ISSN 2385-1376
Testo massima
“Gli errori o le improprietà di identificazione del bene negli atti di provenienza non potrebbero giammai essere opponibili, di per sè soli considerati, ai terzi di buona fede che abbiano diligentemente compulsato i registri immobiliari, i quali pignorano in modo corretto ciò che in testa al debitore risulta da questi al momento del pignoramento”.
Così si è pronunziata la Corte di Cassazione, sez. civ. sez. III, con la sentenza n. 25055 del 7/11/2013, che ha ribadito il principio della inopponibilità degli errori o delle improprietà di identificazione del bene negli atti di provenienza ai terzi in buona fede che, verificando i registri immobiliari, hanno pignorato in modo corretto ciò che risultava in capo al debitore.
Nel caso in esame, viene, quindi, affrontata nuovamente la funzione della trascrizione, che è quella di rendere pubblici determinati eventi giuridici in modo da consentire agli interessati, in base alle opportune ricerche ed alla lettura dei registri immobiliari, di conoscere l’appartenenza dei beni immobili e dei pesi e vincoli di natura reale sugli stessi, per cui il terzo che è rimasto estraneo all’atto trascritto, per individuare l’oggetto cui l’atto si riferisce attraverso la notizia che ne dà la pubblicità stessa, deve esclusivamente fare affidamento sul contenuto con cui la notizia dell’intervento dell’atto è riferita nei registri immobiliari, non incombendo alcun onere di controllo ulteriore.
Nella nota devono essere contenuti tutti gli elementi necessari ad individuare senza incertezze gli estremi del negozio, i beni ai quali esso si riferisce e il diritto che si è voluto sottoporre ad esecuzione.
L’omissione o l’inesattezza di alcuna delle indicazioni richieste nelle note non nuoce alla validità della trascrizione se non induce incertezza sui soggetti, sui beni o sul rapporto cui essa si inerisce e consente di identificare senza possibilità di equivoci gli elementi essenziali del rapporto (cfr. Cass. 11/4/2006 n. 264).
Per stabilire se in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire d’individuare, senza possibilità di equivoci ed incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo e senza alcuna possibilità di supplire le omissioni od inesattezze merce il ricorso ad elementi esterni alla nota stessa, cioè desumibili aliunde, in quanto ciò sarebbe in palese contraddizione con il sistema formale di pubblicità notizia vigente nel ns. ordinamento (cfr. Cass. Civ. 10/4/1986 n. 2051; Cass. Civ. 14/10/1991 n. 10774).
La ratio di tale principio è insita nella circostanza che nel nostro ordinamento la pubblicità immobiliare, che si attua con il sistema della trascrizione, è imperniata su principi formali, per cui il terzo, che è rimasto estraneo all’atto trascritto per individuare l’oggetto cui l’atto si riferisce, è tenuto a fare affidamento sul contenuto della trascrizione e non ha alcun onere di controllo ulteriore (cd.autosufficenza della nota).
Viceversa, se l’inesattezza della nota è tale da incidere sulla identificazione del bene e ciò comporta una incertezza assoluta sul bene pignorato la trascrizione è inopponibile nei confronti del terzo di buona fede (cfr. Cass. 8/3/2005 n.5002), posto che il legislatore ha inteso dare rilievo invalidante a tali inesattezze solo laddove esse “determinino un’inidoneità della nota all’individuazione dell’atto da trascriversi (cioè della notizia da pubblicizzare) nei suoi profili personali ed oggettivi” (cfr. Cass. Civ. 08/03/1950 n. 5002).
Del medesimo orientamento si segnala sentenza Cassazione civile, sezione terza dell’08-02-2013 n. 3075
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8405-2010 proposto da:
C.M.
– ricorrenti –
contro
S.G.C. S.R.L.
