Se un immobile, facente parte di un compendio aggiudicato a seguito di procedura esecutiva immobiliare, presenti abusi insanabili che ne rendono necessaria l’integrale demolizione e la circostanza non sia ben evidenziata nella relazione di stima, si verte in ipotesi di vendita aliud pro alio.
In tale ipotesi la tutela dell’aggiudicatario è condizionata alla presentazione dell’opposizione formale ex art. 617 c.p.c. al decreto di trasferimento, al fine di farne dichiarare l’invalidità ove il processo esecutivo sia ancora pendente, ovvero, qualora non vi sia stata possibilità di attivare tale tutela endoprocessuale, alla instaurazione di un’autonoma azione, svincolata come tale dai termini di cui all’art. 617 c.p.c., allegando e provando specificamente che non vi sia stata possibilità di proporre tempestivamente l’opposizione in parola.
Il consolidamento del decreto di trasferimento, con consapevole rinuncia alla sua impugnazione da parte dell’aggiudicatario, sottende la rinuncia di quest’ultimo al rimborso della relativa somma, che, pertanto, non potrebbe costituire un danno risarcibile.
Infatti, l’azione di ripetizione di indebito, volta ad ottenere la restituzione di somme pagate in forza di un contratto invalido o risolto, non può mai essere validamente surrogata con quella di risarcimento dei danni, in quanto il pagamento, fino a quando non venga meno la causa che lo ha giustificato, non può per logica integrare un danno “ingiusto” e come tale risarcibile, ed, al momento in cui tale causa viene meno, giustifica azioni recuperatorie nei confronti dell’accipiens e non di terzi. [nella specie, convenuto era l’esperto stimatore della procedura esecutiva, per il supposto errore professionale].
È ammissibile invece l’azione nei confronti dell’esperto stimatore per il rimborso dei costi sostenuti per la demolizione del manufatto abusivo, a prescindere dall’impugnazione del decreto di trasferimento, ma il danno va rigorosamente allegato e documentato, non essendo sufficiente la CTU per colmare le lacune di parte attrice.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Pavia, Giudice Luciano Arcudi, con la sentenza n. 1733 del 6 novembre 2018.
Nella vicenda in esame, l’aggiudicatario di un compendio immobiliare, oggetto di procedura esecutiva – e precisamente di un’abitazione civile e di annesso box ripostiglio – conveniva in giudizio l’esperto stimatore della procedura, eccependo:
– che lo stesso aveva attestato la corrispondenza della distribuzione degli spazi interni a quanto risultava nella planimetria nonché la sanabilità del box-ripostiglio, sebbene realizzato in assenza di idoneo titolo abilitativo;
-che, contrariamente a quanto affermato nella relazione di stima, erano presenti difformità interne, per la cui regolarizzazione aveva sostenuto la spesa di € 2.032,00, mentre il manufatto box-ripostiglio non poteva essere sanato, tanto che ne era stata disposta dal Comune la demolizione.
L’attore, pertanto, proponeva domanda di risarcimento dei danni nella misura di € 16.813,00 avuto riguardo al box- ripostiglio, di € 2.032,00 per le citate difformità e di € 5.000,00 per “le perdite di tempo e i patemi” subiti.
Si costituiva in giudizio il consulente tecnico, il quale chiedeva il rigetto delle domande, ritenendole integralmente destituite di fondamento, sia in fatto che in diritto.
Il Tribunale adito ha preliminarmente ricostruito le prospettazioni di parte attrice, con riferimento al dedotto danno riguardante il “box-ripostiglio”, consistente nel fatto di avere corrisposto per tale manufatto “… in seguito demolito”, la somma di Euro 16.813,00, importo calcolato ricostruendo, sulla base dei valori di perizia, il prezzo del bene in questione e detraendo i ribassi d’asta (25% + un ulteriore 25%).
Ciò posto, così come prospettata dall’attore, la domanda è stata ritenuta immeritevole di accoglimento, sul presupposto che – come espresso in Cass. Civ., sez. III-IV, ord. n. 11729 dell’11.5.2017 e Cass. Civ., sez. III, sent. n. 7708 del 2.4.2014 – se uno degli immobili facenti parte del compendio aggiudicato a seguito di procedura esecutiva immobiliare presenti abusi insanabili che ne rendono necessaria l’integrale demolizione – e la circostanza non sia stata ben evidenziata nella relazione di stima – si verte in un’ipotesi di aliud pro alio, che onera l’aggiudicatario alla presentazione dell’opposizione formale ex art. 617 c.p.c. al decreto di trasferimento al fine di farne dichiarare l’invalidità in parte qua, ove il processo esecutivo sia ancora pendente, ovvero, qualora non vi sia stata possibilità di attivare tale tutela endoprocessuale (ed è onere della parte che agisce allegare e provare la relativa circostanza) di un’azione autonoma svincolata come tale dai termini di cui all’art. 617 c.p.c..
