Per ottenere l’attribuzione (in via provvisoria, salvi i definitivi accertamenti operati nel prosieguo della procedura fallimentare) delle somme ricavate dalla vendita, il creditore fondiario deve documentare al giudice dell’esecuzione di avere sottoposto positivamente il proprio credito alla verifica del passivo in sede fallimentare, cioè di aver proposto l’istanza di ammissione al passivo del fallimento e di avere ottenuto un provvedimento favorevole dagli organi della procedura (anche se non ancora divenuto definitivo).
Solo in tal caso il G.E. potrà attribuirgli il ricavato della vendita e dovrà farlo nei limiti del provvedimento di ammissione, disponendo la restituzione del residuo al fallito (e per esso al curatore del suo fallimento, ma senza alcuna ulteriore decurtazione).
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, V Sez. civ, Pres. Stalla – Rel. Balsamo, con l’ordinanza n. 20953 del 06.08.2019.
La vicenda ha riguardato una società che ha proposto ricorso, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 690/17, con la quale la CTR del Lazio lamentando, tra l’altro,l a violazione dell’art. 10 cit. e dell’art. 41 del T.U.L.B., nonché degli artt. 50, 51 e 111 e ss. della L. Fall..
In particolare, la ricorrente ha assunto che il creditore fondiario gode di un privilegio meramente processuale, potendo iniziare o continuare la procedura esecutiva in deroga al generale divieto posto dall’art. 51 cit. che vieta ai creditori del fallimento di proporre o continuare azioni esecutive individuali, il che, tuttavia, non esclude l’applicazione della disciplina di cui al successivo art. 52 L. Fall., in forza del quale tutti i Crediti, anche se muniti di prelazione, devono essere accertati secondo le norme della legge fallimentare.
La Curatela del fallimento non ha svolto difese.
Gli ermellini, nell’affrontare il thema decidendum, hanno evidenziato che il creditore fondiario ha l’onere di insinuarsi al passivo del fallimento per trattenere definitivamente quanto percepito ed assegnato temporaneamente all’esito della procedura esecutiva individuale. E’nella fase successiva della graduazione dei crediti concorsuali che il giudice provvederà all’assegnazione definitiva delle somme spettanti, dovendo tener conto, ai fini della graduazione dei crediti, che sul ricavato della vendita degli immobili gravati da garanzia reale dovranno essere collocate, in particolare, e, quindi, anteposte al credito fondiario, le spese riconducibili al pagamento delle imposte e tasse locali ai sensi dell’art. 111 L. Fall..
Invero, per la Corte, l’assegnazione al creditore procedente della somma ricavata dalla vendita non deroga al principio di esclusività della verifica concorsuale posto dall’art. 52 L. Fall., trattandosi di un’assegnazione a carattere provvisorio ed essendo onere dell’istituto, che intenda renderla definitiva, insinuarsi al passivo del fallimento in modo da consentire la graduazione dei crediti. La distribuzione delle somme ricavate dalla vendita forzata da parte del giudice dell’esecuzione ha carattere provvisorio e può divenire definitiva soltanto in esito al riparto in sede fallimentare, sicché il curatore è legittimato ad agire per ottenere la restituzione degli importi percepiti ò in eccedenza dal creditore fondiario a titolo di anticipazione in sede esecutiva.
Pertanto, davanti al giudice dell’esecuzione hanno dunque rilievo gli accertamenti e la graduazione già avvenuti in sede fallimentare, in modo che l’attribuzione (pur sempre) provvisoria effettuata in sede esecutiva sia comunque modulata in concreto sulla base di quello che già risulti stabilito in sede fallimentare (in via definitiva o anche in via provvisoria) così da limitare – anche in funzione del principio di economia processuale ed in conformità all’art. 111 Cost. – le eventuali successive azioni restitutorie, le quali in questo modo saranno necessarie solo in virtù di vicende non deducibili (o quanto meno non dedotte) in sede esecutiva (Cass. n. 23482/2018).
L’esistenza di altri crediti con diritto di preferenza rispetto a quello fondiario rappresenta invece un fatto impeditivo (ovvero modificativo o estintivo) del diritto del creditore fondiario di ottenere l’attribuzione provvisoria del ricavato della vendita dell’immobile ipotecato e dunque va dedotta e documentata dal curatore fallimentare.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, la Corte adita ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della curatela.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
FALLIMENTO: ammissibile l’istanza anche dopo la decorrenza dei termini per la risoluzione del concordato
Si deve però fornire la prova dell’incapacità del debitore a rispettare gli obblighi concordatari
Sentenza | Tribunale di Messina, Pres. Minutoli – Rel. Bisignano | 16.05.2019 | n.17
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/fallimento-ammissibile-listanza-anche-dopo-la-decorrenza-dei-termini-per-la-risoluzione-del-concordato
AMMISSIONE AL PASSIVO SU CC: IN MANCANZA DI CONTESTAZIONI GLI ESTRATTI FORMANO PROVA CONTRO IL CURATORE
LA BANCA NON È TENUTA A PRODURRE LE SINGOLE OPERAZIONI
Ordinanza | Cassazione Civile, sez. I, Pres. Didone – Rel. Di Virgilio | 11.03.2019 | n.6985
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/ammissione-al-passivo-su-cc-in-mancanza-di-contestazioni-gli-estratti-formano-prova-contro-il-curatore
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