La più gran parte delle procedure esecutive immobiliari intraprese dalle banche è finalizzata a soddisfare crediti derivanti da mutui fondiari.
È “fondiario” il finanziamento a medio-lungo termine, garantito da ipoteca di primo grado su immobili e che rispetta una serie di stringenti requisiti prescritti – tra l’altro – dagli articoli 38 e seguenti del Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385/1993).
A fronte di tali prescrizioni, la legge attribuisce al creditore fondiario un complesso di benefici, di natura sostanziale e processuale, volti a renderne più agevole e “sicuro” il recupero del credito stesso. Dalla sua, il mutuatario gode, di regola, di costi più contenuti in termini di interessi, connessi essenzialmente alla natura maggiormente garantita del finanziamento.
Il secondo comma dell’articolo 38 del Testo Unico Bancario affida alla Banca d’Italia il compito di determinare, in conformità alle deliberazioni del CICR, l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi.
Nel dare attuazione a tale disposizione, la Delibera CICR del 22 aprile 1995 ha stabilito che l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, percentuale che può essere elevata fino al 100 per cento, qualora vengano prestate idonee garanzie integrative, rappresentate ad esempio da fideiussioni bancarie e assicurative, secondo i criteri previsti dalla Banca d’Italia.
La prescrizione è stata sempre interpretata quale norma a tutela della stabilità del mercato del credito, al fine di evitare la concessione di finanziamenti “eccessivi” e difficilmente recuperabili con la sola vendita dell’immobile ipotecato.
A riaccendere i riflettori sul tema sono però intervenute alcune recenti pronunce della Corte di Cassazione.
Per i giudici di legittimità, il mancato rispetto del limite di finanziabilità determina di per sé la radicale nullità del contratto di mutuo fondiario, poiché lo stesso è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come, appunto, “fondiario”, salva la possibilità di conversione di questo in un ordinario finanziamento ipotecario ove ne risultino accertati i presupposti (si legga Cass. Civ., 13 luglio 2017 n. 17352).
A parere della Suprema Corte, la nullità dell’intero contratto di mutuo fondiario è configurabile, ai sensi della ordinaria disciplina di cui all’art. 1418 del codice civile, per contrarietà a norme imperative (si legga Cass. Civ., 16 marzo 2018 n. 6586).
La Suprema Corte ha poi chiarito che il rispetto del limite non può essere garantito dalla mera allegazione di una perizia di parte creditrice che ne attesti formalmente il rispetto in relazione al valore di stima dell’immobile, richiedendo un raffronto non solo formale, ma “sostanziale” tra misura del credito concedibile e valore della garanzia a servizio (si veda Cass. civ., 12 aprile 2018, n. 9079).
In tal senso, però, non può ritenersi che la perizia di stima resa in sede di procedura esecutiva possa contribuire a “sanare” la riscontrata nullità, in quanto elemento successivo ed “esterno” al meccanismo di formazione negoziale originariamente azionato.
Il limite di finanziabilità si pone come un elemento interno, strutturale, della fattispecie rappresentata dal contratto di mutuo fondiario (Cass., 28 maggio 2018, n. 13285).
A confermare la nullità per violazione di norme imperative è poi da ultimo intervenuta la recentissima pronuncia della Suprema Corte del 3 ottobre 2018 n.24138.
FOCUS
Occorre interrogarsi sugli effetti che l’eventuale riscontrata nullità del mutuo fondiario per violazione del limite di finanziabilità può produrre sulle procedure esecutive intraprese in virtù di quel titolo. Anche ammessa la possibilità di conversione in un ordinario finanziamento ipotecario, è da valutare se il mutuo fondiario nullo possa essere di per sé titolo ancora “autosufficiente” – in relazione all’art. 474 del codice di procedura civile – a sorreggere la procedura esecutiva, in mancanza di quei requisiti tipici di legge che ne determinano la fisionomia.
È poi da considerare se la procedura possa ritenersi validamente intrapresa in termini “formali”, una volta venuti meno i “privilegi” fondiari che la legge attribuisce, sotto il profilo processuale, al creditore.
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