ISSN 2385-1376
Testo massima
“In tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il processo esecutivo, pur non avendo, in ragione della mancanza di contenuto decisorio, efficacia di giudicato, è tuttavia caratterizzato da una definitività insita nella chiusura di un procedimento esplicato nelle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti, incompatibile con qualsiasi sua revocabilità, atteso che nell’ambito del procedimento esecutivo sussiste un sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti tra le parti.
Conseguentemente, il soggetto esecutato che non si sia avvalso dei rimedi oppositivi specificatamente previsti nell’ambito del procedimento esecutivo (in particolare dell’opposizione ex art. 512 c.p.c. avverso all’ordinanza di assegnazione della somma conseguente alla conversione del pignoramento), non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, autonoma azione di ripetizione di indebito contro il creditore procedente (o intervenuto) per ottenere la restituzione di quanto costui ha riscosso, sul presupposto dell’illegittimità dell’esecuzione forzata per ragioni sostanziali.”
È questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Appello di Genova, III sezione civile, con la sentenza n. 40 del 15/01/2014, che ha riformato la decisione emessa in primo grado, con la quale era stato confermato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla debitrice, a titolo di restituzione delle somme incassate in eccedenza in sede esecutiva, all’esito dell’approvazione del piano di riparto.
In particolare, la Corte ha correttamente ritenuto che avverso il provvedimento di assegnazione delle somme il debitore esecutato deve esperire il rimedio tipico previsto dal legislatore ossia l’opposizione ex art. 512 cpc.
Dalla mancata impugnazione del provvedimento, che non ha efficacia di giudicato, stante l’assenza di contenuto decisorio, infatti, deriva la sua consequenziale definitività insita nella stessa chiusura del procedimento e l’impossibilità di esperire autonoma azione di ripetizione di indebito contro il creditore, per ottenere la restituzione di quanto costui ha riscosso, sul presupposto dell’illegittimità dell’esecuzione forzata per ragioni sostanziali.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA SEZIONE 3° CIVILE
Composta dai magistrati:
Dott. VIRGINIA SANGIUOLO Presidente
Dott. ANGELA LATELLA Consigliere
Dott. MARINA MAISTRELLO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile d’appello promossa da
Banca alfa – nuova denominazione di Banca beta – con sede legale in (omissis) in persona del Dott. (omissis) legale rappresentante pro tempore di UGF Banca S.p.A. in forza del Consiglio di Amministrazione di Banca beta dell’11 settembre 2007 in autentica notaio Serra rappresentata e difesa dal sig. (omissis) con atto pubico a rogito notaio Serra di Bologna, rep. N.60.011, racc. n.8.883, dall’avv. (omissis) ed elettivamente domiciliata presso il medesimo in (omissis) come da mandato in atti
APPELLANTE
CONTRO
C.A. rappresentata e difesa dall’avv. (omissis) con elezione di domicilio nel di lui studio in (omissis), come da mandato in atti
APPELLATA
CONCLUSIONI:
PER L’APPELLANTE:
“Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Genova, ogni diversa e contraria domanda ed eccezione disattesa e respinta, in accoglimento del presente appello, annullare e/o comunque riformare la sentenza dei Tribunale di Genova n. 167212009, sent. N.1536/09 cron. N.1599/A rep. Del 21/4/09, dep.il 23/4/09 e notificata in data 25-05-2009 per tutti i motivi in fatto ed in diritto sopra esposti, con ogni consequenziale pronuncia. Previa eventuale rinnovazione degli atti dichiarati nulli, respingere le domande svolte dalla convenuta, revocando il decreto ingiuntivo opposto. Condannare la convenuta in appello al pagamento delle spese e delle competenze del doppio grado di giudizio”
PER L’APPELLATA:
“Piaccia all’ Ecc.ma Corte d’Appello di Genova, contrariis reiecits, previa, ove d’uopo conferma della sentenza n. 1672/2009 del Tribunale di Genova, rigettare ogni avversaria domanda siccome inammissibile, improcedibile e lo, comunque, infondato in fatto ed in diritto. In via del tutto subordinata, o come meglio ritenuto, dichiarare la Banca beta, in persona del legale rappresentante pro tempore, tenuta e quindi condannata ai pagamento a favore dell’esponente dell’importo di Euro 3.36800 (o altra somma meglio vista) oltre interessi e rivalutazioni da dovuto. Vinte le spese, tutte, imponibili e non imponibili, le spese generali d’ufficio del doppio grado di giudizio.”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Genova in data 11.12.2007, su ricorso di A.C., è stato ingiunto a Banca beta il pagamento della somma di curo 3.360,00, oltre a interessi legali c spese, a titolo di restituzione di somme versate dalla ricorrente a ripianamento del proprio debito , derivante da un contratto di finanziamento stipulato con la banca, pagamento di cui la banca, secondo l’assunto della A.C., non aveva tenuto conto nell’ambito della procedura esecutiva , instaurata nei confronti della stessa A.C. , per i crediti della banca derivanti dal suddetto contratto.
