ISSN 2385-1376
Testo massima
L’esperto stimatore nominato nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare è esente da responsabilità in caso di errata descrizione dell’immobile pignorato, nell’ipotesi in cui il danneggiato disponga di tutti gli elementi per individuare l’effettiva consistenza dell’immobile.
È quanto emerge dalla recentissima sentenza pronunziata in data 19 marzo 2013 dal Tribunale di Verona in persona del dottor Massimo Vaccari, a seguito di ricorso presentato da un soggetto avverso l’esperto stimatore nominato dal giudice dell’esecuzione.
Nel caso di specie, nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto un fabbricato e un terreno di pertinenza siti nel comune di ALBAREDO D’ADIGE, il Giudice dell’esecuzione nominava un esperto stimatore ex art.569 cpc.
Successivamente al deposito della relazione peritale, nella quale venivano descritti i beni pignorati, l’attore, esaminato l’elaborato rilasciato dall’esperto, decideva di partecipare alla vendita, accorgendosi solo ex post della differenza sussistente tra il valore effettivo dei beni e quello dichiarato dallo stimatore nominato dal giudice dell’esecuzione.
Ebbene ad avviso del Giudice di legittimità il perito nominato ai sensi dell’art.569 cpc risponde esclusivamente dei danni cagionati alla parte che siano in rapporto di causalità con le sue attività e sempre che queste siano connotate dal requisito della colpa grave.
Nel caso de quo il Giudice ha escluso la responsabilità dell’esperto stimatore per l’errata descrizione dell’immobile pignorato atteso che il danneggiato era comunque in possesso di tutti gli elementi e i dati per avvedersi di quale fosse l’effettiva consistenza degli immobili che andava ad acquistare.
Con tale decisione è stata ben chiarito che la responsabilità del consulente tecnico d’ufficio è regolata dall’art.64 cpc ancorché al di fuori di ogni vincolo privatistico, atteso che il consulente è un ausiliario del giudice ed opera in funzione dell’accertamento che al giudice è demandato ovvero in funzione del superiore interesse della giustizia (Cass. civ., 25 maggio 1973, n. 1545), sul metro della colpa grave, che assume in ambito civilistico il ruolo di criterio identificatore del profilo soggettivo dell’illecito, da coniugarsi, ai fini della sua sussistenza, al danno e al nesso di causalità.
Per tali ragioni la responsabilità dell’esperto è da ritenersi di natura extracontrattuale.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice Unico del Tribunale di Verona, sezione IV Civile, dott. Massimo Vaccari definitivamente pronunziando nella causa civile di primo grado promossa con atto di citazione notificato in data 10 novembre 2011 da
TIZIO (AGGIUDICATARIO PROVVISORIO DEL COMPENDIO)
ATTORE
contro
ARCHITETTO STIMATORE (CTU)
CONVENUTO
RILEVA
L’attore ha convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale l’arch. B CTU per sentirlo condannare al pagamento in proprio favore della somma di euro a titolo di risarcimento danni.
A sostegno della domanda il TIZIO ha dedotto che:
– nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare n.84/2003 R.G.E. del Tribunale di Verona, avente ad oggetto il compendio immobiliare già di proprietà dei sig.ri U e G, (DEBITORI ESECUTATI) il B CTU era stato nominato dal Giudice dell’Esecuzione quale esperto stimatore ai sensi dell’art.568 cpc;
– dopo il deposito dell’elaborato peritale il Giudice aveva disposto la vendita del compendio in un lotto unico, costituito da un fabbricato, definito come “cadente” nella perizia del convenuto, e da un terreno di pertinenza siti nel comune di ALBAREDO D’ADIGE e meglio identificati come in atti;
– essendo stato interessato al lotto, esso attore, dopo aver esaminato la relazione peritale dell’arch. B, CTU nella quale erano stati descritti i beni pignorati, si era determinato a partecipare alla vendita e aveva depositato la relativa domanda e versato la cauzione fissata in euro 5.600,00, pari al 10 % del prezzo di acquisto offerto;
– dopo essere divenuto aggiudicatario provvisorio del compendio l’attore aveva incarico un tecnico di propria fiducia di eseguire i rilievi necessari per la progettazione dei lavori di ristrutturazione da eseguirsi sul compendio immobiliare;
– a seguito dei predetti rilievi esso attore aveva potuto apprendere che l’immobile non aveva la consistenza indicata dal Ctu in quanto la recinzione che era stata indicata come posta a delimitazione del compendio staggito in realtà includeva porzioni di mappali di proprietà di terzi ed in particolare includeva, facendola erroneamente apparire come facente parte dell’immobile di cui trattasi, l’unica via di accesso che dalla strada pubblica conduceva alla corte di pertinenza esclusiva del fabbricato;
alla luce di tale emergenza il TIZIO aveva presentato al Giudice dell’Esecuzione istanza diretta a rimuovere gli effetti dell’aggiudicazione e ad ottenere la restituzione della cauzione, che però era stata rigettata con conseguente acquisizione all’attivo della procedura esecutiva della cauzione.
Sulla scorta di tale esposizione l’attore ha sostenuto che, in conseguenza dell’errore al quale era stato indotto dal contenuto della relazione del convenuto, il bene che aveva acquistato in sede di espropriazione immobiliare era risultato diverso da quello che egli aveva inteso acquistare.