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA POLIS S.P.A., E.C.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 3307/2009 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 13/03/2009, R.G.N. 28109/2006;
Svolgimento del processo
1. C.M. ed D.G.E. proposero, con ricorso del 19.4.05 al g.e. del tribunale di Napoli, opposizione di terzo all’esecuzione immobiliare intrapresa in danno di P.S. e di E.C. dalla S.G.C., srl, cessionaria dell’originario credito del Banco di Napoli verso questi ultimi, nella quale era intervenuta almeno la G.E.I. spa (poi incorporata dalla Equitalia Polis spa). Dedussero gli opponenti di avere acquistato, con atto per Notar Sica del 20.5.94 e trascritto il 21.6.94, un complessivo ed unitario cespite, ivi però erroneamente individuato con riferimento alla sola scheda catastale 7740/83 e non anche a quelle nn. 7741 e 7742 del 29.3.83; e che proprio i beni oggetto di queste ultime erano stati pignorati per un debito degli alienanti verso il Banco di Napoli.
L’adito tribunale rigettò l’opposizione, con sentenza 3307 del 13.3.09; e per la cassazione di questa ricorrono oggi il C. e la D.G., mentre con controricorso resiste soltanto la S.G.C, srl Società Gestione Crediti. Sia i ricorrenti che la controricorrente depositano memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione
2. I ricorrenti C.M. ed D.G.E. si dolgono:
– con un PRIMO MOTIVO (come descritto, al termine della sua esposizione, a pag. 10 del ricorso), di “violazione e falsa applicazione delle norme di cui all’art. 51 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 2, artt. 158, 273, 274, 295, 616, 619 e 624 c.p.c.” e di “contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia”);
formulando, a suo corredo, quattro quesiti;
– con un SECONDO (come descritto, al termine della sua esposizione, a pag. 16 del ricorso, di “violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2659, 2665, 2693, 2695, 2913 e 2914 c.c. e artt. 112, 555 e 619 c.p.c.”, e di “contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”); formulando, a suo corredo, altri quattro quesiti di diritto e l’indicazione del punto controverso nella mancata valutazione delle eccezioni di nullità del pignoramento e di inefficacia della sua trascrizione.
Dal canto suo, la controricorrente, ricostruito l’andamento del processo: esclude, in applicazione del principio tempus regit actum o dell’art. 5 cod. proc. civ., l’applicabilità delle sopravvenute norme in tema di introduzione del giudizio di merito e di incompatibilità, rispetto a quest’ultimo, del giudice della fase sommaria; e nega qualunque lesione del diritto di difesa; eccepisce l’inammissibilità della doglianza di omessa pronuncia, prospettata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, anzichè del n. 4 della stessa norma; nel merito del secondo motivo, ripropone gli argomenti sull’irrilevanza di eventuali errori o modifiche delle risultanze dei registri immobiliari dopo il pignoramento.
3. Va, a questo punto, premesso che, essendo la sentenza impugnata stata pubblicata tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla fattispecie continua ad applicarsi, nonostante la sua abrogazione (ed in virtù della disciplina transitoria di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5) l’art. 366-bis cod. proc. civ. e, di tale norma, la rigorosa interpretazione elaborata da questa Corte (Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887; Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079).
Pertanto:
3.1. i motivi riconducibili all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 vanno corredati, a pena di inammissibilità, da quesiti che devono compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704); d) questioni pertinenti alla ratio decidendi, perchè, in contrario, difetterebbero di decisività (sull’indispensabilità della pertinenza del quesito, per tutte, v.: Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347; Cass., ord. 19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. 28 settembre 2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901);
3.2. a corredo dei motivi di vizio motivazionale vanno formulati momenti di sintesi o di riepilogo, che devono consistere in uno specifico e separato passaggio espositivo del ricorso, il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure – se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002; Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680);
3.3. infine, è consentita la contemporanea formulazione, nel medesimo quesito, di doglianze di violazione di norme di diritto e di vizio motivazionale, ma soltanto alla imprescindibile condizione che ciascuna sia accompagnata dai rispettivi quesiti e momenti di sintesi (per tutte: Cass. sez. un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. 20 dicembre 2011, n. 27649).
