ISSN 2385-1376
Testo massima
L’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo – contenuto nel precetto a norma dell’art.480, comma primo, cpc – non richiede, quale requisito formale a pena di nullità, oltre alla indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9000/2007 proposto da:
G.G., S.A
– ricorrenti –
contro
S.E., CONDOMINIO VIA (OMISSIS)
– intimati –
avverso la sentenza n. 25/2007 del TRIBUNALE DI NAPOLI SEDE DISTACCATA DI CASORIA, depositata il 08/02/2007 R.G.N. 494/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in subordine per il rigetto.
Svolgimento del processo
1.- Con la sentenza impugnata, pubblicata l’8 febbraio 2007, il Tribunale di Napoli – sezione distaccata di Casoria ha rigettato l’opposizione proposta dal Condominio del fabbricato di Via (OMISSIS) nei confronti dell’avv. S.E. avverso l’atto di precetto rinotificato da quest’ultimo in data 23 luglio 2003 per il pagamento della somma di Euro 1.040,09, dovuta per spese, diritti ed onorari del giudizio definito con sentenza n.971/02, emessa dal Giudice di Pace di Afragola; ha condannato l’opponente al pagamento delle spese processuali.
2.- Avverso la sentenza, S.A. e G.G., condomini del Condominio già opponente, propongono ricorso affidato a quattro motivi.
Gli intimati non svolgono attività difensiva.
Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata.
Motivi della decisione
Va premesso che, sebbene la sentenza impugnata sia stata pronunciata nei confronti del condominio, rappresentato dall’amministratore pro tempore, i condomini, odierni ricorrenti, sono legittimati all’impugnazione, poichè, essendo il condominio ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l’amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale; pertanto, non sussistono impedimenti a che i singoli condomini si avvalgano, in via autonoma, dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio rappresentato dall’amministratore, non spiegando influenza alcuna, in contrario, la circostanza della mancata impugnazione di tale sentenza da parte dell’amministratore (da ultimo, Cass. n.10717/11).
1.- Il ricorso è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art.366 bis cpc (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006 n.40, art.6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n.69, art.47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (8 febbraio 2007). I motivi secondo, terzo e quarto sono inammissibili perchè i relativi quesiti di diritto non rispettano il precetto normativo appena richiamato.
Col secondo motivo si denuncia “violazione dell’art.91 cpc in combinato disposto alla Tariffa Professionale vigente Tabella B 2 in relazione all’art.95 cpc“.
Il motivo è assistito dal seguente quesito di diritto:
“Stante la natura dell’atto di precetto, si chiede se, emessa la sentenza definitiva, i diritti e gli onorari spettanti siano solamente quelli previsti nel paragrafo 2 della Tabella B (processo di esecuzione) di cui al D.M. n. 585 del 1994″.
1.1.- Col terzo motivo si denuncia “violazione del paragrafo 2 della Tabella B di cui al D.M. n. 585 del 1994, relativamente alle voci sotto specificate, in relazione all’art.95 cpc”.
Il motivo è assistito dal seguente quesìto di diritto: “Dica la Corte se, dalla lettura della Tariffa Professionale, Tab. B, parte 2^, di cui al D.M. n. 585 del 1994, si evince che siano ripetibili, dopo la sentenza definitiva che chiude il processo di cognizione, i diritti e gli onorari innanzi indicati”.
1.2.- Col quarto motivo si denuncia “violazione dell’art.6, comma 1, della Tariffa Professionale di cui al D.M. 8 aprile 2004, n.121, nonchè omessa motivazione”.
Il motivo è assistito dai seguenti quesiti di diritto: “Se il giudice di merito, nel liquidare i diritti e gli onorari, in assenza di nota, debba, una volta accertato il valore del credito, secondo le norme del codice di procedura civile, richiamato dal n.1 dell’art.6 della tariffa professionale, applicare il corrispondente scaglione tariffario”; “se le spese vive possono essere liquidate in favore della parte vittoriosa, senza che delle stesse si sia data prova documentale”.
2.- Ritiene il Collegio che i quesiti siano formulati in modo tale da non precisare le questioni di diritto sottoposte all’esame della Corte, poichè tutti sono espressi in termini generici e senza alcun concreto riferimento al caso di specie ed a quanto affermato nella sentenza impugnata, mancando la giustapposizione – ritenuta necessaria da diversi precedenti di questa Corte (tra cui Cass. n. 24339/08, n. 4044/09), che qui si ribadiscono – tra la ratio decidendi della sentenza impugnata e le ragioni di critica sollevate dai ricorrenti.
In particolare, la genericità dei quesiti, cioè l’impossibilità di riferirli al caso concreto, prescindendo dalla lettura dell’illustrazione dei motivi, è ragione di inammissibilità dei corrispondenti motivi per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. (cfr. Cass. S.U. n. 36/07, n. 6420/08, Cass. n. 19892/07, nonchè, da ultimo, Cass. n. 3530/12).
