ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di pignoramento individuale presso terzi di somma depositata su conto corrente bancario, non è precluso al terzo che abbia reso la dichiarazione positiva ex art. 547 cpc, nel procedimento espropriativo, dichiarato improcedibile per il sopravvenuto fallimento del debitore, di eccepire, nel giudizio ordinario intrapreso dal fallimento in luogo del debitore per il pagamento del saldo del conto corrente, la compensazione con riguardo al credito vantato dalla banca verso il fallimento in forza di un distinto rapporto di conto corrente, ai sensi della Legge Fallimentare ex art. 56 (R.D. n. 267 del 1942).
Questo è l’importante principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 04 marzo 2015, n. 4380, con la quale è stata finalmente chiarita la sorte delle somme accantonate dalla Banca a seguito del pignoramento presso terzi, in caso di successivo fallimento del debitore esecutato e, quindi, di estinzione della procedura esecutiva mobiliare.
La sentenza in esame ha confermato il principio espresso, in primo ed in secondo grado, in sede di giudizio promosso dalla curatela fallimentare per ottenere dalla Banca, che aveva intrattenuto una pluralità di rapporti con saldi attivi e passivi con il fallito, il pagamento delle somme vincolate a seguito di dichiarazione positiva ex art.547 cpc, in una procedura esecutiva presso terzi poi dichiarata improcedibile per il fallimento del debitore.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano ritenuto la piena legittimità della compensazione opposta dalla Banca con altri controcrediti vantati nei confronti del fallito (e già debitore esecutato), attesa l’anteriorità dei crediti rispetto alla dichiarazione di fallimento.
Soccombente in entrambi i gradi di giudizio, dunque, la Curatela ha proposto ricorso per cassazione, deducendo in particolare che la Banca non avesse manifestato la sussistenza di controcrediti in occasione della dichiarazione di terzo ex art. 547 cpc.
La Corte ha evidenziato che in un procedimento di espropriazione presso terzi con riguardo alle somme depositate dal debitore su conto corrente bancario – conclusosi con decreto di improcedibilità per sopravvenuto fallimento del debitore la banca, in occasione della dichiarazione di terzo ex art. 547 cpc, può omettere di rendere nota la sussistenza di un proprio controcredito di maggiore importo, derivante da altri conti correnti facenti capo al medesimo debitore, potendo poi sollevare la compensazione nei confronti del fallimento ove il procedimento espropriativo non si concluda con l’assegnazione delle somme, anche allorquando venga dichiarata l’improcedibilità per sopravvenuto fallimento del debitore esecutato, e tanto perché il pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie complessa, la quale si perfeziona con l’ordinanza di assegnazione.
In altri termini, il terzo debitor debitoris che, nel rendere la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c., ometta di rendere noto il proprio credito compensabile con il credito del debitore esecutato, ove il procedimento esecutivo venga dichiarato improcedibile per il fallimento del debitore esecutato, conserva la facoltà di eccepire in altro ambito – la compensazione nei suoi rapporti diretti con il debitore principale.
In caso di fallimento, in particolare, la Legge Fallimentare., art. 56, stabilisce la facoltà per i creditori di compensare i crediti che vantano verso il fallito “ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento“.
La norma, in tal modo, amplia l’ordinaria facoltà di compensazione ai crediti non liquidi o esigibili, ma esistenti, sulla base di un’interpretazione estensiva della detta norma, in linea con un’esigenza di equità, come già in passato affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. un., 16 novembre 1999, n. 775), che ha ritenuto l’art. 56 espressione di una deroga al principio della par condicio creditorum, permettendo al creditore di soddisfarsi per intero, quando sia anche debitore del fallimento.
Non rileva il momento in cui l’effetto compensativo si produce, ferma restando l’esigenza dell’anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte: ciò che rileva è l’accertamento del momento in cui sussisteva il controcredito, anche qualora lo stesso non fosse liquido o esigibile.
Per tali ragioni la Corte ha respinto il ricorso della Curatela, compensando le spese processuali e confermando la legittimità della compensazione opposta dalla Banca.
IL COMMENTO
La decisione fa sicuramente chiarezza in merito ai rapporti tra procedura di pignoramento presso terzi e fallimento del debitore esecutato, evidenziando che il mancato esercizio dell’eccezione di compensazione in sede di dichiarazione ex art. 547 cpc non preclude l’esercizio della medesima facoltà, allorquando la procedura esecutiva individuale non si sia conclusa con l’ordinanza di assegnazione (momento che conclude il processo e comporta il trasferimento del credito, anche se pro solvendo).
Per comprendere appieno le ragioni per le quali la Suprema Corte è addivenuta alla decisione de quo, è opportuno ripercorrerne l’iter argomentativo e la peculiare configurazione della natura della dichiarazione di terzo in una procedura esecutiva ex artt. 543 e ss. cpc.
In primis la Corte di legittimità ha fatto il punto sulla posizione processuale del terzo (debitor debitoris).
In particolare, anche laddove intervenga provvedimento di assegnazione delle somme, questo non vale a rendere il terzo esecutato, avendo esso il medesimo effetto che avrebbe una cessione negoziale del credito e l’ordinanza, con la quale il giudice dell’esecuzione, su istanza di assegnazione del creditore procedente, qualifica la dichiarazione resa dal terzo come positiva ed emette il provvedimento di assegnazione, è assunta nell’ambito dell’attività esecutiva e non di quella di accertamento del credito: in altri termini, l’ordinanza di assegnazione contiene un accertamento che si esaurisce in ambito esecutivo.
Sulla natura della dichiarazione di terzo, reputa il Supremo Collegio che essa consista in una dichiarazione di debito, quale atto tipico endoprocessuale, avente natura di dichiarazione di scienza e funzione complementare al pignoramento.
Autorevole dottrina lo paragonava ad una “esibizione ideale” del terzo (actio ad exibendum): e con questa l’analogia in effetti sussiste quanto all’obbligo del terzo di adempiere, a fini di giustizia, alla richiesta di informazioni sulla sua posizione verso il debitore che gli viene rivolta (actio ad declarandum).
Del resto, la Corte ha più volte ragionato del dovere di collaborazione del terzo nell’interesse della giustizia quale ausiliario del giudice (Cass., sez. un., 18 dicembre 1987, n. 9407; più di recente, Cass. 16 settembre 2008, n. 23727).
Ove dunque il terzo debitor debitoris, nel rendere la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c., renda noto il proprio credito compensabile con il credito del debitore esecutato, ciò non integra un’eccezione di compensazione in senso proprio, in quanto non si tratta di un giudizio di cognizione, il terzo non è parte in causa ed egli adempie ad un mero obbligo di giustizia.
In ipotesi, poi, di estinzione del processo esecutivo, dispone l’art. 632 c.p.c., che, se essa si verifica prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, rende inefficaci gli atti compiuti.
Pertanto, dovendosi alla dichiarazione positiva del terzo attribuire la natura di dichiarazione di scienza quale atto tipico endoprocessuale, essa non preclude al terzo, ove il procedimento esecutivo si estingua per qualsiasi ragione, di eccepire la compensazione nei suoi rapporti diretti con il debitore principale.
Da tale peculiare qualificazione giuridica deriva la legittimità della compensazione operata dall’istituto di credito.
Testo del provvedimento
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