ISSN 2385-1376
Testo massima
Poichè le nullità di cui al secondo comma dell’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 non si estendono ai trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali (come confermato dall’articolo 46 del Dpr 380/2001: in entrambe le norme citate, la facoltà di sanatoria non è concessa all’acquirente in via automatica, ma è subordinata all’esistenza delle relative condizioni), di talché anche l’immobile abusivo non sanabile può costituire oggetto di vendita forzata, purché ciò sia dichiarato nel bando di vendita. In caso contrario, si sarebbe, difatti, in presenza di un’alienazione di aliud pro alio rispetto alla quale non opera l’esclusione della garanzia per i vizi della cosa di cui all’articolo 2922 secondo comma Codice civile.
Così si è pronunziata la Cassazione con la sentenza n. 23140 emessa l’11/10/2013, chiamata a decidere sulla legittimità del trasferimento in sede esecutiva di un immobile abusivo, a seguito del ricorso avverso la sentenza di rigetto dell’opposizione proposta dal debitore esecutato sul presupposto che la vendita all’asta era nulla, perché il cespite staggito era stato suddiviso – per una migliore liquidazione- in più unità e tanto non era consentito dalle norme urbanistiche vigenti, corredato dal seguente quesito: “Anche al decreto di trasferimento ex art. 586 cpc sono applicabili le regole proprie della nullità dell’atto, ove il bene oggetto di trasferimento sia, in conseguenza del decreto, da ritenersi illecito sotto l’aspetto urbanistico-amministrativo e non sanabile”.
La Cassazione ha rigettato il ricorso, concludendo che un immobile abusivo può essere trasferito in sede esecutiva e l’aggiudicatario, ove ne ricorrano i presupposti, ha l’onere di provvedere alla sanatoria entro 120 giorni dal decreto di trasferimento.
La norma applicabile è l’articolo 46 del Testo unico edilizia (DPR 380/2001), che statuisce la nullità di tutti i trasferimenti aventi a oggetto immobili abusivi costruiti dopo il 17 marzo 1985 e che non opera nel caso di vendite esecutive immobiliari, in quanto, in base al combinato disposto del comma 5 del citato DPR e 40, comma 6 della L. 28 febbraio 1985 n.47, nel caso di sanabilità degli abusi, l’aggiudicatario è rimesso nei termini per la presentazione della domanda della concessione in sanatoria.
La verifica della presenza e della sanabilità degli abusi è compito del consulente tecnico d’ufficio, che deve verificare la conformità o meno della costruzione alle autorizzazioni o concessioni amministrative e l’esistenza o meno di dichiarazioni di agibilità e, in caso di costruzione realizzata o modificata in violazione della normativa urbanistica-edilizia, descrivere dettagliatamente la tipologia degli abusi riscontrati e dire se l’illecito sia stato sanato o sia sanabile in base combinato disposto dagli artt. 46, comma 5°, del DPR 6 giugno 2001, n.380 e 40, comma 6° della L. 28 febbraio1985 n.47.
Nel caso in cui l’abuso non è sanabile, l’immobile viene trasferito nello stato di fatto in cui si trova e l’aggiudicatario ha l’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi, il cui costo è decurtato dal prezzo di stima.
Viceversa, se l’immobile si trova nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, l’aggiudicatario è rimesso in termini e deve procedere al deposito della relativa domanda entro centoventi giorni dall’emissione del decreto di trasferimento, così come disposto dal DL 23 aprile 1985 n. 146 e dai successivi interventi legislativi che hanno lasciato fermo tale termine.
La facoltà della sanatoria, infatti, ha chiarito la Corte, non è concessa all’acquirente in via automatica, ma è subordinata all’esistenza delle relative condizioni, di talchè anche l’immobile abusivo non sanabile può costituire oggetto di vendita forzata, purchè ciò sia espressamente e chiaramente dichiarato nel bando. In mancanza si sarebbe in presenza di un’alienazione di aliud pro alio rispetto alla quale non opera l’esclusione della garanzia per vizi della cosa di cui all’art. 2922 cc con possibilità, per l’acquirente all’asta, di chiedere l’annullamento della vendita.
Testo del provvedimento
Cass. civ. Sez. III, Sent., 11-10-2013, n. 23140
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19593-2009 proposto da:
D.M.L. (OMISSIS), M.O. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
F.M.R. (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
ALFA S.P.A., BETA S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 451/2009 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 04/05/2009, R.G.N. 790/2007;
Svolgimento del processo
M.O. e D.M.L., debitori esecutati in una procedura di espropriazione immobiliare cui era seguita l’assegnazione di un loro appartamento, frazionato in sede esecutiva in violazione delle norme urbanistiche, proposero, dinanzi al G.E., un’actio nullitatis del decreto di trasferimento, lamentando la illegittima divisione in due unità dell’originario immobile, ricompreso in zona A del piano di recupero del comune di (OMISSIS) (che prevedeva interventi di solo ripristino e risanamento conservativo), nonostante l’assenza della pur dovuta concessione edilizia e dell’altrettanto necessaria autorizzazione della Sovraintendenza.
Il frazionamento in più lotti così operato, integrando un’ipotesi di nullità insanabile derivante dall’inosservanza delle disposizioni di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 17 (come riprodotte dal D.P.R. n. 380 del 2001), imponeva, a giudizio dei debitori, il ricorso non già al rimedio di cui all’art. 617 c.p.c., bensì a quello della autonoma azione di nullità, svincolata perciò solo dal rispetto di qualsivoglia termine perentorio.