Con atto di citazione notificato in data 8.2.2008, la banca ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo chiedendone la revoca ed eccependo in via pregiudiziale l’improponibilità del procedimento monitorio a causa e per effetto della estinzione del procedimento esecutivo da lei instaurato.
La Banca ha inoltre dedotto di avere proceduto all’imputazione delle somme versatele, portate nel decreto ingiuntivo, a interessi maturati sul capitale dovutole.
La convenuta C.A., costituitasi, ha contestato le opposte pretese, delle quali ha chiesto il rigetto, denunciandone l’infondatezza e ha ribadito che la banca aveva incamerato le somme portate dal decreto, il cui versamento non è stato contestato, senza dare atto dei versamenti nell’ambito del procedimento esecutivo e ha quindi richiesto la conferma del decreto opposto.
In esito ad istruzione orale, il Tribunale di Genova, definitivamente pronunciando, con sentenza depositata in data 23.4.2009, ha ritenuto infondata l’eccezione pregiudiziale sollevata dall’opponente e nel merito ha respinto l’opposizione al decreto proposta dalla Banca, confermando il decreto ingiuntivo.
Ha poi compensalo tra le parti 1/3 delle spese di causa, ponendo i restanti 213 a carico dell’opponente.
II primo giudice ha ritenuto in particolare che la opponente non abbia fornito la prova di avere imputato al capitale e/o agli interessi maturati sullo stesso le somme versate dalla A.C. il 3.8.2005 e il 18.11.2005, portate dal decreto ingiuntivo opposto (somme di cui ai documenti prodotti sub 3 e 5) e che, a fronte della valutazione meramente sommaria effettuata dal giudice dell’esecuzione nell’ambito del procedimento di conversione del pignoramento richiesta dalla debitrice A.C. , resti ininfluente la mancata opposizione alla determinazione del credito della banca da parte dell’esecutata, alla quale è pur sempre possibile richiedere la restituzione delle somme versate e non conteggiate , con autonoma azione di ripetizione dell’indebito.
Avverso le predette statuizioni ha proposto appello la Banca, denunciandone erroneità ed instando, in riforma della gravata sentenza, per l’ accoglimento delle conclusioni in epigrafe trascritte ( riproposizione dell’eccezione di nullità ex art. 135 cpc del decreto ingiuntivo per illeggibilità della sottoscrizione del giudice che lo ha pronunciato e comunque accoglimento della domanda di revoca dello stesso decreto per infondatezza nel merito della domanda della ricorrente- odierna appellata e condanna della stessa appellata alle spese dei due gradi del giudizio).
L’appellata C.A., nel costituirsi, ha chiesto il rigetto dell’avverso appello e la conferma delle decisioni di prime cure, ribadendo sostanzialmente le difese svolte nel giudizio di primo grado.
Quindi la causa, sulle conclusioni come sopra trascritte, precisate all’udienza collegiale del 3.10.2013, è stata trattenuta in decisione, scaduti i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle note di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il PRIMO MOTIVO di appello, la banca ha lamentato che il primo giudice abbia respinto la sua eccezione pregiudiziale di nullità ex art. 135 cpc del decreto ingiuntivo ottenuto dalla A.C., eccezione fondata sull’assoluta illeggibilità della sottoscrizione apposta in calce al decreto, che rende impossibile l’identificazione del magistrato persona fisica che lo ha emesso.
L’appellante ha ribadito che nella specie la sottoscrizione illeggibile deve essere. equiparata alla mancanza di sottoscrizione (art. 132 n. 5 cpc), non essendo indicato nel decreto il giudice che ha emesso .
Tale motivo di appello è infondato e deve essere respinto, considerato che:
1) la forma e il contenuto del decreto ingiuntivo sono disciplinati dall’art.135 cpc e non dall’art.132 cpc, che disciplina in maniera più minuziosa la forma e il contenuto delle sentenze;
2) l’art. 135 cpc richiede la apposizione nel decreto della data e della sottoscrizione del giudice (e non anche l’indicazione del giudice che ha emesso la sentenza, come dispone l’art. 135 u e cpc): entrambi tali requisiti sono presenti nel decreto ingiuntivo ottenuto dalla A.C. e opposto dalla banca, che contiene tutti i requisiti formali e sostanziali idonei al raggiungimento dello scopo, con conseguente esclusione della asserita nullità.
Pertanto, tale motivo di appello deve essere respinto, con conferma della statuizione della sentenza impugnata, di reiezione dell’eccezione pregiudiziale proposta dall’odierna appellante, opponente al decreto ingiuntivo nel giudizio di primo grado.
