ISSN 2385-1376
Testo massima
L’orientamento giurisprudenziale, oramai consolidato, attribuisce alla giurisdizione amministrativa le controversie, pure risarcitorie, che abbiano ad oggetto un’occupazione inizialmente illegittima, poi, a seguito dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, divenuta sine titulo, senza che sia stato emanato un valido decreto di esproprio.
Tale orientamento si fonda sul fatto che le questioni attengono a condotte rappresentanti espressione di un’azione, in origine, riconducibile all’esercizio del potere autoritativo della p.a. (cfr. Cons. Stato, sez IV, 06/11/2008 n 5498 sez IV, 04/02/2011 n 804, Tar Puglia, Lecce, sez 1, 21/06/2013 n 1492).
In effetti, è stato sostenuto che al giudice amministrativo compete la giurisdizione sulla domanda con cui i proprietari di un’area hanno richiesto il risarcimento danni o la restituzione di un fondo o viceversa, per sopravvenuta illegittimità degli atti di occupazione, mentre spetta al giudice ordinario decidere sulla domanda di occupazione legittima, senza che l’eventuale connessione tra tale domanda e quella di risarcimento del danno possa giustificare l’attribuzione di entrambe le domande allo stesso giudice, tanto per il principio generale, indiscusso in giurisprudenza, dell’inderogabilità della giurisdizione.
Ciò posto nel corso degli anni si è assistito ad una evoluzione giurisprudenziale in merito alla questione attinente all’occupazione acquisitiva o appropriativa nell’ambito della procedura espropriativa e alla restituzione o meno del fondo trasformato.
L’orientamento minoritario ritiene che si è in presenza di un’occupazione acquisitiva o appropriativa, nel caso in cui il fondo occupato nell’ambito di una procedura espropriativa abbia subito una irreversibile trasformazione in esecuzione di un’opera di pubblica utilità, senza che sia stato emanato un decreto di esproprio o un altro atto idoneo a produrre l’effetto traslativo della proprietà. Secondo questo pensiero, con l’irreversibile trasformazione del fondo, a destinazione pubblica, si realizzava il trasferimento della proprietà dal privato alla p.a.. Il proprietario dell’area espropriata, perciò, aveva la possibilità di chiedere solamente ed esclusivamente la “tutela per equivalente“, ossia il “risarcimento dei danni subiti” (cfr. Corte di Cassazione, sez Un. Civ. 23/05/2008 n 13358).
La Corte Europea dei diritti dell’Uomo, però, ha messo in discussione questo orientamento, sia pure, minoritario, perchè non aderente alla Convenzione Europea ed in contrasto con il “principio di legalità“, inteso come preminenza del diritto sul fatto (cfr. Corte Europea, sent. 30/05/2000, rich. N 24638/94 30/05/2000, rich. 31524/96). In seguito, con l’art. 43 del DPR 327/2001 si è previsto che la pa che utilizzava un bene immobile per scopo di interesse pubblico, valutati gli interessi in conflitto, senza un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, potesse disporre che esso fosse acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario fossero risarciti i danni. Anche tale articolo è risultato del tutto incostituzionale, come dichiarato espressamente dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 293/2010 ed in seguito è entrato in vigore l’art. 34, comma 1, del D.L. 06/07/2011 n. 98, convertito nella L. 15/07/2011 n 111, che ha riempito il vuoto normativo creatosi, con l’aggiunta nel testo unico sugli espropri dell’art.42 bis.
Ebbene con il nuovo articolo si è previsto che, in caso di occupazione senza titolo del bene di un privato per scopi di pubblica utilità, l’Amministrazione, valutati gli interessi in conflitto, possa disporre, con formale provvedimento, l’acquisizione del bene al suo patrimonio indisponibile, con la corresponsione al privato di un indennizzo per il pregiudizio subito, patrimoniale e non, e che le sue disposizioni abbiano applicazione anche a fatti anteriori.
La realizzazione di un’opera pubblica su fondo illegittimamente occupato, o legittimamente occupato, ma non espropriato nei termini di legge, non è, di per sé, in grado di determinare il trasferimento della proprietà del bene in favore della pa. Questo è l’orientamento che si è ormai consolidato in giurisprudenza (cfr. Tar Puglia, Bari, sez III, n 2131 del 2008 Tar Puglia, Bari, sez I, n. 3402 del 2010, confermato da Cons. Stato sez IV, n 4590 del 2011, Cons. Stato sez IV n. 4970 del 2011). Si è , in sostanza, escluso che la mera trasformazione irreversibile del suolo con la realizzazione di un’opera pubblica costituisca circostanza idonea a trasferire in capo alla PA la proprietà delle aree in assenza di un regolare provvedimento di esproprio.
Il comportamento della PA viene a configurarsi come un illecito permanente, da cui consegue l’obbligo di far cessare la illegittima compromissione del diritto di proprietà mediante la restituzione del bene al privato, dato che questi non ha perduto la proprietà del bene ed ha perciò titolo a riaverlo.
Da tanto deriva che il risarcimento del danno opera in relazione alla illegittima occupazione del bene e deve coprire sia le voci di danno, di mancato godimento del bene, dal perfezionamento della fattispecie illecita alla effettiva restituzione, sia di avvalersi, in via postuma, dello strumento acquisitiva della proprietà di cui all’art. 42 bis DPR 327/2001 (cfr. Tar Toscana, Firenze, sez II, sent. 13/08/2013 n 1231, Tar Puglia, Lecce, sent. 13/04/2013 n 849 Cons. Stato sent. 4970/2011). Alla stregua di quanto osservato si può asserire che in tali casi solamente un atto formale di acquisizione del fondo riconducibile ad un negozio giuridico (al provvedimento ex art. 42 bis TU espropri) può precludere la restituzione del bene, in assenza del quale la pa ha l’obbligo di restituire il fondo illegittimamente appreso.
Testo del provvedimento
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