievo che il Tribunale – dopo avere premesso che il giusto prezzo di aggiudicazione non richiede necessariamente una sua comparazione con i valori di mercato, ma solo impone di valutare le modalità con cui si è pervenuti a determinarlo – ha ciò nonostante sospeso il trasferimento del bene ad esso aggiudicatario, sebbene tutte le norme che regolano le modalità dell’esecuzione e dell’aggiudicazione, ed in particolare quelle previste dalla Sez. 4′ D.P.R. n.602 del 1973, siano state rispettate.
Contesta poi che il prezzo non fosse adeguato, essendo stato fissato con le modalità previste dalla legge, cioè assumendo come base d’asta il prezzo determinato con riferimento alla rendita catastale: tanto è vero che il bene non ha trovato offerte di acquisto, neppure a quel prezzo.
4.- Con il TERZO MOTIVO, denunciando violazione degli art.632 cpc, e art.187 bis disp. att. cpc, assume che il decreto di trasferimento è atto dovuto, volta che l’aggiudicatario abbia versato il prezzo, poichè – decorso il termine di dieci giorni di cui all’art.584 cpc, per le offerte in aumento – l’aggiudicatario consegue il diritto al trasferimento e l’aggiudicazione provvisoria diviene incontestabile.
Assume che l’art.586, può essere applicato solo in via eccezionale, qualora si ravvisino peculiari abusi, considerato anche che la norma si colloca nel contesto della Legge n.203 del 1991, contenente provvedimenti in tema di lotta alla criminalità organizzata.
3.- I TRE MOTIVI, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, non sono fondati, pur se deve essere in parte corretta la motivazione della sentenza impugnata.
3.1.- Ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n.602, art.49, comma 2, “Il procedimento di espropriazione forzata è regolato dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione, in quanto non derogate dalle disposizioni del presente capo e con esso compatibili”.
Deve essere condivisa la motivazione del Tribunale secondo, cui le norme che regolano l’esecuzione esattoriale non hanno apportato espressa deroga ai principi da essa applicati.
Vero è che il D.P.R. n.602 cit., art.85, comma 1, nel contesto della disciplina della riscossione coattiva delle imposte sul reddito effettuata mediante espropriazione immobiliare, ammette che il bene assoggettato ad esecuzione possa essere espropriato anche per un valore irrisorio.
La citata norma dispone infatti che il concessionario della riscossione, nei dieci giorni successivi all’esito negativo del terzo incanto, possa chiedere al giudice dell’esecuzione l’assegnazione dell’immobile allo Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede.
Ed è indubbio che la disposizione sia incompatibile con l’art.586 cpc, comma 1, circa il potere del giudice di valutare la congruità del prezzo e di sospendere la vendita quando lo ritenga notevolmente inferiore a quello giusto.
Ma in primo luogo l’art.85 è applicabile solo qualora assegnatario dell’immobile sia lo Stato, non un qualunque privato aggiudicatario; sicché l’interesse del debitore alla realizzazione dell’effettivo valore del bene viene sacrificato solo a quello dello Stato procedente.
L’interesse dello Stato, a sua volta, a non conseguire in pagamento un bene di valore oggettivamente inadeguato, è parimenti tutelato dalla possibilità di evitare l’acquisto, omettendo di versare il prezzo di assegnazione nel termine stabilito dalla legge.
L’espropriazione del debitore per un prezzo vile è prevista, cioè, solo in favore dello Stato e senza sacrificio del diritto di quest’ultimo di riscuotere il credito di imposta nella misura più ampia e soddisfacente possibile.
In secondo luogo e soprattutto, la norma dell’art.85, 1 comma, è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, per violazione dell’art.3 Cost., in relazione al principio di ragionevolezza, nella parte in cui prevede che, se il terzo incanto ha esito negativo, l’assegnazione abbia luogo “per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede”, anzichè per il prezzo base del terzo incanto.
La Corte costituzionale ha motivato la decisione con espresso riferimento al fatto che l’esigenza della pronta realizzazione del credito fiscale, che impone criteri di semplicità e speditezza della procedura, non giustifica che venga fissato un corrispettivo trasferimento immobiliare che prescinda da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che possa essere anche irrisorio, poichè l’espropriazione ha la finalità di trasformare il bene in denaro per il soddisfacimento dei creditori e non quella di infliggere una sanzione atipica al debitore inadempiente (Corte cost. 17 – 28 ottobre 2011 n.281, in particolare da 4.2 a fine).
Ha concluso la Corte costituzionale che anche nel caso in cui aggiudicatario del bene sia lo Stato, il corrispettivo dell’espropriazione deve porsi in rapporto non irragionevole con il valore dell’immobile.
A maggior ragione è da ritenere che – nel caso in cui aggiudicatario sia un privato ed il credito di imposta debba essere soddisfatto sul ricavato della vendita – trovino applicazione le norme ordinarie che regolano il processo di esecuzione – fra cui l’art.586 cpc, circa il potere di sospendere la vendita quando il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, e l’art.600 cpc, circa l’obbligo di procedere dalla divisione, qualora l’esecuzione sulla quota di un bene indiviso pregiudichi la possibilità di realizzarne il valore effettivo, come ha ritenuto la sentenza impugnata.