Con il SECONDO MOTIVO di appello, la Banca ha denunciato la violazione e falsa applicazione da parte del primo giudice degli artt. 495 e 510 cpc , sostenendo che , non avendo la A.C proposto opposizione ex art. 512 cpc avverso all’ordinanza in data 17.7.2007 del GE , di assegnazione ad essa creditrice esecutante della somma derivata dalla conversione del pignoramento richiesta dalla esecutata A.C. , la procedura esecutiva sì era estinta e i provvedimenti del GE erano divenuti irrevocabili a seguito della loro esecuzione ex art. 487 cpc, con la conseguente preclusione per la A.C. di successive azioni di ripetizione di indebito per le somme versate alla banca e asseritamene da quest’ultima non conteggiate e non detratte dal proprio credito.
La Corte ritiene tale motivo di appello fondato e meritevole di accoglimento, in considerazione del fatto che, in tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il processo esecutivo, pur non avendo per la mancanza di contenuto decisorio efficacia di giudicato, è tuttavia caratterizzato da una definitività insita nella chiusura di un procedimento esplicato nel rispetto delle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti, incompatibile con qualsiasi sua revocabilità, atteso che nell’ambito del procedimento esecutivo sussiste un sistema dí garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti tra le parti.
Conseguentemente, il soggetto esecutato che non si sia avvalso dei rimedi oppositivi specificatamente previsti nell’ambito del procedimento esecutivo (in particolare, dell’opposizione ex art.512 cpc avverso all’ordinanza di assegnazione della somma, conseguente alla conversione del pignoramento) non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, autonoma azione di ripetizione di indebito contro il creditore procedente (o intervenuto) , per ottenere la restituzione di quanto costui ha riscosso, sul presupposto dell’illegittimità dell’esecuzione forzata per ragioni sostanziali ( confr. sul punto la recente sentenza della Cass.Sez.3 n. 17371 del 18.8.2011).
Nella specie è pacifico che la A.C., esecutata e richiedente la conversione del pignoramento, non ha proposto opposizione ex alt 512 cpc avverso all’ordinanza del GE emessa in data 17 luglio 2007, di assegnazione della somma oggetto di conversione alla Banca beta, cosi come è pacifico che tale provvedimento abbia avuto compiuta esecuzione e che la procedura esecutiva si sia estinta.
Pertanto, deve ritenersi precluso alla A.C. l’esperimento di una autonoma azione di ripetizione di indebito in relazione alle somme da lei versate alla creditrice procedente, asseritamene da quest’ultima non scomputate dal debito oggetto del procedimento esecutivo e non comprese nel provvedimento di assegnazione emesso dal GE.
Conseguentemente, in accoglimento di tale motivo di appello, la sentenza impugnata deve essere riformata, con la revoca del decreto ingiuntivo datato 11.12.2007 ottenuto da C.A. nei confronti della banca.
Alla luce di tali considerazioni, deve ritenersi assorbito il TERZO MOTIVO di appello, con il quale l’appellante ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli arti. 1194 e 2697 cc, assumendo di avere imputato, secondo il criterio legale di cui all’art. 1194 cc, le somme versatele dalla A.C. di cui ai doc. 3 e 5, agli interessi maturati sul capitale, circostanza di cui la A.C. non aveva fornito la prova contraria a suo carico e assumendo che, d’altro lato, gravava sulla debitrice A.C. l’onere di allegare e di provare che il creditore aveva consentito che il pagamento venisse imputato al capitale anziché agli interessi.
Motivi di equità rendono opportuna la compensazione tra le parti della metà delle spese di causa dei due gradi del giudizio.
La restante metà di tali spese, liquidata in dispositivo ex DM n. 140/2012, sulla base della natura della causa, del suo valore e della sua complessità, deve essere posta a carico dell’appellata soccombente A.C.
PQM
La Corte di Appello, definitivamente pronunciando, contrariis rejectis cosi provvede:
In accoglimento dell’appello proposto dalla BANCA alfa avverso alla sentenza del Tribunale di Genova emessa in data 21.4-23.4.2009 e in riforma di tale sentenza, revoca il decreto ingiuntivo emesso dal suddetto Tribunale in data 11.12.2007, a favore di A.C., nei confronti della banca beta.
Compensa tra le parti la metà delle spese dei due gradi del giudizio e pone a carico dell’appellata A.C. la restante metà, che liquida, per il giudizio di primo grado, in complessivi euro 1.200,00 oltre a oneri di legge e, per la presente fase dei giudizio, in complessivi euro 1550,00, oltre a oneri di legge e in curo 50,00 per spese documentate.
Così deciso in Genova, il 23 dicembre 2013
CORTE DI APPELLO DI GENOVA 15 GEN. 2014
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Numero Protocolo Interno : 43/2014