In sintesi, il Giudice ha affermato che, essendo l’immobile (rectius, la porzione di immobile) oggetto di aggiudicazione totalmente abusivo, in quanto costruito in assenza di titolo abilitativo, e pertanto insuscettibile di sanatoria ma destinato piuttosto all’ordine di demolizione, lo stesso non poteva considerarsi semplicemente “viziato”, ma doveva trattarsi alla stregua di “aliud pro alio”.
Sul punto, è opportuno svolgere una breve digressione normativa preliminare, richiamando l’attenzione su una disposizione codicistica – alla quale la sentenza in commento fa solo sintetico riferimento: l’art. 2922 c.c., il quale testualmente prevede che “nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per vizi della cosa. Essa non può essere impugnata in caso di lesione”.
Nonostante tale esclusione, la giurisprudenza ha da tempo elaborato una linea interpretativa di favore per l’aggiudicatario, per tutte le ipotesi in cui la res alienata difetti di quegli elementi sostanziali che ne caratterizzano la funzionalità, l’attualità o il pregio e che sono tali da determinare la specie cui il bene appartiene.
L’ipotesi, più evidente, di vendita di c.d. aliud pro alio si configura qualora l’alienazione coattiva abbia ad oggetto un bene diverso da quello per cui è stata disposta l’ordinanza di vendita, o perché la cosa appartiene ad un genere differente da quello definito nell’ordinanza medesima o perché risulta carente delle caratteristiche necessarie ad assolvere alla sua funzione economico-sociale.
Ritornando al caso di specie, il Tribunale ha richiamato l’esigenza, in caso di vendita di aliud pro alio, di procedere all’impugnazione del decreto di trasferimento attraverso lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi.
In mancanza di tempestiva impugnazione, un’autonoma azione – svincolata dai termini di cui all’art. 617 c.p.c. – è sì proponibile, ma solo allegando e provando specificamente che non vi sia stata concreta possibilità di attivare tale tutela endoprocessuale con tempestività.
Infatti, una volta configurata la tipologia di azione quale “ripetizione di indebito”, volta ad ottenere la restituzione di somme pagate in forza di un contratto invalido o risolto, questa non può mai essere validamente surrogata con quella di risarcimento dei danni, in quanto il pagamento, fino a quando non venga meno la causa che lo ha giustificato, non può per logica integrare un danno “ingiusto” e come tale risarcibile, ed, al momento in cui tale causa viene meno, giustifica azioni recuperatorie nei confronti dell’accipiens e non di terzi.
In merito, il Tribunale ha specificato che il consolidamento del decreto di trasferimento, con consapevole rinuncia alla sua impugnazione da parte dell’aggiudicatario, sottende la rinuncia di quest’ultimo al rimborso della relativa somma, che, pertanto, non potrebbe costituire un danno risarcibile.
Con riferimento, invece, al rimborso dei costi sostenuti per la demolizione del manufatto abusivo, invece, il Giudice ha ritenuto che, a prescindere dall’impugnazione del decreto di trasferimento, potrebbe sì rispondere lo stimatore, ma solo laddove il danno risultasse ben documentato ed allegato.
Pertanto, nel caso de quo, non avendo adempiuto a tale onere l’attore e non potendo la C.T.U. sostituirsi a quest’ultimo nell’indicazione dei costi, che, invece, devono essere provati dall’interessato, la domanda doveva ritenersi infondata.
Neppure è stata accolta la domanda di risarcimento per le “perdite di tempo e i patemi subiti”, siccome quantificata in misura del tutto generica e, peraltro, restando indimostrato il danno.
Per le suddette ragioni, il Tribunale ha rigettato le domande, con conseguente condanna alle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
ESECUZIONE FORZATA: È POSSIBILE IL TRASFERIMENTO DI IMMOBILE ABUSIVO
NEL BANDO DI VENDITA DEVE ESSERE SPECIFICATA LA PRESENZA DEGLI ABUSI
Sentenza | Cassazione civile, terza sezione | 10.10.2013 | n.23140
VENDITA FORZATA: GARANZIE E TUTELE DELL’AGGIUDICATARIO
I VANTAGGI DELL’ACQUISTO IN SEDE ESECUTIVA E LE INFORMAZIONI A DISPOSIZIONE DEGLI INTERESSATI
Articolo Giuridico | Il Mattino, Legalmente | 28.01.2018
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/vendita-forzata-garanzie-e-tutele-dellaggiudicatario
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