Nel caso di un contratto di finanziamento stipulato ed estinto prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 141/2010, trova applicazione la precedente formulazione dell’art. 125, secondo comma, TUB. Quindi, la clausola contrattuale che prevede la non rimborsabilità delle commissioni finanziarie, degli oneri fiscali, delle commissioni di intermediazione, delle spese contrattuali e dei premi assicurativi, in caso di estinzione anticipata del contratto da parte del consumatore, non può considerarsi nulla, in quanto, all’epoca della vigenza del contratto non vi era alcuna disposizione normativa che vietava patti in deroga alla rimborsabilità degli oneri in questione.
Lo ha chiarito il Tribunale di Piacenza, Giudice Evelina Iaquinti, con la sentenza n. 241 del 16 marzo 2020, con cui ha respinto la domanda promossa dal cliente, in relazione all’estinzione anticipata di un finanziamento stipulato nel 2005 ed estinto nel 2008. La richiesta nei confronti della società finanziaria era quella di restituire i costi del credito (commissioni bancarie, di intermediazione e costi assicurativi) non rimborsati in sede di estinzione anticipata, assumendo di aver diritto al rimborso di quota parte dei costi del credito non maturati.
Il Tribunale ha escluso l’applicabilità della normativa invocata dall’attore ed, in particolare ha ritenuto non operante il D.Lgs. n. 141/2020, che ha introdotto l’art. 125 sexies TUB, né – quanto ai premi assicurativi – il D.L. n. 179/2012, in quanto il contratto è stato estinto prima del 2010.
Riguardo la normativa europea applicabile al caso di specie, ha richiamato, a sostegno della decisione, l’art. 30 della Direttiva 2008/48/CE (alla quale il D.L. n. 141/2010 ha dato attuazione) che esclude l’applicazione della Direttiva stessa ai contratti di credito in corso alla data di entrata in vigore delle misure nazionali di attuazione. Riguardo al premio assicurativo, ha richiamato altresì l’art. 15 septies del D.L. n. 179/2012, il cui “riferimento alla commercializzazione del contratto implica la non applicabilità ai contratti, quale quello in questione, non più in essere” e ha escluso la pertinenza del richiamo al provvedimento di Banca d’Italia del 29.7.2009 ed all’accordo ABI-ANIA del 22.10.2008 (recepito dall’art. 45 del Reg. Isvap n. 35/2010), in quanto non applicabili ratione temporis alla fattispecie in esame.
La sentenza de qua ha assoluto rilievo per i contratti che prevedevano la cd. clausola di non rimborsabilità, stabilendo che tale previsione contrattuale non si scontrava con alcun divieto normativo.
Con riguardo, invece, all’interpretazione della Direttiva del 2008, resa dal giudice europeo, il Tribunale ha confermato, implicitamente, l’irrilevanza dei principi espressi nella famosa sentenza “Lexitor” per tutti i contratti stipulati in vigenza della precedente Direttiva del 1987 e delle norme che l’hanno recepita nel nostro ordinamento (fino quindi al 18/09/2010).
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CASO “LEXITOR”: la pronuncia della CGUE non è pertinente nel contenzioso nazionale
Il legislatore italiano ha esattamente disciplinato i diritti restitutori in caso di estinzione anticipata, con l’art. 125 sexies TUB
Ordinanza | Tribunale di Mantova, Giudice Giorgio Bertola | 30.06.2020
CASO LEXITOR: il Tribunale di Napoli conferma il “no” all’applicazione della linea interpretativa UE
La direttiva “interpretata” dalla Corte di Giustizia non è self executing. Ancora valida la distinzione tra costi “up-front” e “recurring”
Sentenza | Tribunale di Napoli, Giudice Giovanni Tedesco | 10.03.2020 | n.2391
ESTINZIONE ANTICIPATA E DIRITTI DEL CONSUMATORE: L’IMPATTO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE SUL “CASO ITALIANO”
Rimborsabili anche i costi “che non dipendono dalla durata del contratto”: ma può dirsi inadempiente la Banca che si sia conformata alla normativa italiana?
Articolo Giuridico | Ex Parte Creditoris | 18.10.2019
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