Conclusivamente, i quesiti di diritto, come sopra testualmente riportati, non consentono a questa Corte l’individuazione dell’errore di diritto denunciato dai ricorrenti con riferimento alla fattispecie concreta nè l’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e delle questioni che esso pone non è fornita valida sintesi logico-giuridica (cfr., per la funzione riservata ai quesiti di diritto, tra le altre Cass. S.U. n. 26020/08 e n. 28536/08).
3.- Col primo motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt.480 e 481 cpc, per avere il Tribunale ritenuto che non fosse viziato l’atto di precetto oggetto dell’opposizione, malgrado rinviasse, per l’indicazione analitica di diritti ed onorari auto- liquidati dal difensore, ad altro precetto precedentemente notificato, ma divenuto inefficace ai sensi dell’art.481 cpc.
Ritiene il Collegio che il quesito di diritto consenta di individuare la fattispecie concreta oggetto della censura, nonchè il principio di diritto che, secondo i ricorrenti, si sarebbe dovuto applicare e che, invece, il giudice di merito avrebbe disatteso (“Stante la natura sostanziale dell’atto di precetto di pagamento, statuisca la Suprema Corte se è consentito dal nostro codice di rito, ovvero desumibile da altro consolidato principio giuridico, che con l’intimazione di pagamento di una somma si faccia puramente e semplicemente riferimento a quella stessa somma richiesta con precedente atto di precetto divenuto inefficace ex art.481 cpc, senza, quindi, specificare le voci che concorrono alla (sua) quantificazione della somma precettata”). Risulta rispettato il disposto dell’art.366 bis cod. proc. civ..
Il motivo, perciò ammissibile, è tuttavia infondato, poichè al quesito, come sopra formulato, va data risposta positiva, non quella negativa auspicata dai ricorrenti, pur se con le precisazioni di cui appresso.
3.1.- Premesso che, nel caso di specie, il precetto opposto è relativo al pagamento delle spese processuali di un pregresso giudizio di merito, liquidate in Euro 600,00, cui il creditore precettante ha aggiunto le spese relative all’attività successiva alla pronuncia della sentenza e di intimazione del precetto, fino a raggiungere la cifra complessiva di Euro 1.040,09, va precisato che la doglianza degli opponenti è riferita alla mancata specificazione analitica di quanto dovuto per diritti, onorari e spese vive per l’atto di precetto, essendo determinato soltanto l’importo complessivo. Trattasi di motivo di opposizione agli atti esecutivi, poichè attiene alla modalità di redazione dell’atto di precetto e, quindi, alla sua regolarità formale (cfr. Cass. n. 6845/93, n. 10296/09).
Orbene, le ipotesi di nullità dell’atto di precetto sono tassativamente individuate dall’art.480 cod. civ., comma 2, mentre il primo comma precisa che l’intimazione deve avere ad oggetto “l’obbligo risultante dal titolo esecutivo”.
Quanto a quest’ultimo, questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio, che qui si ribadisce, per il quale l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo – nel precetto a norma dell’art. 480 cod. proc. civ., comma 1 – non richiede, quale requisito formale richiesto a pena di nullità, oltre alla indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla (Cass. n.11281/93).
Ne segue che, ai fini della validità dell’atto di precetto, è sufficiente che questo contenga l’indicazione dell’obbligazione di pagare la somma di denaro complessivamente risultante dal titolo esecutivo, nonchè le ulteriori indicazioni del comma 2.
Quanto all’intimazione al pagamento delle spese relative al precetto (per le quali, da ultimo, cfr. Cass. n. 19791/11), è, intanto, necessario che l’importo risultante liquidazione ad opera del difensore sia determinato e possa essere distinto da quello afferente alla prestazione risultante dal titolo esecutivo.
Questo importo, nel caso di specie era, nel totale, desumibile dall’atto di precetto oggetto della presente opposizione. Con riguardo all’indicazione analitica delle somme richieste, rispettivamente, per diritti, onorari e spese vive, la specificazione, come rilevato dal giudice a quo, era contenuta in un altro precetto già notificato alla stessa parte, e divenuto inefficace ex art.481 cod. proc. civ., ma espressamente richiamato nel precetto in rinnovazione.
La perdita di efficacia del precetto per decorso del termine di cui all’art.481 cod. proc. civ., impedisce l’inizio del processo esecutivo in base ad esso; tuttavia, l’atto non può considerarsi come tamquam non esset, essendo idoneo a produrre determinati effetti, quali quello della intimazione di pagamento cui consegua la messa in mora e l’interruzione della prescrizione (cfr. Cass. n. 8219/02, n. 15190/05, n. 7737/07) ovvero quello del conferimento della procura ad litem valida anche per la rinnovazione del precetto e l’inizio del processo esecutivo (cfr. Cass. n. 11613/11). Pertanto, le indicazioni in esso contenute si reputano altresì idonee, ove espressamente richiamate, ad integrare il successivo atto di precetto in rinnovazione, purchè quest’ ultimo contenga le indicazioni richieste a pena di nullità dall’art.480 cod. proc. civ., comma 2.
La sentenza impugnata ha correttamente applicato al caso di specie i principi di cui sopra.
4.- In conclusione, il ricorso va rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, atteso che gli intimati non si sono difesi.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2013
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