3.2.- Va specificato che l’applicazione dell’art.586 non è subordinata all’accertamento di una qualche irregolarità nella procedura tramite la quale si è pervenuti alla fissazione del prezzo, come sembra prospettare il ricorrente nel secondo e nel terzo motivo.
Eventuali irregolarità o inadempienze sarebbero rilevanti di per sè al fine di impedire che venisse emesso il decreto di trasferimento, in mancanza di preventiva regolarizzazione.
La norma contiene invece una disposizione aggiuntiva ed autonoma rispetto a quelle che regolano la procedura, secondo cui il giudice può impedire che l’espropriazione si perfezioni, qualora ritenga che – nonostante il rispetto delle procedure di legge – il prezzo di aggiudicazione risulti per una qualunque causa inaccettabilmente sperequato.
Fra le circostanze che legittimano una tale decisione assumono particolare rilievo proprio i casi in cui la mancanza di offerte, quindi l’esiguità del prezzo di aggiudicazione, sia determinata dal fatto che il bene – pur se dotato di notevole valore intrinseco – è difficilmente commerciabile, per esempio perchè si tratta della quota indivisa di un immobile.
La legge si propone di evitare che, a causa della illiquidità, della difficile commerciabilità o di altra peculiarità del bene da espropriare, od a causa del particolare contesto economico o d’altro genere entro il quale si sia svolta l’esecuzione, l’espropriazione si risolva in una spoliazione del debitore, in termini non giustificati dalla, o comunque sproporzionati alla, misura in cui egli è tenuto a rispondere dei suoi debiti.
Intende altresì evitare che resti contemporaneamente preclusa al creditore (in particolar modo quando tale sia lo Stato) la possibilità di realizzare l’effettivo valore del bene sottoposto ad esecuzione: soprattutto nei casi in cui non vi siano altri beni su cui soddisfare il credito (come è probabile che avvenga quando si è costretti a procedere all’esecuzione su di una quota indivisa).
Se è pur vero che lo Stato ha interesse all’acquisizione sollecita delle risorse economiche, esso ha ancor maggiore interesse a che i suoi crediti vengano soddisfatti nella misura più ampia possibile.
Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, nell’esecuzione esattoriale il potere del giudice di valutare l’adeguatezza del prezzo di trasferimento, lungi dal subire eccezione, dovrebbe essere esercitato con particolare oculatezza, sì da valutare se, nel singolo caso, sia più dannoso per lo Stato creditore il protrarsi dei tempi di riscossione o la perdita della possibilità di realizzare gran parte del proprio credito, a causa della sottovalutazione del bene pignorato.
(Non a caso nella specie EQUITALIA – cioè il soggetto più direttamente interessato all’esito della procedura esecutiva – non ha proposto alcuna impugnazione contro il provvedimento di sospensione).
3.3.- Parimenti infondate sono le censure del ricorrente di contraddittorietà della motivazione.
Il Tribunale ha inequivocabilmente inteso dire che il parametro di riferimento in relazione al quale valutare l’adeguatezza del prezzo non è necessariamente il prezzo di mercato, nel senso che anche prezzi di aggiudicazione inferiori ai valori di mercato possono essere ritenuti accettabili, in considerazione dei rischi a cui va incontro l’acquirente (tema ampiamente sviluppato nella motivazione).
E’ solo questione di misura.
Il senso della motivazione è che – anche a prescindere dai valori di mercato ed anche tenuto conto dei rischi a cui l’acquirente si sobbarca – nel caso in esame il prezzo è da ritenere eccessivamente esiguo e tale da giustificare la sospensione della procedura esecutiva.
Il riferimento della motivazione alle modalità di svolgimento dell’esecuzione esattoriale ha lo scopo di spiegare le ragioni della sottovalutazione, ragioni che sono state ravvisate anche nel fatto che nel corso della procedura non è stata offerta al pubblico alcuna descrizione dell’immobile, in aggiunta alla mera indicazione dei dati catastali, sì da sollecitare l’interesse all’acquisto (già pregiudicato dalla circostanza che si trattava della quota indivisa di un immobile). Trattasi di motivazione logica e sensata, che non presta il fianco a censura.
3.4.- Le argomentazioni svolte nel terzo motivo sono manifestamente infondate.
Il solo fatto che al giudice sia attribuito il potere di sospendere l’esecuzione per inadeguatezza del prezzo dimostra che il decreto di trasferimento non è un atto dovuto e che il diritto dell’aggiudicatario, anche dopo il pagamento del prezzo, è soggetto a limiti: in particolare, al limite espressamente contemplato nell’art.586 cpc.
La giurisprudenza citata dal ricorrente in suo favore non è in termini, quando non afferma principi opposti (cfr. per esempio Cass. civ. Sez. 3, 23 luglio 1993 n.8236; Cass. civ. Sez. 1, 13 luglio 2004 n.12969).
4.- Il ricorso deve essere rigettato.
5.- Non essendosi costituiti gli intimati non vi è luogo a pronuncia sulle spese.
PQM
La Corte di cassazione rigetta il ricorso.
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