Nel caso di esecuzione forzata intrapresa dal creditore particolare di uno solo dei coniugi, su beni oggetto di comunione legale fra gli stessi, non può procedersi alla vendita della quota del singolo bene di spettanza del coniuge debitore se non dopo la previa audizione dell’altro coniuge affinchè quest’ultimo possa eventualmente far valere le limitazioni di cui agli art. 187 e 189 c.c.; in difetto di una tale audizione il procedimento esecutivo deve arrestarsi. Il coniuge non debitore – d’altronde – è parte necessaria del giudizio nato dall’opposizione proposta avverso l’ordinanza di vendita.
IL COMMENTO
La sentenza in esame affronta il problema se il creditore particolare può agire esecutivamente sui beni rientranti nella comunione legale dei coniugi.
Conclude la Corte che è possibile procedere alla esecuzione forzata ad istanza del creditore particolare di uno solo dei coniugi, su beni oggetto di comunione legale fra gli stessi, se non dopo la previa audizione dell’altro coniuge affinchè quest’ultimo possa eventualmente far valere le limitazioni di cui agli art. 187 e 189 c.c..
In mancanza di tale audizione il procedimento esecutivo deve arrestarsi, in quanto il mancato avviso al coniuge non debitore “frustra” il diritto del predetto a far valere le limitazioni indicate negli artt. 187 e 189 cod. civ. e si risolve in un eccesso nell’uso dell’esecuzione forzata.
RIASSUNTO
Nell’espropriazione immobiliare promossa dai coniugi OMISSIS in danno di OMISSIS il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Foggia ha disposto la vendita all’incanto della quota indivisa dell’immobile di proprietà del debitore esecutato, indicando che il valore della quota era pari ad un ottavo dell’intero.
I creditori procedenti, con ricorso del 9 settembre 1995 rivolto allo stesso giudice dell’esecuzione, hanno proposto opposizione contro l’ordinanza di vendita ed hanno chiesto che la vendita all’incanto fosse disposta per la quota di un quarto.
L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Foggia con sentenza del 30 ottobre 1996.
Il Tribunale ha ritenuto che il giudice dell’esecuzione aveva il potere di determinare d’ufficio la misura della quota di comproprietà del debitore sul bene posto in vendita e che era indifferente il fatto che in un precedente incanto la misura della quota fosse stata determinata diversamente.
Per la cassazione di questa sentenza OMISSIS hanno proposto ricorso, articolato in due motivi.
Gli intimati OMISSIS non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. La decisione impugnata si fonda sui fatti e sulle considerazioni qui di seguito indicati.
Il diritto di Guido Tricarico sul bene pignorato derivava dall’atto pubblico di vendita intervenuto il 29 gennaio 1980 tra l’Istituto per l’edilizia popolare ed economica di Poggia e, in parti eguali, i fratelli OMISSIS, quest’ultimo debitore esecutato.
Al momento dell’acquisto del bene il OMISSIS era in regime di comunione dei beni con il coniuge OMISSIS.
In ragione di questo regime patrimoniale la quota acquistata dal OMISSIS era entrata a far parte della comunione legale tra i coniugi ed il giudice dell’esecuzione non poteva porre in vendita la metà della quota acquistata dalla OMISSIS estranea alla procedura esecutiva.
La determinazione della quota del bene da porre in vendita, così ricostruita, non era ostacolata dal fatto che nel precedente incanto era stato posta in vendita la quota di un quarto dell’appartamento: cioè l’intera quota acquistata originariamente dal OMISSIS.
1.2. I ricorrenti criticano la soluzione adottata dal Tribunale e sostengono: che la quota di proprietà spettante a OMISSIS era pari ad un quarto dell’intero, tale essendo la quota a lui pervenuta per successione del padre, originario debitore ed assegnatario dell’immobile da parte dell’Istituto per l’edilizia popolare ed economica di Foggia; che nessun diritto sull’immobile poteva essere riconosciuto alla moglie del debitore esecutato: primo motivo, violazione dell’art. 177 cod. civ. e difetto di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia.