A detta del TIZIO il danno che egli aveva subito era costituito dalla somma che aveva versato a titolo di cauzione ed esso era ricollegabile all’attività del convenuto che era tenuto a risponderne ai sensi degli artt. 2236 e 1176 cc.
Il convenuto si è costituito ritualmente in giudizio e ha resistito alle domanda avversaria assumendone l’infondatezza.
La causa è giunta a decisione senza lo svolgimento di attività istruttoria, a seguito del rigetto da parte di questo Giudice delle istanze istruttorie che erano state avanzate dalle parti.
Ciò detto con riguardo alle prospettazioni delle parti e all’iter del giudizio è opportuno innanzitutto chiarire, sotto il profilo teorico, che la responsabilità del consulente tecnico d’ufficio è regolata dall’art. 64 cpc ancorché al di fuori di ogni vincolo privatistico, atteso che il consulente è un ausiliario del giudice ed opera in funzione dell’accertamento che al giudice è demandato ovvero in funzione del superiore interesse della giustizia (Cass. civ., 25 maggio 1973, n. 1545), sul metro della colpa grave, che assume in ambito civilistico il ruolo di criterio identificatore del profilo soggettivo dell’illecito, da coniugarsi, ai fini della sua sussistenza, al danno e al nesso di causalità.
Il consulente, quindi, risponde dei danni cagionati alla parte che siano in rapporto di causalità con le sue attività e che siano connotate dal requisito della colpa grave.
Ferma perciò la connotazione aquiliana dell’illecito, al danneggiato compete la prova, oltre che del danno, del nesso di causalità tra esso e la condotta del consulente e la caratterizzazione della colpa in capo a costui in termini di gravità.
I medesimi principi devono ispirare la valutazione della condotta di ogni figura professionale che operi come ausiliario del giudice ed in particolare, con riguardo al caso di specie, quella dell’esperto stimatore nominato ai sensi dell’art.569 cpc.
E’ pertanto errato il riferimento che l’attore ha fatto, in atto di citazione, agli artt.2236 e 1176 cc al fine di individuare il titolo della responsabilità del convenuto.
Ciò chiarito, e venendo al merito, la domanda di parte attrice è infondata e va pertanto rigettata.
Invero può convenirsi con la difesa attorea sul fatto che la frase della relazione di stima redatta dal convenuto che è stata riportata per esteso a pag. 4 dell’atto di citazione fosse stata equivoca e tale da far ritenere, se letta isolatamente, che il compendio posto in vendita fosse quello delimitato dalla rete metallica e avesse quindi accesso alla pubblica via.
Deve però escludersi che quel passaggio fosse stato concretamente idoneo a trarre in errore chi lo avesse letto poiché, come ha opportunamente evidenziato la difesa del convenuto, questi nel proprio elaborato, in conformità a quanto previsto dall’art. 173 bis, n.1 c.p.c., aveva esattamente individuato il compendio mediante richiamo ai relativi dati catastali (cfr. pagg.1-5 della relazione dell’arch. B CTU prodotta sub 5 da questi). La verifica di essi avrebbe quindi comunque consentito di avvedersi della sopra citata imprecisione della descrizione verbale dell’immobile, invero sommaria, in conformità a quanto richiesto dall’art. 173 bis n.2 disp. att. cpc, e di quale fosse stata la sua effettiva estensione.
A ciò deve aggiungersi, quale ulteriore e distinta considerazione che osta alla condivisione dell’assunto attoreo, che l’arch. B CTU nella propria relazione (cfr. pag. 10 del documento) aveva anche precisato quale fosse stato l’ambito dell’accertamento che gli era stato affidato dal G.E. nonchè che sarebbe stato onere di parte offerente “verificare, a propria cura, preventivamente il bene sotto ogni profilo” e la difesa del TIZIO non ha spiegato perché il proprio assistito avesse ignorato tale raccomandazione.
Alla luce delle superiori considerazioni è evidente come l’attore abbia avuto ampia possibilità di individuare esattamente l’immobile pignorato prima di formulare l’offerta di acquisto, tanto più se si considera che egli stesso ha asserito di aver effettuato un sopralluogo prima di quel momento, nel corso del quale ben avrebbe potuto farsi coadiuvare da un tecnico al fine di fargli compiere proprio la verifica che eseguì tardivamente, vale a dire solo dopo aver versato la cauzione circa la corrispondenza tra i confini riscontrati in loco e quelli catastali.
In conclusione la negligenza del convenuto è stata lievissima e in ogni caso non è stata idonea ad indurre in errore il TIZIO.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, avuto riguardo al valore della domanda e assumendo a riferimento i valori medi di liquidazione previsti dal regolamento parametri per le cause di valore fino ad euro 25.000,00 per le fasi di studio, introduttiva e decisoria e quello di euro 400,00, per la fase istruttoria, tenuto conto del fatto che essa si è risolta nel deposito delle memorie ai sensi dell’art. 183, comma 6, cpc.
PQM
Il Giudice Unico del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando, ogni diversa ragione ed eccezione disattesa, rigetta la domanda avanzata dall’attore nei confronti del convenuto e per l’effetto condanna il primo a rifondere al secondo le spese di lite che liquida nella somma complessiva di euro 1.950,00, oltre accessori.
Verona 19 marzo 2013
Il Giudice
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Numero Protocolo Interno : 189/2013