Costituitasi in giudizio l’aggiudicataria, F. M. R., il giudice di primo grado dichiarò inammissibile la domanda. La corte di appello di Salerno, investita del gravame proposto in via principale dagli attori, lo respinse, accogliendo conseguentemente l’impugnazione incidentale dell’appellata F. che aveva chiesto la cancellazione della trascrizione della domanda di nullità.
Per la cassazione della sentenza della corte campana M.O. e D. M. L. hanno proposto ricorso sorretto da 4 motivi e illustrato da memoria.
Resiste con controricorso F. M. R..
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 611 c.p.c., L. n. 477 del 1985, art. 40 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La censura è corredata dal seguente quesito di diritto (formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, nel vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006): Il decreto di trasferimento deve essere atto finale certamente di un processo esecutivo svolto nel rispetto delle regole proprie della procedura espropriativa immobiliare, ma deve essere coerente espressione della commerciabilità del bene, consentendo all’aggiudicatario la scelta tra la sanatoria L. n. 41 del 1985, ex artt. 11 e 40 e la demolizione delle parti abusive. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 586 e dell’art. 611 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La censura è corredata dal seguente quesito:
Il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. non può intervenire a determinare illegittimità urbanistiche del bene non passibili di sanatoria, non essendo, in tali sensi, da opporre nelle forme e nei termini previsti dall’art. 611 c.p.c..
Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 586 c.p.c. e degli artt. 2929, 1422 e 1418 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La censura è corredata dal seguente quesito:
Anche al decreto di trasformazione ex art. 586 c.p.c. sono applicabili le regole proprie della nullità dell’atto, ove il bene oggetto di trasferimento sia, in conseguenza del decreto, da ritenersi illecito sotto l’aspetto urbanistico-amministrativo e non sanabile.
Con il quarto motivo, infine, si denuncia violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 586 c.p.c., L. n. 41 del 1985, artt. 11 e 40 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La censura è corredata dal seguente quesito:
La speciale sanatoria prevista dalla L. n. 41 del 1985 è legittima solo nel caso di preesistenza di abusi all’immobile oggetto di vendita immobiliare, non essendo applicabile all’illegittimità realizzata con lo stesso decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c..
Tutte le censure mosse dai ricorrenti alla sentenza della corte territoriale sono infondate – al di là ed a prescindere dai non lievi profili di inammissibilità posti dai quesiti di diritto, la cui formulazione non è esente da vizi sia sotto il profilo della evidente astrattezza che sotto quella della formulazione in forma meramente assertiva e non interrogativa. Tale infondatezza viene in rilievo sotto plurimi, concorrenti profili.
Da un canto, in rito, poichè i motivi di ricorso si risolvono nella pedissequa riproposizione di doglianze già mosse in sede di appello (doglianze cui il giudice territoriale fornisce ampia ed esaustiva risposta attraverso una motivazione esente da vizi logico-giuridici, che si sottrae perciò solo alle censure mossele in sede di giudizio di legittimità);
Dall’altro, ancora in rito, poichè il ricorso appare non autosufficiente, non consentendo di valutare se l’asserito frazionamento dell’unico appartamento in due unità immobiliari costituisca in realtà un illecito sotto il profilo urbanistico, per non essere ulteriormente specificato come tale frazionamento sia stato in concreto attuato (si discorre, del tutto genericamente, di un progetto divisionale redatto dal CTU), così che diviene arduo valutarne la conformità rispetto alla destinazione urbanistica (in particolare, dall’allegato certificato di destinazione urbanistica si evince che, nella zona, sarebbe consentito l’accorpamento di unità immobiliari preesistenti, ma non risulta l’espresso divieto di frazionamento);
Dall’altro ancora, e nel merito, poichè le nullità di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2 non si estendono ai trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali (come confermato dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46: in entrambe le norme citate, la facoltà di sanatoria non è concessa all’acquirente in via automatica, ma è subordinata all’esistenza delle relative condizioni), di talché anche l’immobile abusivo non sanabile può costituire oggetto di vendita forzata, purché ciò sia dichiarato nel bando di vendita (in caso contrario, si sarebbe, difatti, in presenza di un’alienazione di aliud pro alio rispetto alla quale non opera l’esclusione della garanzia per i vizi della cosa di cui all’art. 2922 c.c., comma 2: Cass. 11018 del 1994). Ne consegue che la tutela dell’esecutato è limitata alla sola fase della formazione dei lotti di vendita, superata la quale nessun rilievo egli può muovere, sotto tale aspetto, al decreto di trasferimento, né in sede endoprocedimentale – come invece ammesso per vizi propri del decreto di trasferimento: Cass. 13824/2010 – né in sede extraprocedimentale mediante azione di nullità (sugli stretti limiti di sindacabilità del provvedimento con il quale il G.E. decida quali lotti mettere in vendita, Cass. 12316/1998), così che, disposto, in ipotesi, un frazionamento illecito sotto il profilo urbanistico, il debitore esecutato non avrebbe comunque os ad eloquendum rispetto a tale vicenda.
Il ricorso va pertanto rigettato.
La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.
PQM
La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 2500, di cui Euro 200 per spese, in favore della parte costituita.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2013
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Numero Protocolo Interno : 723/2013