Nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare, non è opponibile ai creditori procedenti e all’aggiudicatario l’obbligazione assunta, nell’atto di donazione di un immobile, dal donatario nei confronti del donante, avente ad oggetto la concessione in godimento del medesimo per tutta la vita naturale dei beneficiari.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Rel. Guizzi con la sentenza n. 4357 del 19 febbraio 2024.
Accadeva che il creditore aggiudicatario di un immobile all’esito di procedura esecutiva per espropriazione immobiliare, proponeva ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza ex art. 702-bis cod. proc. civ. pronunciata dal Tribunale di Perugia, che aveva accolto l’opposizione ex art. 617, comma 2, cod. proc. civ., proposta dal debitore esecutato in relazione all’ordine di liberazione dell’immobile.
L’immobile di cui si chiedeva la liberazione era stato donato al debitore dai genitori, con un contratto di donazione che prevedeva l’obbligazione, qualificata propter rem, di dare ai donanti, vita loro durante, alloggio gratuito nel piano rialzato dell’edificio.
Con il ricorso in Cassazione il creditore censurava il provvedimento impugnato in quanto – con riferimento alla clausola contrattuale che prevede l’onere, “a carico del donatario e dei suoi aventi causa”, di “dare ai donanti, vita di loro durante, per il tempo che questi vorranno a propria scelta, sia congiuntamente che separatamente e anche saltuariamente, alloggio gratuito nel piano rialzato di detto edificio” – non avrebbe fatto “uso corretto degli artt. 1362 e 793 cod. civ.”, in particolare errando “nel non qualificare l’onere “de quo” quale obbligazione modale nell’ambito della donazione” ma come un contratto assimilabile alla fattispecie della locazione.
Gli Ermellini ritenevano il motivo fondato, affermando che la soluzione accolta dal provvedimento impugnato– essendo la locazione un contratto a prestazioni corrispettive – concepisce, di fatto, l’impegno oggetto dell’obbligazione modale come contropartita del godimento del bene, in contrasto con il principio per cui il “modus” non può assumere “natura di corrispettivo, trasformando il titolo dell’attribuzione da gratuito in oneroso”
A tutto voler concedere – afferma la Suprema Corte- si è in presenza di un diritto personale atipico di godimento, ricollegato al “modus” della donazione, di talché “la trascrizione della donazione modale non fa acquisire all’onere carattere reale, atteso il principio di tipicità dei diritti reali e la riconduzione della donazione modale nell’ambito dei rapporti obbligatori”).
Tanto esclude quindi l’opponibilità della clausola contrattuale ai terzi, o comunque ai creditori procedenti ed all’aggiudicatario, non potendo ricondursi né ad un diritto reale, né ad altro previsto dalla disciplina dei contratti, impregiudicata la responsabilità tra le parti, e quindi del donatario verso i donanti.
Sulla base di questi rilievi, la Cassazione accoglieva il ricorso, cassando l’ordinanza impugnando e rinviando il giudizio al Tribunale di Perugia.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
IN CASO DI DIVISIONE DEL BENE ENTRO L’EMISSIONE DELL’ORDINANZA DI INTRODUZIONE DEL RELATIVO GIUDIZIO
Ordinanza | Tribunale di Roma, Giudice Giuseppe Lauropoli | 21.11.2023 |
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