I ricorrenti sostengono anche che il giudice dell’esecuzione non aveva il potere di determinare l’estensione del diritto di proprietà del debitore sul bene posto in vendita, di modificare la precedente ordinanza di vendita del bene e di attribuire una quota del bene pignorato ad una parte che non partecipava al giudizio: Secondo motivo, violazione dell’art. 487 cod. proc. civ. ed omessa motivazione su punti decisivi della controversia.
2.1. Come risulta dalla precedente esposizione la particolarità della fattispecie che si sta esaminando è data non solo dal fatto che il bene posto in vendita è in comunione tra i fratelli OMISSIS, ma anche da quel lo che la quota spettante al debitore OMISSIS, a sua Volta, forma oggetto di comunione legale con il coniuge OMISSIS.
Il tribunale ha ritenuto esattamente che questa comunione si era formata attraverso il particolare meccanismo acquisitivo indicato dall’art. 177 cod. civ., secondo il quale costituiscono oggetto di comunione lega le gli acquisti compiuti, anche separatamente, dai due coniugi durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali.
Infatti, i creditori procedenti OMISSIS non avevano contestato, e non lo contestano in questa sede, che OMISSIS ed i suoi fratelli successero al comune genitore solo nella posizione di assegnatari dell’immobile ed acquistarono, invece, il bene direttamente dall’Istituto per l’edilizia economica e popolare di Foggia con l’atto pubblico del 29 gennaio 1980.
Da questo punto di vista non è esatta, quindi, l’affermazione dei ricorrenti, fondata sulla disposizione dell’art. 179 del cod. civ., che il bene posto in vendita pervenne al debitore per successione del padre e che, quindi, si trattava di bene personale.
Questa circostanza, perciò Vale definitivamente a far ritenere che la quota acquistata da OMISSIS con l’atto pubblico già indicato entrò a far parte del la comunione lega le dei beni con il coniuge OMISSIS e, in tale configurazione sostanziale, fu oggetto di pignoramento.
Partendo da questa premessa, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che non poteva essere sottoposta a pignoramento o posta in vendita la quota non appartenente al debitore esecutato, ma facente parte della comunione legale tra i coniugi.
2.2. In questo giudizio non deve essere affrontata la questione del se i creditori procedenti abbiano adottato correttamente la procedura esecutiva: cioè se essi dovevano escutere prima il patrimonio personale del coniuge debitore, come sostiene una parte della dottrina, perché simile questione presupporrebbe che fosse stato accertato che OMISSIS era proprietario di altri beni oltre la quota sottoposta ad esecuzione.
Il dato da tenere presente, invece, è solo quello che è stato aggredito un bene in comunione lega le tra coniugi e per il valore dell’intera quota con la procedura indicata nel primo comma dell’art. 599 cod. proc. civ.
Si deve, quindi, verificare se il potere di escludere dal la vendita la quota appartenente al coniuge non debitore sia stato correttamente esercitato dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Foggia.
2.3. L’art. 599 cod. proc. civ. e l’art. 180 delle disposizioni di attuazione cod. proc. civ. stabiliscono, tra l’altro, che nell’espropriazione di beni indivisi il creditore pignorante deve dare avviso dell’avvenuto pignoramento agli altri comproprietari, indicando il bene pignorato e la data del pignoramento ed invitando i destinatari dell’avviso a comparire davanti al giudice dell’esecuzione per essere sentiti in ordine ad una possibile separazione della quota; ai comproprietari è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice.
Queste regole indicano che la mancanza dell’avviso ai comproprietari non incide sul pignoramento, il quale è compiuto indipendentemente dall’avviso, ma sullo svolgimento ulteriore dell’azione esecutiva, la quale può proseguire solo se gli altri comproprietari del bene siano stati avvisati.
