ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di esecuzione forzata presso terzi, le spese del giudizio di accertamento vanno addebitate esclusivamente e solidalmente ai terzi pignorati che colpevolmente omettano di rendere la dichiarazione di cui agli articoli 547 e seguenti del codice di procedura.
Così ha deciso il Tribunale di Frosinone, giudice unico Dott. Vincenzo Staccone, con la sentenza n. 454 del 25 aprile 2014, emessa nell’ambito di un procedimento ex art. 548 c.p.c. volto ad accertare l’esistenza di crediti del debitore esecutato, nei confronti di terzi.
Nel caso in esame, il creditore procedente aveva notificato un pignoramento presso terzi al direttore di filiale di un istituto di credito il quale, tuttavia, avevo rifiutato di ricevere l’atto. All’udienza fissata per la discussione la banca non era comparsa né aveva reso la dichiarazione. Ebbene, a seguito delle contestazioni sorte sull’esistenza del credito del debitore, risultava necessario instaurare un autonomo giudizio di cognizione. Citata nel giudizio di accertamento in persona del suo legale rappresentante, la banca de quo ha infine reso la dichiarazione, fornendo prova della non esistenza del credito.
Sebbene l’accertamento si sia rivelato negativo, il giudice ha comunque deciso di addebitare per intero alla banca – in solido con altro terzo istituto non comparso e che pure non aveva effettuato la dichiarazione di rito – le spese di giudizio: le ragioni della pronuncia risiedono nella considerazione che, a parere dell’organo giudicante, il terzo abbia colpevolmente omesso, nella persona del direttore della filiale, di accettare la notifica del pignoramento e rendere la dichiarazione, e questa omissione sia risultata da sola la causa dell’instaurazione del giudizio di accertamento e del conseguente, evitabilissimo, aggravio delle spese procedimentali.
Le considerazioni della banca – la quale ha opposto la non conoscenza del procedimento di esecuzione per mancata citazione del legale rappresentante nell’atto di pignoramento sono apparse al Tribunale del tutto pretestuose.
In casi analoghi, infatti, la giurisprudenza si è sempre pronunciata ritenendo possibile (e doverosa) la ricezione dell’atto da parte del direttore della filiale, qualificandosi quest’ultimo, quale institore ai sensi dell’art. 2203 c.c. e dunque nel pieno possesso della facoltà di rendere dichiarazioni per consto dell’Istituto in base al secondo comma del successivo art. 2204 (al riguardo il Giudice ha segnalato la sentenza Cass. 2-8-65, n. 1863, rv. 313546, con riferimento alla legittimazione processuale nei giudizi di esecuzione).
Testo del provvedimento
In allegato il testo integrale del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 310/2014