4. Ciò posto, il PRIMO MOTIVO è inammissibile.
4.1. In primo luogo, esso è, quanto alla doglianza di vizio motivazionale, privo di un separato e conclusivo autonomo momento di sintesi o di riepilogo, dai rigorosi requisiti di cui sub 3.2 e 3.3.
Quanto alla doglianza di violazione di legge, poi, esso è concluso da quesiti plurimi, nessuno dei quali di per sè in linea con la rigorosa giurisprudenza di cui al precedente punto 3.1: col primo, si prospetta solo la necessità di applicazione immediata della L. 24 febbraio 2006, n. 52; col secondo, si chiede di stabilire se il nuovo testodell’art. 619 cod. proc. civ. si applichi alle procedure ed ai correlativi giudizi di opposizione già pendenti alla data del 1.3.06; col terzo, si domanda di stabilire se, in una opposizione di terzo introdotta prima dell’entrata in vigore della L. n. 52 del 2006, esaurita la fase sommaria fosse indispensabile la fissazione di un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito; col quarto, si invoca dirsi se l’assegnazione allo stesso giudice dell’esecuzione della causa di opposizione dia luogo ad un’ipotesi di astensione obbligatoria.
Tanto basta a qualificare inammissibile ciascuno dei quesiti.
Inoltre, il PRIMO QUESITO sarebbe di per sè apodittico, mentre il secondo ed il terzo non si fanno carico della peculiarità del caso concreto e, in particolare, dell’indicazione dei tempi di proposizione dell’opposizione e di sviluppo delle relative fasi, onde consentire di ricostruire se e quando la novella del 2006 abbia potuto in concreto incidere sul procedimento; infine, il quarto quesito è privo di riferimenti alla fattispecie concreta ed alla regula iuris che si assume malamente applicata.
4.2. In secondo luogo, per quanto sia dato desumere dalla lettura congiunta dei primi tre quesiti (quand’anche essa potesse per un momento ammettersi, visto che neppure servirebbe a renderli ammissibili una loro sintesi), essi pongono questioni a loro volta inammissibili:
– per imperfetta osservanza dell’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6, attesa l’incompletezza della trascrizione degli atti del grado di merito e della loro sede processuale, nei quali la relativa questione sarebbe stata sottoposta, onde escluderne l’inammissibilità per novità in questa sede (per l’ipotesi di questione addotta come non esaminata dal giudice del merito e per limitarsi ad alcune tra le numerosissime: Cass. 2 aprile 2004, n. 6542; Cass. 10 maggio 2005, n. 9765; Cass. 12 luglio 2005, n. 14599; Cass. 11 gennaio 2006, n. 230;
Cass. 20 ottobre 2006, n. 22540; Cass. 27 maggio 2010, n. 12992;
Cass. 25 maggio 2011, n. 11471; Cass. 11 maggio 2012, n. 7295; Cass. 5 giugno 2012, n. 8992; Cass. Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6076; Cass. Sez. Un., 2 settembre 2013, n. 20074);
– perchè erroneamente sussunti entro il n. 3, anzichè il n. 4, dell’art. 360 cod. proc. civ., con essi in modo evidente essendo prospettato un error in procedendo;
per difetto di interesse, non essendo stata prospettata alcuna negativa conseguenza, per il loro diritto di difesa, dall’omessa concessione di un termine per la separata instaurazione ex novo del giudizio di merito; mentre invece è orientamento giurisprudenziale più che consolidato che la denuncia di vizi di attività del giudice non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo; qualora, pertanto, la parte ricorrente non indichi lo specifico e concreto pregiudizio subito, l’addotto error in procedendo non acquista rilievo idoneo a determinare la cassazione della sentenza impugnata (Cass. 22 aprile 2013, n. 9722; Cass. 19 febbraio 2013, n. 4020; Cass. 14 novembre 2012, n. 19992; Cass. 23 luglio 2012, n. 12804; Cass. 12 settembre 2011, n. 18635; Cass. 21 febbraio 2008, n. 4435).