Infatti, l’avviso è in funzione dell’esercizio dei seguenti poteri da parte del giudice dell’esecuzione: consentire la separazione in natura del la quota spettante al debitore esecutato, disporre la vendita della quota o la sua divisione.
Nessuna di queste possibilità può essere realizzata quando non sono sentiti gli altri comproprietari.
Poste queste premesse, il problema ulteriore che si deve risolvere è quello della sorte dei provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione senza che sia stato dato avviso ai comproprietari non debitori del bene sottoposto a pignoramento.
2.4.1. In linea generale il sistema vigente conosce il fenomeno dell’eccesso nell’uso dell’esecuzione forzata e riconosce al giudice dell’esecuzione il potere di contrastarlo nei seguenti modi tipici: con il divieto di consentire il cumulo dei mezzi di espropriazione (art. 483 cod. proc. civ.), con la riduzione del pignoramento (art. 496 cod. proc. civ.), con l’obbligo di dichiarare cessata la vendita quando il prezzo dei beni ha raggiunto gli importi dei crediti stabiliti (artt. 504 e 508 cod. proc. civ.), con l’obbligo di dare la precedenza alla vendita dei beni ipotecati (art. 558 cod. proc. civ.).
Lo strumento di contrasto dell’effetto indesiderato è dato dall’arresto della vendita, il quale, nella giurisprudenza di questa Corte, è stato applicato sia per le situazioni in cui il debitore era unico, sia nell’espropriazione instaurata contro più debitori solidali (sent. 21 maggio 1977, n. 2121) ed esteso anche ai casi di eccesso nei provvedimenti di sequestro (sent. 7 novembre 1992, n. 12050).
2.4.2. L’estensione del sistema delle cautele tipiche sopra indicate all’espropriazione di beni in comunione legale tra coniugi è legittimo: la domanda di porre in vendita la quota del bene oggetto di comunione legale tra coniugi, consentita dal secondo comma dell’art. 600 cod. proc. civ., può frustrare il diritto dell’altro coniuge non debitore a far valere le limitazioni indicate negli artt. 187 e 189 cod. civ. e si risolve anch’essa in un eccesso nell’uso dell’esecuzione forzata.
Lo strumento di contrasto di questa evenienza deve seguire i meccanismi di cautela predisposti dalla legge in funzione delle varie forme dell’esecuzione forzata.
Questi meccanismi, come è stato accennato, nell’esecuzione di beni indivisi sono rappresentati dall’audizione del coniuge contitolare del la quota: mancando questa audizione il procedimento esecutivo deve arrestarsi.
3) Nel la fattispecie concreta, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Foggia, prima di procedere alla vendita della quota appartenete e OMISSIS, ritenuto il regime di comunione legale dei coniugi, doveva Pretendere che i creditori procedenti avessero dato avviso del pignoramento anche al coniuge del debitore esecutato.
A sua volta, il Tribunale, chiamato a verificare se il Potere di mettere in vendita la quota del bene in comunione legale tra i coniugi fosse stato esercitato correttamente, doveva pretendere che al giudizio partecipasse anche il coniuge di OMISSIS, il quale, attraverso la qualità di contitolare della quota in comunione, era parte necessaria del procedimento di esecuzione, perché era suo diritto far valere nello stesso procedimento le possibili ragioni, indicate negli artt. 187 e 189 cod. civ., di non coinvolgimento dell’intera quota nell’esecuzione forzata.
La mancata partecipazione al giudizio di opposizione di OMISSIS può essere rilevata d’ufficio anche in sede di legittimità.
Essa comporta che la sentenza impugnata è nulla e deve essere cassata con rinvio allo steso Tribunale di Foggia, che provvederà all’integrazione del contraddittorio nei termini sopra precisati.
Questa pronuncia assorbe l’esame dei motivi del ricorso prima indicati.
La determinazione delle spese di questo giudizio può essere devoluta al giudice del rinvio.
P. Q. M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità della sentenza impugnata e ne dispone la cassazione con rinvio al Tribunale di Foggia anche per la determinazione delle spese di questo giudizio.
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