4.3. Infine, al QUARTO QUESITO, ove ci si potesse concedere per un solo momento di considerare esclusivamente la regula iuris astratta, dovrebbe pur sempre darsi risposta negativa: è infatti pacifico che, per le opposizioni diverse da quelle agli atti esecutivi (ed anzi pure per queste, prima della novella del 2009), non sussiste alcuna incompatibilità – e tanto meno alcun obbligo di astensione in capo ai secondi – tra i giudici che hanno trattato la fase sommaria e quelli che trattano la fase – se anteriore alla riforma del 2006 – o il giudizio – se posteriore – di merito (per un approfondimento e per tutte, v. Cass. 27 maggio 2009, n. 12263); mentre non è mai viziata, per questo solo fatto, la sentenza resa da un giudice del medesimo ufficio giudiziario, quand’anche non correttamente investito della cognizione dell’affare (per tutte: Cass. 11 dicembre 2012, n. 22644, ove riferimenti) e, comunque, il giudice dell’esecuzione ha, con tutta evidenza, seguito nella specie il rito ordinario di cognizione:
anche in tal caso non ledendo in alcun modo il diritto di difesa della parte.
5. Il SECONDO MOTIVO è anch’esso inammissibile.
5.1. In primo luogo, esso è sì, quanto alla doglianza di vizio motivazionale, assistito da un separato e conclusivo autonomo momento di sintesi o di riepilogo, ma questo è privo però dei rigorosi requisiti di cui sub 3.2 e 3.3: non indicando esso (e neppure, come da giurisprudenza consolidata, potendo esso essere integrato con la lettura per esteso del motivo, altrimenti perdendo la sua ineludibile funzione di sintesi) gli addotti motivi delle prospettate nullità del pignoramento e della nota della sua trascrizione, tali da rendere contraddittoria la valutazione prioritaria accordata al contenuto della nota di trascrizione dell’atto di provenienza.
5.2. Quanto alla doglianza di violazione di legge, poi, esso è concluso da quesiti plurimi, nessuno dei quali di per sè in linea con la rigorosa giurisprudenza di cui al precedente punto 3.1:
nessuno di loro da conto delle peculiarità del caso concreto e, segnatamente, degli aspetti e delle ragioni per le quali il pignoramento e la sua trascrizione sarebbero stati nulli o inefficaci.
5.3. Tanto esime dal rilevare (per riferimenti alle problematiche, v., tra le più recenti, Cass. 8 febbraio 2013, n. 3075) che è stata fatta corretta applicazione del principio di diritto per il quale gli errori o le improprietà di identificazione del bene negli atti di provenienza non potrebbero giammai essere opponibili, di per sè soli considerati, ai terzi di buona fede che abbiano diligentemente compulsato i registri immobiliari, i quali pignorano in modo corretto ciò che in testa al debitore risulta da questi al momento del pignoramento; d’altra parte, in tale contesto, l’indicazione, nel pignoramento e nella sua nota di trascrizione, di dati catastali non aggiornati al momento del pignoramento stesso (segnatamente, della scheda catastale, notoriamente preparatoria – e quindi sovente di molto anteriore nel tempo – dell’attribuzione dei dati definitivi, rispetto a questi ultimi) non vizia nè l’uno nè l’altra, ove non vi sia comunque incertezza sulla fisica identificazione dei beni ed ove sussista continuità tra i dati catastali precedenti e quelli corretti all’atto dell’imposizione del vincolo, sì che l’erroneità, di per sè considerata, non comporti confusione sui beni o perfino un riferimento a beni ontologicamente differenti.
6. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile ed i soccombenti ricorrenti condannati – tra loro in solido per la comunanza della posizione processuale – alle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna C. M. ed D.G.E., tra loro in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della S.G.C, srl Società Gestione Crediti, in pers. del leg. rappr.nte p.t., liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte suprema di cassazione, il 10 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2013
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Numero Protocolo Interno : 291/2013